Dipendenza affettiva e contro dipendenza: Il ruolo della cultura e delle aspettative di genere

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Nell’ambito delle relazioni intime, la dipendenza affettiva può generare una distorsione di sé e dell’altro, caratterizzata da un disequilibrio nella risposta emotiva. Ma cosa si intende davvero per dipendenza affettiva e da dove ha origine?

In questo articolo, esploreremo questa complessa tematica, analizzando il concetto di dipendenza affettiva all’interno di un continuum e le possibili dinamiche che si possono sviluppare. Scopriremo come esperienze infantili e dinamiche relazionali influenzino il modo in cui viviamo e percepiamo l’amore, portandoci a cercare relazioni difficili e destabilizzanti.

Inoltre, analizzeremo anche il ruolo della cultura e delle aspettative sociali in questa dinamica. Infine, esploreremo il carattere contro dipendente affettivo e il motivo per cui la prevalenza di questa problematica sembra essere più comune nelle donne.

Cos’è la dipendenza affettiva?

Non è possibile tracciare un profilo chiaro e definito di questo concetto poiché l’essere umano non può essere indipendente in senso assoluto; quindi… sorge la domanda “Cosa si intende per dipendenza affettiva?”

Se superiamo il binomio giusto/sbagliato e la necessità di trovare criteri definiti possiamo cominciare a leggere il costrutto della dipendenza affettiva all’interno di un continuum, una linea che ha diverse sfaccettature.

Una relazione “sana” è caratterizzata da uno stile di risposta dei due elementi in gioco flessibile e creativo: nel corso del tempo la coppia andrà incontro a momenti di crisi e di trasformazione. Maggiore è la capacità dei soggetti di attingere a un vasto repertorio di risposte maggiore sarà la possibilità di cogliere ogni evento come occasioni evolutive.

Se, invece, la relazione è caratterizzata da forme di rigidità relazionale che tendono a riproporsi e che richiedono risposte altrettanto rigide allora si può cominciare a parlare di “dipendenza”. Queste dinamiche rispondono illusoriamente ad un bisogno di controllo sulla relazione: il cambiamento viene vissuto con angoscia dal dipendente affettivo. Quest’ultimo si aggrappa all’illusione onnipotente di poter mantenere la relazione cristallizzata in una dimensione “ideale”.

“La condotta dipendente può essere descritta come la ricerca obbligata e ad ogni costo di un apporto esterno di cui il soggetto ha bisogno per il proprio equilibrio e che non può trovare a livello delle sue risorse interne” Jammet e Corcos, 2002

Statua donna con mani legate

Elementi comuni che ritroviamo nell’infanzia

La persona “dipendente” comunemente è stata un* bambin* che difficilmente poteva permettersi un abbandono completo alle cure dei caregivers di riferimento. Sono stati piccoli adulti, soldatini efficienti, giovani infermieri o psicologi. Si parla di bambini che hanno subìto in maniera più o meno evidente un’inversione di ruoli nella relazione di accudimento.

Nell’infanzia l’ambiente circostante va a contaminare l’idea dell’amore:

“Quando riuscirò ad aggiustare l’altro, potrà accorgersi di me e amarmi”.

Questo pensiero nasce da una condizione familiare in cui solitamente il genitore non è una figura sufficientemente stabile e sicura e il bambino si ritrova da solo a dover essere autosufficiente.

La psicoterapeuta Robin Norwood individua all’origine di un “eccesso di amore” un trauma infantile. Il vissuto di trascuratezza e abbandono da parte delle figure genitoriali porta a un disamore di sé, sfiducia nel proprio valore e nelle proprie capacità, paura di non essere abbastanza per ricevere amore.

un amore ricevuto a “intermittenza”

Il bambino parte da una condizione di dipendenza dalla figura materna. Questa è una fase fisiologica che ha l’obiettivo di creare un attaccamento sufficientemente sicuro. Il bambino sente di poter esplorare il mondo partendo da una base solida alla quale tornare tutte le volte che ne sente il bisogno.   Nell’esperienza primaria del dipendente affettivo troviamo invece figure di attaccamento che non hanno saputo/potuto offrire una garanzia di continuità. I genitori erano presenti e ricettivi in modo intermittente.

“E’ come se avesse vissuto in una costante condizione di attesa, dentro un tempo immobile (…) sperimentando disperazione e speranza nello stesso tempo” Massimo Borgioni

attrazione per relazioni difficili

Vi sono alcune caratteristiche trasversali che ritroviamo nella figura del dipendente affettivo: sfiducia verso di sé e verso l’altro, tendenza al controllo nei rapporti intimi e difficoltà a lasciarsi andare, una tendenza a creare una condizione simbiotica con l’altro e paura della separazione.  

La bassa autostima e il sentimento di indegnità portano la persona a sentire come immeritata una relazione sana in cui vi è amorevolezza. Vi è un’idea di base per cui l’altro non può offrire amore e attenzioni autentiche e disinteressate. Questo porterà a diffidare sempre del partner alimentando un vortice di preoccupazioni e anche là dove c’è un amore corrisposto non sarà mai “abbastanza” e continuerà a richiedere con voracità ulteriori conferme e attenzioni.  

Avere un partner amorevole è percepito come pericoloso: il rischio della delusione e dell’abbandono è intollerabile. Ed è così che un individuo con una problematica di dipendenza affettiva si fa intercettare da personalità seduttive, narcisiste e incapaci di provare una reale empatia.  

l’incastro della relazione di dipendenza affettiva

Il partner “ideale” in questo caso è colui che inizialmente si vende in tutta la sua meraviglia promettendo luna e stelle. Questi diventa fonte di sicurezza e di onnipotenza alla quale fondersi. Così che nasce l’incastro di devozione e dipendenza. Egli necessita solo di essere ammirato ed essendo incapace di stare nell’intimità comincia a prendere le distanze. Percepirà come invasioni fastidiose le richieste dell’altro.

Il cerchio della dipendenza vede il suo proseguo nella condizione di frustrazione del dipendente che, alternando pretesa e sottomissione, chiede sempre di più allontanando l’altro.

Dall’altra parte abbiamo il contro dipendente che in realtà non sembrerebbe avere un’infanzia altrettanto semplice…

IL contro dipendente affettivo

Anche il contro dipendente affettivo ha dovuto fare i conti con un ambiente familiare poco accudente che ha ridicolizzato il suo bisogno di protezione e cure. La risultante però in questo caso è un evitamento del legame e di qualsiasi vincolo che porti all’intimità.

Là dove il dipendente è alla ricerca spasmodica di un accudimento mai ricevuto qui la “risoluzione” dell’angoscia e dell’abbandono viene ricercata in una negazione del bisogno.

Perchè vi è una prevalenza femminile?

Nonostante credo stia diventando una lettura anacronistica per quanto riguarda le nuove generazioni possiamo ritrovare una spiegazione culturale a questa risposta. Citando la psicoterapeuta Robin Norwood:

“(…) le donne, per ragioni storiche, sono più portate a pensare “male di sè”. E’ stato loro insegnato che sono deboli, dipendenti per natura, paurose, fragili, bisognose di protezione e guida. Alcuni di questi insegnamenti, per quanto superati, sono entrati a far parte dell’inconscio femminile”

Risulta quindi esserci ancora la trasmissione di un messaggio patriarcale che ci arriva da lontano e che richiede alle donne uno sforzo per interrompere questa catena.

R. Norwood infatti invita nel suo libro “Donne che amano troppo” alla rinuncia del controllo nella relazione, alla rinuncia del ruolo di madri, serve e infermiere verso il partner. Questa rinuncia può portare ad un’iniziale sensazione di cadere da una rupe ma gradualmente porterà ad un senso di indipendenza amorosa estremamente preziosa.

Dott.ssa Martina Di Dio, psicologa psicoterapeuta

SUGGERIMENTI DI LETTURA IN MERITO ALL’ARTICOLO sulla dipendenza affettiva

Se sei alla ricerca di conoscenze in ambito psicologico e vuoi approfondire un tema specifico, ti consiglio di leggere uno dei miei articoli della rubrica Psicologia Generale.

Oltre ad aver trattato per più di un anno l’Enneagramma delle Personalità secondo l’approccio Gestaltico di Naranjo, in particolare, ti consiglio di dare uno sguardo all’articolo “La nevrosi dietro il perfezionismo: quando le nostre leggi interne corrispondono a criteri impossibili da soddisfare“. In questo articolo esploro il perfezionismo, un tratto di personalità che spesso può portare a elevate aspettative irraggiungibili e a sensi di colpa immotivati.

Se sei interessato a esplorare ulteriormente i temi della psicologia generale, ti invito a leggere anche gli altri articoli della mia rubrica. Tra questi, potrai capire meglio il funzionamento dei lapsus e degli atti mancati secondo Freud, o il funzionamento dell’ansia collegata con il corpo, o approfondire l’argomento dell’aggressività e delle sue possibili cause. Non perdere l’occasione di arricchire la tua conoscenza sulla psicologia e sulle dinamiche della mente umana!

About Martina Di Dio

Sono una psicologa clinica, psicoterapeuta in formazione presso il centro Gestalt Viva CGV secondo il metodo di Claudio Naranjo.
L’intenzione che sta dietro ai miei articoli e al lavoro nel mio studio privato è quella di stimolare l’individuo verso una riflessione e una messa in discussione di idee su di sé e sul mondo che nel tempo ha ingerito come “verità assolute” e che cominciano a stridere oltre che a provocare sofferenza.
Muoversi nel mondo a partire dal contatto con il corpo e le emozioni ci permette di vivere autenticamente e con una maggiore senso di coerenza interna. Riconoscere ciò che ci fa soffrire e vedere in che modo alimentiamo i nostri automatismi “nevrotici” ci da la possibilità di scegliere e di appropriarci pienamente del nostro potenziale esistenziale.

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