“Non mi dire che ho sbagliato, e guarda, posso fare meraviglie”.
Considerare l’errore come parte del processo di apprendimento apre una prospettiva di scoperta ed invenzione, di crescita e di progresso.
“Non mi dire che ho sbagliato, e guarda, posso fare meraviglie”
Michelangelo lo sa bene: il suo David è perfetto con i suoi errori di proporzione; e la Cappella Sistina non sarebbe quella che ammiriamo se non per una errata commissione.
Anche Galileo Galilei ha potuto descrivere i dettagli lunari a partire da uno sbaglio, puntando il suo cannocchiale in una direzione diversa da quella calcolata.
E ancora, il 1492 con Cristoforo Colombo è noto per la scoperta di una nuova terra, dovuta a una scorretta valutazione di itinerario.
Per parlare poi dell’opera della Torre di Pisa, un’attrazione stupefacente che deve la sua fama mondiale proprio ad un abbaglio architettonico.
A seguito di questa carrellata di esempi, siamo certi che commettere un errore sia realmente sbagliato?

L’errore è uno sbaglio?
Probabilmente è semplice e frequente dire “sbagliando si impara” accogliendo, a livello teorico, la possibilità di commettere errori, i quali, tuttavia, vengono facilmente condannati sul piano pratico.
Quanti segni con le penne rosse e blu dei docenti sui quaderni di scuola; quanti “no, non devi fare così” davanti a una tentata soluzione rivelata erronea; quante punizioni erogate perché i propri figli non sono stati capaci a concludere un compito.
Un grave risvolto spesso trascurato è il concetto psicologico di impotenza appresa, ovvero una sensazione di sfiducia persistente e totalizzante verso se stessi e verso le proprie capacità, che porta a desistere dall’affrontare un problema, in virtù del fatto che in passato sono state affrontate situazioni simili con esito negativo.

L’Errore come parte del processo di apprendimento
D’altra parte, invece, considerare l’errore come parte del processo di apprendimento apre una prospettiva di scoperta ed invenzione, di crescita e di progresso.
L’errore si sveste così dei suoi pesanti abiti paralizzanti e si fa punto di forza dello stesso apprendimento, diventando necessario, utile ed anche interessante in funzione di una successiva conoscenza.
Su questa linea si fa strada una didattica dell’errore e un’educazione positiva, che si può così riassumere: uno sbaglio può migliorare, una perdita può arricchire, una caduta può innalzare.
“E tu, caro figlio e caro studente, non sei gli errori che hai commesso, non sei un errore da correggere, ma sei una meraviglia da riconoscere”
Olga Bevanati
Se ti è piaciuto il mio articolo ti consiglio di leggere l’articolo di Alice Vignudini “Performance perfette vs crescita continua” e l’articolo di Niccolò Di Paolo “Chi ha imparato abbastanza, non ha imparato niente“.
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