Il rapporto fra sport e politica, si può affermare che esso iniziò, all’incirca, nell’anno 776 a.C. Ma andiamo per gradi.
So che potrà parervi assurdo, ma una partita di calcio ha il potere di rovesciare un governo o di cambiare per sempre la Storia.
Infatti nel corso dei secoli, in una pluralità di situazioni, un evento sportivo ha influenzato la sfera politica di una determinata civiltà o stato. E viceversa.
Con questo articolo proverò a fare un excursus sintetico, ma esaustivo, di alcune di queste circostanze, perciò spero avrete piacere nel leggerlo.
Lo Sport nella storia
Innanzitutto bisogna dire che lo sport ha sempre avuto un ruolo centrale nella società umana.
Ad esempio molti popoli come gli Etruschi, i Cretesi, i Babilonesi e gli Assiri utilizzavano i giochi e le discipline atletiche per celebrare gli dei e ringraziarli per i loro doni.
Successivamente gli eventi sportivi furono inseriti anche nei riti funebri, soprattutto in quelli di sovrani e nobili. Questo per commemorare ed onorare la memoria dei defunti.
Pensate che ciò viene persino menzionato nell’Iliade.
Infatti nel poema si racconta che sia gli achei che i troiani organizzarono giochi per celebrare i funerali di eroi caduti in battaglia. Un esempio noto a tutti è il funerale dell’amico fraterno di Achille, Patroclo, ma anche quello del principe di Troia, Ettore.

Sport e Politica: primi legami
Per quanto concerne invece il rapporto fra Sport e politica, si può affermare che esso iniziò, all’incirca, nell’anno 776 a.C. .
In questo anno, secondo la tradizione, si svolse la prima edizione dei Giochi olimpici antichi.
Le Olimpiadi possono essere considerate il primo evento sportivo che ha condizionato lo svolgersi dei normali rapporti politici fra diverse comunità. In questo caso le comunità erano le varie poleis (città-stato) dell’Antica Grecia.
I Giochi, istituiti per celebrare Zeus il “Padre degli dei”, si tenevano ad Olimpia (antica città del Peloponneso) ogni quattro anni e duravano cinque giorni.
Durante questi cinque giorni ogni conflitto veniva temporaneamente sospeso, garantendo così il pacifico svolgimento delle gare.
Pensate che nemmeno gli scontri più atroci e lunghi, come la tristemente nota “Guerra del Peloponneso” (431-404 a.C.), riuscirono ad infrangere questa usanza.
Adesso, però, facciamo un grosso balzo in avanti e ci catapultiamo nella Costantinopoli (odierna Istanbul, in Turchia) del VI secolo d.C.
In quel tempo Costantinopoli era sotto il regno del più celebre imperatore bizantino, Giustiniano I il Grande (482-565 d.C.).

Sport e Politica mille anni dopo le Olimpiadi
Lo sport più popolare e seguito all’epoca era la corsa con i carri. I carri in realtà erano quadrighe, ovvero dei cocchi trainati da quattro cavalli. Questo gioco era fortemente sentito e legato a tutti gli strati sociali della civiltà bizantina.
Esistevano, dunque, quattro fazioni ben distinte, che appoggiavano ognuna una squadra diversa:
“Azzurri”, “ Verdi”, “Bianchi” e “Rossi” (i nomi rispecchiavano i colori delle vesti da loro indossate).
Con il tempo i primi due gruppi, rispettivamente legati al mondo della classe rurale contadina e della borghesia mercantile cittadina, assunsero sempre più importanza fino a diventare l’ago della bilancia della vita politica bizantina, specialmente nella capitale imperiale (Costantinopoli appunto).
L’evento principale che vide come protagoniste le suddette fazioni avvenne l’11 gennaio del 532 d.C.
Questo evento prese il nome di “Rivolta di Nika”, dal grido di incitamento che generalmente i tifosi, durante le gare, urlavano ai propri beniamini:
“Nika! Nika!”
(ovvero “Vinci! Vinci!” in greco medievale, la lingua parlata nell’Impero bizantino, corrispondente al nostro “Forza!”).
Successe che in seguito a dei disordini, scoppiati all’interno dell’Ippodromo di Costantinopoli durante una corsa, Giustiniano ordinò che alcuni ultras (appartenenti sia ai “Verdi”, che avevano scatenato la sommossa, sia agli “Azzurri”) fossero arrestati.
Sette di questi si erano addirittura macchiati di omicidio durante i tumulti.
Successivamente il prefetto, spinto dall’imperatore, diede ordine di impiccagione proprio per questi sette.
Il caso volle, però, che due condannati (uno per fazione) sfuggirono all’esecuzione e insieme mobilitarono i propri gruppi (solitamente rivali e contrapposti) contro il sovrano.
Quando tra le urla dei tifosi si nascondevano azioni politiche
L’intento era ovviamente di rovesciare il governo, data la politica autoritaria e fortemente repressiva, che stava intraprendendo nell’ultimo periodo.
Alla fine la situazione, che stava velocemente degenerando, si risolse grazie dal carisma dell’imperatrice Teodora.
L’imperatrice convinse suo marito, Giustiniano, a non fuggire dalla capitale.
Giustiniano abbandonò di fatto così il trono, ma allo stesso tempo mostrò una reazione di forza ai tumulti.
Infatti nel giro di una settimana le truppe imperiali soffocarono la rivolta nel sangue sotto il comando del celeberrimo generale Flavio Belisario.
In ogni caso la “Rivolta di Nika”, partita all’inizio come semplice “rissa da stadio”, rimane una delle insurrezioni più celebri di sempre, visto che per poco non è riuscita a scacciare Giustiniano da Costantinopoli.
E se ce l’avesse fatta? Beh probabilmente la nostra Storia sarebbe molto diversa ora.

I primi sport moderni e l’influenza sulla politica
Con l’avvento del XIX secolo nacquero i primi sport moderni, tutt’oggi praticati e molto popolari, come il basket (inventato nel 1891), la pallavolo (1895) ed il rugby (1871).
Questi sport avranno una pesante influenza sulla politica dei successivi decenni e saranno a loro volta influenzati da questa; inoltre nel 1896 si tenne la prima edizione dei Giochi olimpici moderni.
Questi, come vedremo, saranno protagonisti di innumerevoli episodi socio-politici nel corso del ‘900.
Ma senza dubbio la disciplina sportiva che ha avuto un rapporto molto stretto ed influente con il mondo politico nell’ultimo secolo è sicuramente il calcio.
Infatti, data l’enorme popolarità già dai primi decenni del XX secolo, più volte i governi hanno utilizzato lo sport per aumentare il consenso e/o per far propaganda.
Ciò, naturalmente, si andò ad amplificare quando vennero istituiti i campionati mondiali della FIFA.

I mondiali di calcio: una rivoluzioni sociale
Ogni nazione voleva o avrebbe voluto organizzare ed ospitare tale competizione, per cercare di esaltare il proprio paese, mostrandone, al resto del Globo, l’efficienza e l’organizzazione.
Per non parlare poi del successo mediatico e politico che i governi degli stati organizzatori avrebbero ottenuto nel caso di vittoria della loro selezione nazionale.
Nel 1930, dopo un’aspra lotta, l’Uruguay riuscì ad aggiudicarsi la prima edizione dei Mondiali di calcio, a discapito dell’Italia, per celebrare il centenario della propria indipendenza.
Questo servì ad ostentare la propria ricchezza ed il proprio benessere economico e sociale con tutti gli altri paesi.
Non molti sanno che l’Italia, per ripicca, non partecipò al torneo insieme a molti altri paesi europei che appoggiavano la sua candidatura, come Germania e Spagna.

I mondiali in Italia del 1934
Quattro anni più tardi la Coppa del Mondo approdò nel nostro Paese, dove il dittatore Benito Mussolini la stava attendendo per poter esaltare la superiorità atletica dei suoi calciatori e la grande capacità organizzativa del Regno d’Italia.
Gli azzurri vinsero, aiutati da un arbitraggio estremamente di parte, e consacrarono così la propria patria ed il regime fascista, la cui immagine uscì da questo torneo fortemente rafforzata, sia all’estero che entro i confini nazionali.
Nei successivi anni, altri stati, specialmente quelli sotto un governo autoritario o dittatoriale (ma non solo essi), cercarono in ogni modo di sfruttare i Mondiali per gli stessi scopi.
Un esempio su tutti fu l’Argentina, che, retta da una giunta militare, nel 1978 organizzò e vinse la Coppa con un “aiutino”.
Se volete saperne di più, quando incontrate un brasiliano provate a chiedergli cosa ne pensa della “marmelada peruana” (“marmellata peruviana”).
Un altro caso simile e degno di nota è quello accaduto, quasi un trentennio prima, proprio in Brasile.

Brasile: la curiosa storia dei mondiali del 1950
Nel 1950 l’organizzazione della Coppa Rimet (primo nome della Coppa del Mondo, chiamata così in onore del suo fondatore Jules Rimet) toccò proprio al Paese del Samba.
Essa fu fortemente voluta da Getúlio Dornelles Vargas, presidente del Brasile dal 1930 al 1945.
Infatti Vargas, che dal 1937 aveva di fatto instaurato un regime dittatoriale, rimase colpito dal modo in cui Mussolini aveva saputo sfruttare il Mondiale di calcio per aumentare il proprio consenso; perciò gli venne l’idea di fare lo stesso e candidò il Brasile per ospitare l’edizione del 1942.
Purtroppo per lui quell’edizione dei mondiali non si tenne a causa della Seconda guerra mondiale e quindi tutto fu rimandato a dopo il conflitto; in seguito capitò che, nel 1945, una giunta militare lo esautorò e rimpiazzò. Tuttavia la giunta militare come prima cosa scelse di “rubare” la sua idea di manipolare la Coppa Rimet e usarla a proprio vantaggio.
Il piano fu quello di fissare strategicamente delle elezioni dopo il torneo (previsto per l’estate del 1950), che, secondo le loro previsioni, la Seleçao avrebbe vinto facilmente. Questo avrebbe legittimato il nuovo potere grazie ad un voto popolare, cavalcando l’onda emozionale scatenata dalla gioia per la vittoria sportiva.
Ma c’è un vecchio detto che è adatto a questa vicenda:
“Se vuoi far ridere dio, raccontagli i tuoi progetti!”
Infatti il Brasile perse la finale del mondiale contro l’Uruguay (evento ricordato con il nome di “Maracanazo”).
Per tale motivo la fiducia popolare nella giunta militare crollò completamente e le elezioni vennero vinte da nientepopodimeno che Getúlio Vargas, che ottenne la legittimazione del popolo e tornò a governare il paese fino al 1954.
La Vita e la Storia hanno uno strano senso dell’umorismo, non trovate?
Ora dato che la marea di informazioni e date che vi ho fornito si sta alzando a dismisura, vi racconterò un ultimo episodio significativo riguardo il rapporto fra Sport e politica.

Sport e Politica: anche Hitler disse la sua con le Olimpiadi più emblematiche della Storia
Siamo a Berlino, Germania, 1° agosto 1936, sede dell’inaugurazione l’XI edizione dei Giochi Olimpici dell’Era moderna.
Questi furono assegnati al Paese teutonico nel 1931, quando esso era ancora una democrazia.
Due anni dopo, però, Adolf Hitler prese il potere e moltissimi stati chiesero di cambiare sede.
Questi ricevettero un secco no dal Comitato Internazionale Olimpico (CIO), che confermò la sua precedente decisione.
Un fatto poco noto è che all’inizio nemmeno Hitler era molto entusiasta di organizzare le Olimpiadi.
Fu il suo ministro della propaganda, Joseph Goebbles, a convincerlo della grande opportunità mediatica che i Giochi avrebbero potuto costituire per il Reich.
E così le Olimpiadi più emblematiche della Storia si svolsero nella capitale tedesca.
Gli eventi significativi, sia dal punto di vista storico-sociale che sportivo, accaduti durante tale competizione sono talmente numerosi che impiegherei più di una vita solo per elencarli. Mi limiterò a citarvene solo alcuni.
I giochi Berlinesi
Innanzitutto i Giochi berlinesi, come detto prima, furono l’arma più efficace della propaganda nazionalsocialista.
Infatti, tutta la macchina mediatica teutonica (giornali, radio e cinema in primis) si mise in moto per esaltare l’organizzazione e l’efficienza del governo hitleriano e la superiorità e la straordinaria preparazione atletica dei campioni tedeschi.
Soprattutto il cinema fu impiegato per il suddetto scopo, tant’è vero che i cinegiornali venivano regolarmente proiettati ogni giorno; inoltre fu persino realizzato un film documentario: intitolato “Olympia”.
Questo documentario fu girato dalla grande regista tedesca, la migliore dell’epoca, Helene Bertha Amalie “Leni” Riefenstahl. Oltre ad inneggiare alla magnificenza delle Olimpiadi, Olympia rappresenta tutt’oggi una pietra miliare per il documentarismo sportivo.
Pensate, tra l’altro, che questi Giochi furono anche i primi ad essere trasmessi in televisione.
Tuttavia, a causa della pochissima diffusione di quest’ultima nelle case private, la “Deutsche Reichspost” (l’azienda di servizi postali statale di Germania) organizzò delle “sale pubbliche televisive” in tutta la città.
Questo permise alla gente comune di ammirare le grandi gesta sportive degli atleti di tutto il Mondo.

Le leggi razziali durante le Olimpiadi
Ma “Berlino 1936” passò alla Storia anche per la presenza di episodi caratterizzati da risvolti di grande impatto sociale.
Come è facile da immaginare, la partecipazione alle gare fu vietata dal comitato olimpico tedesco agli atleti tedeschi di origine ebraica e rom, in conformità con le direttive del Partito Nazista.
Questa decisione significò l’esclusione di molti dei migliori sportivi del paese come Margaret “Gretel” Bergmann. Margaret fu sospesa dalla squadra nazionale pochi giorni dopo aver stabilito un record di 1,60 m nel salto in alto.
L’unica eccezione fu Helene Mayer, grande schermitrice e vincitrice dell’oro nel Fioretto individuale ai Giochi di Amsterdam del 1928. Mayer potè partecipare alla competizione nonostante fosse per metà ebrea.
Tutt’oggi non è ben chiaro il motivo per cui la Mayer poté gareggiare
Non è chiaro anche perchè nemmeno lei venne risparmiata dalle persecuzioni razziali, costretta infatti a scappare negli USA.
Un’ipotesi, anche se poco accreditata, potrebbe essere che Hitler, forse su suggerimento dello stesso Goebbles, decise di far partecipare ugualmente la giovane atleta, per dimostrare all’opinione pubblica mondiale, che avrebbe potuto giudicare negativamente l’intero suo operato politico.
Questo avrebbe dimostrato che la Germania non escludeva tutti gli ebrei dalla vita politica, sociale e culturale del Reich, ma soltanto quelli che erano colpevoli di essere “parassiti e traditori della società”.
In ogni caso questo fatto rimane un mistero irrisolto.
L’ultima vicenda di cui vorrei parlarvi riguardo a questa Olimpiade è forse quella più celebre di tutte; sto parlando di quello che è accaduto al velocista afroamericano, nonché stella indiscussa di questi Giochi, James Cleveland “Jesse” Owens.

Un falso storico sulle stesse Olimpiadi del 1936
Dovete sapere che da piccolo, e credo non sia capitato solo a me, mi hanno sempre raccontato la storia secondo cui Adolf Hitler si rifiutò di salutare l’atleta statunitense, dopo che egli aveva vinto la medaglia d’oro nei 100m, poiché era di colore.
Niente di più falso.
Infatti non solamente i tifosi tedeschi acclamarono Owens come un eroe dai tifosi tedeschi dopo il suo trionfo, ma anche il dittatore gli tributò tutti gli onori dovuti, applaudendolo e facendogli il “saluto romano”.
Per i nazisti il saluto romano era un segno di grande rispetto.
Anche perché se il Führer avesse reagito con astio e rabbia alla vittoria di Jesse, lui e tutta la Germania avrebbero fatto una figura meschina davanti agli occhi di tutto il Globo.
Successivamente gli statunitensi (e non solo loro) raccontarono un falsa versione dei fatti come propaganda anti-nazista, per accentuare ancora di più la mostruosità e la misantropia di Hitler; ed è per questo motivo che oggigiorno moltissimi credono ancora a questa “fake news” del Passato ed ignorano la verità.
Sport e politica: storia di Una fake news a tutti gli effetti
Jesse Owens fu trattato meglio dalla Germania nazionalsocialista che dai “democratici” Stati Uniti, sua patria d’origine.
Infatti, come ha raccontato lui stesso, al suo rientro dai Giochi egli non fu invitato alla Casa Bianca dal presidente Franklin Delano Roosevelt.
L’invito delle squadre sportive e degli atleti statunitensi che hanno conseguito un’importante vittoria alla Casa Bianca era (ed è ancora adesso) una prassi abbastanza nota.
Anzi, Owens venne bistrattato, insultato e offeso da tutti coloro che, stando alla logica, avrebbero dovuto venerarlo.
Tutto ciò solamente perché aveva il colore della pelle “sbagliato” e di conseguenza non era degno degli stessi privilegi e diritti dei suoi più “candidi” colleghi e connazionali.

Storia del legame tra Sport e Politica: alcune conclusioni
Prima di chiudere definitivamente, ci tengo a dire che lo Sport, oltre a poter essere complice di dittature e di propaganda di regime (come ho evidenziato nel corso del brano), ha saputo, sa e saprà anche unire tutti gli Uomini, appianando qualsiasi differenza, etnica, sociale, culturale o economica, ci sia stata, ci sia e ci sarà fra essi.
In fondo le discipline atletiche sono figlie degli Esseri umani, quindi proprio come i loro “genitori” possono avere varie sfumature: sia negative che positive.
Bene il nostro “breve” excursus termina qui! Spero abbiate gradito questo articolo e che abbia arricchito, anche solo un po’, la vostra mente.
Se vi interessano argomenti come questo vi suggerisco il mio articolo Micronazioni: storia di piccoli stati con grandi idee
Ci vediamo alla prossima.