Conciliare famiglia e lavoro è la sfida del terzo millennio: analisi sociologica dell’indebolimendto dei rapporti familiari e della “nuova religione del mercato”

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Conciliare famiglia e lavoro è la sfida del terzo millennio. Sempre più l’individuo ha diritto, ma anche necessità, di realizzarsi lavorativamente, un po’ per le pressioni sociali e un po’ perchè sente di poterlo fare.

Ma quali costi ha inseguire l’individualismo capitalista? Come si sta evolvendo il concetto di famiglia?

Siamo pronti a coglierne i cambiamenti evolutivi e lasciare andare i resti di un modello ancestrale fuori dal tempo? E chi segue la nuova religione del mercato, come riesce (se riesce) a concliliare famiglia e lavoro?

Vediamolo insieme

come Conciliare famiglia e lavoro: introduzione allo studio della hochschild

Esistono strategie emotive dietro alle strategie comportamentali di chi cerca di conciliare famiglia e lavoro? Quali sono e che conseguenze portano sul piano dei sentimenti? 

Nel suo libro “Per amore o per denaro – La commercializzazione della vita intima” scritto nel 2006, la Hochschild, sociologa Californiana, comincia la sua “terza parte del libro” citando un proprio studio di ricerca. In questo studio la sociologa ha intervistato 50 coppie sposate, in cui entrambi i partener sono impegnati sul lavoro a tempi pieno e hanno bimbi al di sotto dei sei anni. Almeno uno dei due coniugi lavori in una multinazionale nella Baia di San Francisco. 

Ideologie di genere e regole del sentimento 

L’ideologia di ciascuno degli intervistati si può classificare come: tradizionalista, egualitaria o di transizione. 

  • Per i tradizionalisti il posto della donna è a casa, anche se può avere bisogno di lavorare fuori, mentre il posto dell’uomo è fuori casa, anche se è possibile che debba dare una mano in casa.
  • Le donne e gli uomini di ideologia egualitaria ritengono che marito e moglie debbano avere lo stesso impegno lavorativo in casa e fuori. 
  • Un’ideologia di transizione è un misto fra le due precedenti. Ad esempio è di transizione quella coppia in cui la coppia vede positivamente l’impegno a tempi pieno della moglie fuori casa, ma ritiene anche che a lei spetti la responsabilità maggiore del lavoro domestico.

Fra le coppie intervistate, i tradizionalisti sono una piccola minoranza; per il resto, le donne sono per lo più paritarie e gli uomini tradizionalisti. Spesso, quindi, uomini e donne applicano un diverso sistema di norme ai sentimenti che riguardano casa e lavoro.

Ma in che modo i sentimenti pervadono le ideologie?

Che atteggiamento ha il singolo individuo nei confronti delle proprie convinzioni?

In alcuni casi l’ideologia viene rafforzata, in altri indebolita.

A volte i sentimenti si rivelano connessi a storie esemplari, cioè episodi importanti del passato di una persona che hanno significato per il suo futuro. In altri casi il livello dei sentimenti è in netto contrasto con l’ideologia di superficie

le strategie di genere per Conciliare famiglia e lavoro

Nella divisione del lavoro domestico mettiamo in gioco non solo un’ideologia e un insieme di regole del sentimento, ma anche una strategia di genere. Questa è una linea coerente di sentimento e di azione che ci consente di adattare la nostra ideologia alle situazioni

Le azioni di controllo emotivo non sono episodi casuali ma sono dirette a un fine. ovvero sostenere un’immagine ideale del sé connessa al genere. Questo fine è a sua volta funzionale per l’equilibrio ideale di potere e divisione del lavoro fra marito e moglie.

Spesso la strategia di genere corrisponde a quella che consideriamo la nostra vera identità.

Chi cerchiamo di diventare corrisponde a chi crediamo di essere veramente.

Ma il vero io e la strategia di genere possono anche essere incompatibili. E possiamo essere solo vagamente consapevoli, o del tutto inconsapevoli, delle nostre strategie di genere e del loro potenziale conflitto con il vero io. 

Conseguenze emotive 

A ogni linea di azione corrisponde un percorso emotivo differente, ma anche un insieme differente di conseguenze emotive.

  • Molte madri lavoratrici di ideali paritari, sposate a uomini refrattari alla condivisione del lavoro domestico, sentono di avere il diritto di provare risentimento.
  • Molte donne tradizionali, invece, non cercano nei mariti la soluzione al problema della loro doppia giornata di lavoro, non sentono il diritto del risentimento. 

Tuttavia, sotto il peso dello sforzo continuo, sono più inclini ad ammalarsi o sentirsi frustate nei confronti della vita. In generale, lo stato emotivo di ciascun individuo emerge come risultante della combinazione della propria ideologia con l’intersezione delle due strategie di genere in gioco nella coppia. 

Il “possibile” conflitto quotidiano con la propria nuova ideologia di genere

Molte donne vivono il conflitto fra la propria nuova ideologia di genere e una realtà vecchia, fra le nuove norme e i sentimenti vecchi dei mariti.

In assenza di un vero cambiamento da parte degli uomini, che stia al passo con quelli del mondo femminile, alle donne spetta il compito di smussare le contraddizioni tramite l’azione di controllo delle proprie emozioni.

Il lavoro individuale sui sentimenti entra in gioco dove viene meno la trasformazione sociale. Tra le coppie che la Hochschild ha analizzato, più il marito si impegnava nei lavori domestici, più felice era il matrimonio.

Come si parla di strategie di genere, si può parlare anche di strategie di razza e di classe. Si può dire in generale che più siamo al riparo dall’insulto, meno dobbiamo equipaggiarci sentimentalmente per affrontarlo; più è debole il nostro scudo di status, più ci occorre una preparazione interna. 

Conciliare famiglia e lavoro – dalla padella alla brace

La padella è il regime patriarcale. La brace, invece, è l’individualismo del mercato capitalista.

Come potete leggere nei quattro articoli scritti sul “disagio della modernità“, il principio di efficienza taylorista si applica anche al lavoratore in quanto mamma.

Una ricerca dell’efficienza viene trasferita dall’uomo alla donna, dal luogo di lavoro alla casa, e dall’adulto al bambino. Si possono così notare un sempre più grande numero di prodotti e servizi che si propongono come utili a far risparmiare tempo al genitore che lavora

Buon senso convenzionale e non convenzionale

Secondo il senso comune moderno una vita familiare felice è un fine in sé. 

Per noi la casa e la comunità sono sacre (all’interno siamo noi stessi), mentre il lavoro e il mercato sono profani dove un interesse eccessivo per i regni profani del lavoro e del mercato è fuori dai confini morali.

Il lavoro e il mercato esercitano su di noi forze di attrazione che mettono sempre più a repentaglio la nostra convinzione che la famiglia venga prima di tutto.

Intanto, famiglia e comunità sono sempre meno il luogo dove si parla e si entra in relazione, e dove si celebrano i rituali collettivi.

Secondo la la Hochschild il capitalismo è un sistema culturale oltre che economico, i cui simboli e riti entrano in competizione con quelli della comunità e della famiglia.

Secondo Oliver Cox, il mercato globale che funziona senza vincoli morali né di altro genere sta diventando l’istituzione più potente del mondo di oggi, nonchè il più mondano dei sistemi (il capitalismo), incentrato sulla più profana delle attività (guadagnare e fare acquisti), produce un nuovo senso del sacro.

Rischio di cadere dalla “padella” del regime patriarcale alla “brace” dell’individualismo del mercato capitalista.

L’entrata delle donne nel mondo del lavoro retribuito, a fronte di una sostanziale assenza di politiche aziendali e statali, di congedi, di un orario di lavoro ridotto e flessibile e allungamento della settimana lavorativa esacerbano la tendenza all’applicazione del principio di efficienza nella vita domestica

L’altra faccia della religione del mercato

Il capitalismo non è più solo un mezzo ma un fine in sé.

In questo momento comunità e famiglia devono competere quotidianamente con un sistema di scadenze e con una concezione del tempo che si contrappone a quella che è a loro propria

In risposta alla sfida di questo sistema concorrente di gestione del tempo, molte famiglie separano un’immagine ideale di sé come “famiglia unita” da una vita quotidiana sempre troppo frenetica, frammentata, individualizzata, compressa.

Il capitalismo diventa l’unica sicurezza (o guida) a cui aggrapparsi

I lavoratori affrontano la sfida del capitalismo, non solo in quanto sistema che fornisce loro lavoro, denaro e beni, ma soprattutto in quanto dispensatore di senso e di guida in un’epoca di confusione.  

Conciliare famiglia e lavoro mentre La “famiglia” va in pezzi

Secondo Judith Stacey, la “famiglia moderna” (matrimonio stabile, con marito lavoratore e moglie casalinga) sta lasciando il posto a un insieme di organizzazione domestiche differenziate, spesso precarie, che costituiscono la “famiglia post-moderna”.  

  • Famiglia moderna: patriarcale, culturalmente dominante, stabile; 
  • Famiglia post-moderna: per lo più non patriarcale, differenziata e instabile; è adatta all’economia post-moderna e al post-femminismo.

“Anello debole” della famiglia postmoderna è la stessa assunzione di un “impegno volontario”, fatta da due persone indipendentemente dai desideri dei relativi parenti. Inoltre, tendenze economiche a breve termine che concorrono a indebolire la famiglia (es. scomparsa di professioni sindacalizzate).  

Le ferite nascoste dell’infanzia postmoderna 

David Popenoe, in merito a quanto detto poco fa, ipotizza una “tendenza globale” dalla famiglia “estesa” verso quella nucleare (come la teorizzava Eric Goode), e poi verso quella post-nucleare (teorizzata da Judith Stacey).

Ma in tutte le società moderne la famiglia è in “declino”:

  • è meno orientata verso obiettivi collettivi;
  • svolge poche delle funzioni tradizionali (es. socializzazione dei giovani);
  • ha perso potere rispetto ad altre istituzioni (es. scuola, stato);
  • è di dimensioni ridotte e meno stabile, in generale, con alto tasso di disgregazione familiare;
  • intrattiene legami più labili con i singoli individui. 

Secondo Popenoe, in Svezia lo stato pro-famiglia ha finito con l’indebolire questa istituzione, poichè inavvertitamente ha usurpato le funzioni tradizionalmente assegnate alla famiglia, e instillando nei genitori la convinzione che:

“lo stato offre un servizio, che pago con le mie tasse. Posso usare quello anziché occuparmi io della cosa”

La radice delle tensioni familiari si trova all’interno della cultura e della società maschile.

I genitori maschi hanno una tendenza verso l’ideale del genitore perfetto. Ma a partire dagli anni ‘70 (globalizzazione del capitalismo), gli stipendi degli uomini si sono ridotti ed è divenuto necessario che le donne contribuissero al reddito familiare. Questo ha creato l’esigenza di una partecipazione più attiva degli uomini a casa. 

Un nuovo ideale di uomo (e di padre)

Serve quindi un nuovo ideale di uomo, soprattutto per le donne di classe media che hanno investito nell’educazione superiore e vogliono un’occupazione che le soddisfi. 

Il nuovo ideale del padre che si prende cura dei figli sembra diffondersi dalla classe media verso il basso, mentre l’insicurezza economica che mina la stabilità dei legami familiari, tipica dei ceti bassi, si muove verso l’alto.

  • Stacey e Popenoe vedono la famiglia come vittima passiva della storia.
  • Mintz e Kellogg (storici pragmatici): “il futuro della famiglia dipenderà dalla nostra capacità di compiere i passi necessari per aiutarla ad adattarsi alle condizioni particolari del nostro tempo”.

Popenoe individua nei bambini gli agenti di rivolta contro la famiglia postmoderna, contro le condizioni sociali che hanno reso il divorzio l’alternativa più praticabile per tanti. Necessario mettere in atto riforme che aiutino la famiglia.

È necessario allargare il nostro concetto di famiglia e favorire l’impegno reciproco fra adulti consenzienti. È necessario credere comumenemente che essere omosessuali non significa andare contro la famiglia ed è necessario portare gli anziani fuori dall’isolamento.  

Conciliare famiglia e lavoro: l’influenza della cultura del mercato e dell’ottimizzazione del tempo

La cultura del mercato

Assieme al mercato ha preso piede anche la cultura del mercato.

La famiglia è essa stessa una delle “società” interne al mercato, e viene forzata ad assumere aspetti della cultura del mercato.

La cultura del mercato, per la Rochschild, è l’insieme di convinzioni e pratiche derivanti dalla premessa che il comprare e il vendere sono fonte primaria di identità. Questa si combina con

  • il razionalismo (che apprezza la standardizzazione e l’efficacia burocratica);
  • il fatalismo (che esalta il sacrificio in nome della famiglia);
  • la cultura scientista (oggettività e quantificazione come valori);
  • il naturalismo (quindi con tutto ciò che è “naturale”);
  • il soggettivismo (con il valore agli atti verbali e non verbali della comunicazione interpersonale).

Nell’America di oggi il mercato è artificialmente (ma illusoriamente) separato dalla famiglia, che si è creata un’identità autonoma fasulla, nonché rifugio di un mondo senza cuore.

Ma un sistema di strumenti culturali sta guadagnando terreno rispetto agli altri, ovvero quello associato alla cultura del mercato. Le famiglie, in relazione a questo, hanno un gran da fare a resistere sfidando oppure accogliendo il razionalismo, lo scientismo e la cultura del mercato. 

Questo si ripercuote sulle nostre strategie di tempo.

“Family360°”: la famiglia come prestazione professionale 

Il programma Family360° è un programma che offre “valutazioni familiari personalizzate” a dirigenti di grandi aziende.

Il servizio fa appello al desiderio del dirigente di essere un papà partecipe (nuovo ideale per i top manager statunitensi), ma invita gli uomini a farlo nella modalità tipica del mercato. Family360° riafferma il valore morale della famiglia, aiutando i padri in crisi di tempo, ma contemporaneamente sembra negare lo stesso valore: al cliente si richiede di esercitare nei confronti dei propri legami più personali un atteggiamento di scientismo burocratico, di calcolo razionale e di distacco emotivo. Il fine riafferma la famiglia e i mezzi rafforzano il mercato. 

Le strategie del tempo, una porta d’ingresso per la cultura del mercato 

Accanto al modo di vedere le relazioni tipico del mercato c’è un modo di concepire il tempo tipico del mercato: il tempo è denaro, e il denaro è un bene in sé:

  • l’entrata delle donne nel mondo del lavoro;
  • gli orari più lunghi;
  • l’esposizione continua alla cultura del consumo;
  • l’indebolimento della cultura familiare;
  • e l’avanzata della cultura del mercato.

Tutto questo si riflette sul nostro modo di fare esperienza del tempo. 

Studio sui comportamenti risolutivi del disagio del lavoratore del nuovo millennio

Uno studio della Hochschild fa emergere, in base a quanto detto, la gamma di strategie temporali dei 130 dipendenti di Amerco, un’importante società americana di noleggio di attrezzature per traslochi

  • Sopportare: rinunciare alla gioia di passare del tempo di qualità con la propria famiglia (“è un problema ma è la vita”);
  • Rimandare: rimandare la questione (“è solo per adesso”);
  • Stare al passo: “ape operaia”, ha assorbito la crisi di tempo all’interno della propria identità di persona (“ci piace così”). Condensa le attività familiari in modo da farle rientrare in unità di tempo più ridotte, se le gode a ritmo veloce, affannandosi, orgogliosa di essere efficiente.
  • Delegare: cercano la soluzione fuori (es. baby sitter). 
  • Resistere: invece di adattarsi a una routine proibitiva, cambiarla o provare a farlo, si definiscono “downshippers” coloro che riducono il proprio impegno lavorativo, dedicando il giusto tempo ad ogni attività

Di solito un lavoratore ne mescola diverse, ma solo alcune servono da porta d’ingresso per la cultura del mercato.

  • I meno soddisfatti della propria vita erano quelli che semplicemente sopportavano le lunghe ore di lavoro.
  • I più felici erano quelli del gruppo dei “resistenti”.
  • Chi sopportava e chi resisteva era meno soggetto all’invasione della cultura del mercato.  

Dottor Niccolò Di Paolo

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