Accettazione o cambiamento? Dubbio amletico di ogni psicologo

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Accettazione o cambiamento? Da più di un secolo il dibattito psicologico si è soffermato su questi due importanti concetti di base a sostegno di qualsiasi intervento psicologico.

Dentro il concetto di intervento psicologico si racchiudono tutte le pratiche psicologiche: la psicoterapia, la consulenza psicologica, la formazione, la docenza e il counseling.

Accettazione o cambiamento: La pratica psicologica

Ognuna delle pratiche sopra indicate mira, in ultima analisi (dove le parole “in ultima analisi” sono fondamentali), ad un cambiamento di tipo comportamentale.

Questo cambiamento comportamentale, a seconda di quale filone psicologico vogliamo considerare, avviene in conseguenza a questi due grandi “atteggiamenti”:

  • o si porta il paziente/cliente/utente (sempre a seconda di quale scuola di pensiero seguite) ad accettare la propria essenza, che per comodità chiameremo SE’, ma anche più semplicemente un evento o pensiero spiacevole
  • o si sprona/stimola un cambiamento comportamentale (questo non significa avere un approccio comportamentale) che sia risolutivo di un malessere o che sia propenso verso un benessere

Accettazione o cambiamento: Quale dei due è più efficacie?

Sono entrambi essenziali? Se sì, a quale dare maggiore importanza o priorità?

Rispondere con un articolo non è così semplice, ma possiamo ragionarci insieme affinché ognuno risponda a modo suo.

Per alcuni teorici, e anche per alcuni clinici, l’accettazione è già un cambiamento, forse il più importante di tutti.

Ciò presuppone che si sia fatto un ascolto/analisi/studio su di sé e già di per sé questo è generatore di cambiamento.

Se si parte dal presupposto che solo noi stessi siamo in grado di scegliere al meglio cosa è giusto, la sola accettazione permetterebbe alla “saggezza” di indirizzare la propria persona verso un atteggiamento positivo.

Conseguentemente in maniera implicita e autonoma la persona può orientare attenzione, cognizione e comportamenti verso aspetti risolutivi senza necessariamente sviscerarli.

Gli psicologi che danno molta importanza all’accettazione passano molta parte della pratica psicologica a far soffermare il cliente (o come vogliate chiamarlo) sugli aspetti affettivi ed emotivi di ogni contenuto portato in seduta.

Questo stimolando le stesse sensazioni ed emozioni ad essere esperite in seduta anche se non necessariamente con la stessa intensità

Alla base di questo atteggiamento psicologico vi è l’assunto che durante la quotidianità quelle sensazioni ed emozioni vengono assopite o silenziate.

L’obiezione di alcuni del mestiere

Alcuni del mestiere potrebbero obiettare (e in realtà lo fanno) dicendo:

“lavorare solo sull’accettazione significa rinunciare alla parte più difficile del nostro lavoro”.

E allora gli altri risponderebbero

“come puoi attuare un cambiamento se prima non conosci, e quindi non accetti, il tuo punto di partenza?”

“se il cliente non conosce i pregressi, non comprende le risorse a disposizione e non accetta i propri limiti reali (o mentali) della persona, come può mettere in atto comportamenti risolutori?

“come può attingere alle sue risorse se non sa di averle o se le mette a frutto solo implicitamente e quindi inconsapevolmente?

Il lavoro psicologico sul cambiamento

Difatti un lavoro sul cambiamento (se non si considera in toto un lavoro sull’accettazione) potrebbe non considerare, o considerare solo marginalmente la radice del malessere o del comportamento debilitante.

Questo, se non considerato, potrebbe non risolvere il malessere che in un futuro potrebbe generare delle vie di fuga compensative.

Un esempio esplicativo è la persona che vuole smettere di fumare ma semplicemente sostituisce la dipendenza da nicotina con la dipendenza da altre sostanze psicotrope.

Questi comportamenti compensatori potrebbero potenzialmente essere più nocivi di quelle precedentemente risolte.

Evidenziati gli aspetti problematici del focus sul cambiamento dobbiamo considerare anche gli aspetti indubbiamente positivi.

Moltissime persone hanno bisogno di sapere come fare a risolvere le proprie problematiche o potenziare le proprie abilità nella pratica e non necessariamente cogliono comprenderne le radici o le cause.

Questo persone potrebbero veramente infastidirsi se di fronte ad un professionista non venisse mai menzionata la parte comportamentale (e sinceramente, le capirei!).

Inoltre la componente rieducativa della pratica psicologica non va assolutamente messa da parte.

Per la Psicoterapia della Gestalt, per esempio, questa parte viene chiamata “messa in atto”. Il famoso “so what?” di Perls.

Accettazione o cambiamento: quindi quale filone seguire?

Qual è la soluzione? Una via di mezzo? Più focus su accettazione e meno sul cambiamento? Più sul cambiamento e meno sull’accettazione?

La risposta per me ce l’ho, ma è giusto che ognuno di voi risponda per sé con il proprio modo di vedere la vita.

Il mio consiglio è di ricordarci che gli unici interessi da tutelare sono quelli della persona che chiede aiuto e non i nostri. Se ci ricordiamo questo allora giungerai alla conclusione che dobbiamo solo porre questa domanda proprio a quella persona prima che a noi stessi.

Se ti interessa il concetto di cambiamento vi consiglio l’articolo di Veronica Caroccia: “Le resistenze al cambiamento in psicoterapia: come avvengono e come si superano”. https://bit.ly/2DNcNTZ

Dottor Niccolò Di Paolo