Ecomafia, ecocrimini e terra dei fuochi: cosa c’è dietro i “ladri di futuro”?

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Con il termine di nuovo conio ecomafia si indica l’insieme delle attività illecite poste in essere dalle associazioni di tipo mafioso che cagionano ingenti danni all’ambiente, nonché, di conseguenza, alla salute umana.

cos’è l’ecomafia?

La parola ecomafia fu utilizzato per la prima volta nel 1994 dall’associazione ambientalista italiana Legambiente. Quest’ultima pubblicò un documento intitolato ‘’Le ecomafie – il ruolo della criminalità organizzata nell’illegalità ambientale’’.

Tra i reati tipici delle ecomafie ricordiamo, ad esempio, l’abusivismo edilizio su larga scala, le attività di escavazione illecite, lo smaltimento illecito dei rifiuti e le illegalità perpetuate nel mercato dell’agro alimentare.

la storia delle ecomafie

“Dottò, non faccio più droga. No, adesso ho un altro affare. Rende di più e soprattutto si rischia molto meno. Si chiama monnezza, dottò. Perché per noi la monnezza è oro”. Con questa asserzione, rivolta ai magistrati di Napoli nel 1992, iniziò il pentimento dell’ex camorrista Nunzio Perrella. Dalle parole del pentito nacque l’inchiesta Adelphi, una delle prime contro le ecomafie. Si rese noto che la Campania era stata scelta dalla camorra come grande immondezzaio per gli scarti tossici del nord Italia.

Il giornalista Paolo Coltro, con la collaborazione proprio di Nunzio Perrella, tratta dell’argomento nel libro ‘’Oltre gomorra’’ https://amzn.to/3hbU7hd

Fondamentale fu anche l’operazione “Cassiopea”, iniziata nel 1999 e continuata sino al 2002. Nel corso dell’inchiesta, l’allora magistrato Donato Ceglie parlò di un milione di tonnellate di rifiuti gestiti illegalmente dagli indagati.

Una triste verità perpetuata per oltre 20 anni è stata svelata da Gaetano Vassallo, definito il “Buscetta dei rifiuti’’. Tra il 1988 ed il 2005 un numero esorbitante di Tir attraversarono mezza Italia per smaltire in Campania una smisurata quantità di veleni. Vassallo consegnò ai magistrati un elenco esaustivo dei suoi ‘’clienti’’ Provenivano da Lucca,  Montecatini Terme, Pisa, Milano, La Spezia, Savona. Più nello specifico si vociferò di circa ottomila quintali di rifiuti tossici smaltiti nella discarica Schiavi, provenienti dall’Acna di Cengio, fanghi tossici e ceneri delle centrali dell’Enel di Brindisi nonché coloranti di una ditta di Savona.

il business dei rifiuti

Già nel 1997, Carmine Schiavone, pentito del clan dei Casalesi, profetizzò davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta su mafia e rifiuti tossici qualcosa di atroce. “Entro venti anni gli abitanti di numerosi comuni del Casertano rischiano di morire tutti di cancro”. Schiavone ricostruì la genesi dell’ecomafia e raccontò degli affari milionari della cosca. ‘’Con i soldi del traffico di rifiuti si pagavano i mensili agli affiliati, le spese per i latitanti e per gli avvocati. Per l’immondizia entravano nelle casse del clan dei Casalesi circa 600-700 milioni di lire al mese“.

E’ palese: la gestione illecita di rifiuti è, sin dai suoi arbori, un vero business. Il giornalista, blogger, scrittore e autore Antonio Pergolizzi nel 2012 ha pubblicato un libro particolarmente stimolante sul tema. ‘’Toxicitaly: Ecomafie e capitalismo: gli affari sporchi all’ombra del progresso’’. La sua è un inchiesta che parte dal principio, da quando si sono formate le condizioni ottimali per favorire la nascita e lo sviluppo delle ecomafie.

Il Rapporto Ecomafia di Legambiente

L’associazione italiana ambientalista Legambiente è da sempre in prima linea per combattere una guerra rimasta troppo a lungo silente. Con la presentazione di dossier, denunce e testimonianze cerca di contrastare le organizzazioni di tipo mafioso che pongono in essere attività illecite contro l’ambiente. Nel 1997 pubblica il primo Rapporto Ecomafia e, da quel momento in poi, ogni anno fa il punto della situazione.

Disarmanti i dati emersi dal Rapporto Ecomafia 2020 redatto nel corso del 2019. Sono stati accertati in media 4 reati ambientali ogni ora. I reati commessi contro l’ambiente ammontano a 34.648. Il rapporto ha evidenziato come rimangano costanti i reati collegati ai rifiuti ed al loro smaltimento. In aumento gli illeciti del cemento ed anche quelli contro la fauna. Per non parlare poi degli incendi: 52.916 ettari, tra superfici boscate e non, sono andate in fumo nel corso del 2019.

Il nuovo Rapporto Ecomafia 2021, ha evidenziato che le ecomafie non hanno conosciuto lockdown. I reati ambientali toccano quota 34.867 (+0,6% rispetto al 2019). Angoscianti i dati relativi ai boschi e alla fauna: 4.233 i reati relativi agli incendi boschivi (+8,1%) ed 8.193 quelli contro gli animali, poco meno di uno ogni ora.

La Terra dei Fuochi

Il termine fu utilizzato per la prima volta dai Rapporti Ecomafia di Legambiente. Fu poi grazie a Roberto Saviano ed al suo libro ”Gomorra” che questo appellativo si diffuse.

Con ‘’Terra dei Fuochi’’ si fa riferimento al territorio compreso tra la provincia di Napoli e Casera. In questa vasta area la criminalità organizzata gestisce illegalmente rifiuti speciali provenienti da tutta Italia

In che modo avviene questo rudimentale ed illecito smaltimento dei rifiuti?

Ci sono una serie di discariche abusive lungo le strade e in aperta campagna. Ogni qualvolta queste si riempiono, vengono appiccati degli incendi per smaltire i rifiuti (da qui la denominazione Terra dei fuochi).

La maggior parte dei rifiuti che vengono smaltiti in maniera abusiva rientrano tra i cosiddetti rifiuti speciali. Questi vengono definiti dall’art. 7 del D.L. n. 22 del 1997. Si tratta di rifiuti che derivano da attività agro-industriali, da attività di costruzione, demolizione, lavorazione industriale e artigianale, da tutto ciò che viene classificato come attività di servizi o di commercio o, ancora, tutti i rifiuti che derivano da combustibili, macchinari e veicoli a motore. Si tratta, chiaramente, dei rifiuti più tossici e pericolosi, specialmente qualora lo smaltimento avvenga in maniera così rudimentale ed illecita.

L’impatto dello smaltimento illecito dei rifiuti sulla salute dei cittadini

L’ISS (Istituto Superiore di Sanità) ha reso noto nel 2021 i risultati dello studio sull’impatto sanitario degli smaltimenti abusivi di rifiuti. L’indagine è iniziata nel 2016 tramite un accordo stipulato con la procura di Napoli nord. L’analisi ha riguardato un’area di 426 chilometri quadrati, comprendente 38 comuni, in cui negli anni sono stati rilevati 2.767 siti di ”smaltimento abusivo di rifiuti, anche pericolosi”.

Il dato è chiaro: la dispersione di sostanze altamente nocive sia nel suolo che nell’aria e il conseguente avvelenamento delle falde idriche utilizzate per irrigare i terreni coltivati, sono strettamente legati all’altissimo incremento delle patologie tumorali. Il rapporto certifica che, nelle aree esaminate, c’è una maggiore incidenza di tumore alla mammella, un alto tasso di ospedalizzazione per asma, un aumento delle leucemie infantili e una maggiore prevalenza delle malformazioni dell’apparato urinario.

La tutela dell’ambiente nella nostra Costituzione

Tra i compiti assegnati alla Repubblica italiana, la Costituzione individua, all’art. 9, comma 3, ‘’la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della nazione’’. Tuttavia l’idea nota ai Costituenti era quella coniata da Benedetto Croce. Ciò significa che il ”paesaggio” era identificato con “la rappresentazione materiale e visibile della patria, coi suoi caratteri fisici particolari”. Bisogna attendere la spinta ecologista degli anni ’70 ed in particolare le sentenze della Corte costituzionale degli anni ’80 per arrivare a prospettare l’ambiente come bene unitario e “valore primario ed assoluto’’.

Tuttavia, per vedere la parola ‘’ambiente’’ comparire nella nostra Carta fondamentale si deve attendere la riforma del Titolo V della Costituzione, avvenuta con l’adozione della Legge Costituzionale n. 3 del 2001. All’art. 117, comma 2, lett. s) è oggi prevista la “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali’’.

la modifica degli articoli 9 e 41 della costituzione

E’ bene qui ricordare che l’8 febbraio 2022 la Camera dei deputati ha approvato in via definitiva, in seconda deliberazione, il disegno di legge di riforma costituzionale recante “Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell’ambiente”, già approvato dal Senato con doppia deliberazione. Avendo terminato il suo percorso parlamentare, il testo è stato promulgato dal Presidente della Repubblica e quindi pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

In estrema sintesi la riforma introduce un ulteriore comma all’art. 9. Di seguito, dunque, il nuovo testo della disposizione.

‘’La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.

Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali.’

L’art. 41 Cost. si trova nella parte dedicata ai “diritti e doveri dei cittadini”, nel titolo III, rubricato “rapporti economici”. La riforma prevede l’introduzione di alcuni “incisi”, riportati di seguito in grassetto sottolineato.

’L’iniziativa economica privata è libera.

Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.

La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali’’.

La tutela dell’ambiente nel codice penale

Fu il senatore Giovanni Lubrano di Ricco nel lontano 1998 a proporre di inserire nel codice penale i delitti contro l’ambiente, nonché la definizione giuridica di ecomafia.

Tuttavia, bisognerà attendere sino al 19 maggio 2015 per l’approvazione del DDL 1345-B recante l’introduzione, nel codice penale, di cinque nuovi delitti contro l’ambiente, i c.d. ecoreati. La Legge n. 68 del 2015 dota la Magistratura di vitali strumenti di indagine, volti ad inibire il fenomeno delle ecomafie. Le nuove fattispecie introdotte grazie a questo intervento legislativo sono:

  • Inquinamento ambientale (art. 452-bis c.p.).
  • Disastro ambientale (art. 452-quater c.p.).
  • Traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività (art. 452-sexies).
  • Impedimento del controllo (art. 452-septies).
  • Omessa bonifica  (art. 452-terdecies).

La normativa contiene due capisaldi indispensabili:

  1. l’aggravante specifica per i reati commessi dalla criminalità organizzata, con lo specifico scopo di colpire le ecomafie.
  2. l’introduzione del ravvedimento operoso, ovvero la possibilità di depenalizzazione. In altre parole, tutti coloro che agiscono per bonificare e mettere in sicurezza le aree inquinate e che cooperano per evitare danni ulteriori alle aree già compromesse, possono beneficiare di sconti di pena.

Conclusioni

“Non si deve assolutamente abbassare la guardia contro i ladri di futuro’’ afferma il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani. È proprio nella nomea ‘’ladri di futuro’’ che si cela una disdegnosa verità. La vita delle ecomafie è intrinsecamente dotata di  capacità di mimetizzarsi e nascondersi, creando un velo di silenzio intorno a sé.

Parlare di ecomafia è ragguardevole, non v’è dubbio. È vitale avere sempre a mente quella frase: ‘’chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa’’. Purtroppo però, la forza delle nostre parole ed il coraggio delle nostre denunce non è sufficiente per recidere le radici solide di questo fenomeno.

Occorre altresì presidiare, monitorare, controllare, puntare sulla prevenzione, incentivare le buone pratiche. Sarebbe importante consolidare il quadro normativo con leggi ad hoc che tutelino anche la filiera agroalimentare, i beni culturali e l’istituzione di una grande forza di polizia ambientale diffusa su tutto il territorio.

Sara Martinelli

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