Conoscere i tre livelli di violenza verbale attraverso il cinema

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I tre livelli di violenza verbale sono giudizio, offesa e aggressione. Ma quali sono le differenze? In quale ordine si presentano? Come interrompere il loop della violenza verbale?

Quante volte sentiamo utilizzare le parole “violenza verbale“?

La parola è molto usata nel gergo comune, e spesso e volentieri il significato viene ingigantito o sottovalutato. Ci faremo aiutare da un carinissimo film, Midnight in Paris di Woody Allen, con Owen Wilson, Rachel McAdams e Marion Cotillard

Violenza verbale e prossemica

L’antropologo Edward T. Hall nel 1968 nel suo libro La dimensione nascosta elaborò il modello delle distanze interpersonali, che racchiudono le 4 tipologie di distanze che le persone assumono nei rapporti sociali:

Distanza intima (0 – 45 cm)
Distanza personale (45 – 120 cm)
Distanza sociale (120 – 300 cm)
Distanza pubblica (oltre 3 m)

Prendiamo in prestito questo concetto dalla Psicologia della comunicazione per comprendere, indicativamente, fin dove si può spingere la violenza verbale e come si percepisca dalla parte del “violentato”.

Il paragone che vi pongo in questione è solo per comprenderne il fenomeno: la violenza verbale non si misura assolutamente in cm.

Quello che conta, più di tutti, è il punto di vista dell’altro e la massima trasparenza comunicativa qualora il messaggio possa essere distorto da fattori fuori dal nostro controllo.

Il primo livello di violenza verbale: il giudizio

Sì, il giudizio può essere una forma di violenza.

Quando? Quando la persona che lo riceve è costretta a difendersi per non sentirselo addosso.

Se vi ricordate la trama del film Midnight in Paris, Gilbert “Gil” Pender, interpretato da Owen Wilson, è uno sceneggiatore cinematografico che, stanco della vita e del mondo di Hollywood, cerca di trovare l’ispirazione necessaria a completare il suo primo romanzo. Questo, inizialmente, viene scoraggiato dalla fidanzata Inez, interpretata da Rachel McAdams, che sminuisce le sue aspirazioni letterarie ritenendo la carriera di sceneggiatore più remunerativa e preferibile a quella di scrittore.

Inizialmente il giudizio è molto leggero e camuffato da affetto, amore e coccole, quasi come se fosse un gesto d’amore.

Quello che Gil deve fare, in continuazione, è difendersi da questo giudizio, anche se inizialmente, inerme, promette che sarà solo un tentativo, dopo di che tornerà a scrivere sceneggiature.

Ma quello che di fatto Inez mette in atto è una forma di violenza, leggera, lontana, ma non per questo inefficace.

Questo tipo di violenza attacca le sfere pubblica e sociale di Gil (spesso Inez dice che “Gil ha un sacco di ammiratori” che dovrebbero fargli continuare la carriera di sceneggiatore).

Il secondo livello di violenza verbale: l’offesa

Quando il giudizio non fa effetto, le persone con intento manipolativo su di voi tenteranno questa carta per farvi essere come vogliono loro. L’altro motivo per cui lo fanno è anche farvi smettere di essere quello che non vogliono loro, che sembrano la stessa cosa ma in realtà la differenza è sottile ma evidente.

L’offesa, di fatto, va ad intaccare la vostra sfera personale.

Perchè? Perchè non solo vi viene appiccicato un giudizio, ma oltre al giudizio (componente verbale) vi è anche il tono dispregiativo (componente para-verbale) e il palese intento di recare un danno espresso da un linguaggio del corpo che esprime rabbia o disprezzo o entrambi (componente non verbale).

Gil, a metà film, inizia a ricevere offese dirette da Inez, sia riguardo le sue idee sia riguardo il suo modo di fare.

Il terzo livello di violenza verbale: l’aggressione verbale.

Questo step è emblematico dell’esplosione di una crisi conflittuale.

Quando i primi due tentativi sono andati a vuoto, la persona con intento manipolativo aggiungerà all’offesa una vera e propria invasione di campo. In poche parole, invade la vostra distanza intima. Il motivo a quel punto è solamente recare un danno a chi lo riceve, niente di più niente di meno.

Ricatti, minacce, estorsioni: tutte azioni finalizzate ad uno scopo che passano attraverso una vera e propria invasione. Un’invasione dannosa verso la vostra persona.

Alla fine del film Inez, dopo aver tradito Gil, aggredisce il nostro protagonista accusandogli le colpe di questo gesto e aggredendolo con urla e toni minacciosi.

Come tutelarci da una violenza verbale?

Dove finisce la responsabilità degli altri e comincia la nostra? Quando si parla di educazione alla non violenza il concetto di responsabilità è molto delicato.

Se da una parte è evidente la responsabilità dell’aggressore, dall’altra un vero aiuto sta nell’insegnare alla vittima a tutelarsi o a difendersi.

Sicuramente, ora che avete capito che la violenza verbale ha un iter (che spesso si ripresenta ciclicamente e sempre più frequentemente) potete cercare di anticipare l’intenzione di un manipolatore o di una manipolatrice cercando di interrompere il flusso quando è ancora facile (nella fase di giudizio).

Se la situazione dovesse essere già grave, però, la questione si fa un tantino più complicata.

Violenza fisica: quando il non verbail sopravvento

Innanzitutto sappiate che esiste un numero di telefono, il 1522, gratuito e attivo 24 h su 24 che accoglie le richieste di aiuto e sostegno delle vittime di violenza e stalking.

Se però pensate che la cosa sia ancora risolvibile senza un aiuto esterno, la prima cosa da ricordare è che sempre (e ribadisco sempre) qualsiasi forma di violenza ha uno scopo manipolativo. Se riuscite a smascherare il fine di chi vi fa violenza già potete mettere questa persona in un’altra posizione (azione sconsigliata se l’altra persona potrebbe arrivare alla violenza fisica).

Questo metterà l’altro o l’altra sulla difensiva, quindi attenti! Potrebbe anche rincarare la dose.

Quello che è importante in questa fase è non rispondere ad una violenza con un altra violenza, o ad un giudizio con un altro giudizio. Questo per evitare uno scontro poco produttivo alla risoluzione del conflitto.

Imparare ad essere assertivi, in questo caso, significa condividere le vostre emozioni di fronte ad una possibile manipolazione esterna. Oppure, considerare, come è giusto che sia, anche la fuga dal rapporto: siete sempre giustificati ad andarvene quando qualcuno non vi porta rispetto.

Dottor Niccolò Di Paolo

Suggerimenti di lettura

Se ti è piaciuto questo articolo ti suggerisco di leggere il mio articolo sulla Gestione dei conflitti ma anche l’articolo sulla violenza psicologica della psicologa dott.ssa Irene Viti