Siamo molto esposti alla competizione, e dunque risulta di fondamentale importanza esserne educati.
“Il bello non era arrivare, era viaggiare” lo dice il saggio Doc-Hudson nel primo film di Cars (Pixar). La frase è detta dal personaggio, con amarezza e al tempo passato, contrapponendola al sentimento di competitività che sovrasta la società attuale.

educare alla competizione nella societÀ di oggi
Oggi, infatti, siamo molto spesso esposti a gareggiare, sin da piccoli. La competizione è presente in molti ambiti della vita, e non solo negli sport.
Molti si trovano in competizione con gli altri per ottenere un posto di lavoro o una promozione, per mostrare la propria rete sociale o per essere i migliori a svolgere un’attività. Concorsi e gare sono indetti dalle istituzioni stesse.

una spiegazione errata
Si potrebbe addirittura arrivare a disturbare Darwin additandolo per la definizione della “legge del più forte”. Essa attribuisce l’evoluzione progressiva alla lotta per la vita, che permetterebbe la sopravvivenza solo dei più forti, a discapito dei più deboli.
Tuttavia, non ci sarebbe errore più grande. Da decenni ormai l’evoluzione e il progresso si manifestano in situazioni di cooperazione.
la nuova lettura della teoria darwiniana nella vita quotidiana
La legge della sopravvivenza mantiene il suo valore, ma in termini ben diversi. A sopravvivere non sarà il più forte e il più competitivo, ma chi evita conflitti, chi è premuroso con gli altri, aiuta il prossimo e condivide. Si evolve quindi il più adatto, ma la teoria darwiniana assume caratteri di empatia e gentilezza.
I compagni di una squadra, o di scuola, o di lavoro, o di vita, posseggono quindi un valore spesso celato.
Il nostro comportamento nei loro confronti non dovrebbe discostarsi dal trattarli come i nostri migliori alleati, oppure si dovrebbero considerare “competitor” da cui imparare qualcosa, non sicuramente da sovrastare.

EDUCARE ALLA COMPETIZIONE
È tuttora debole l’educazione alla competizione, intesa come una gara atletica, come partita sportiva, come concorso di lavoro, come sfida di vita.
La competizione è la scintilla che serve ad animarci ed impegnarci a migliorare la nostra prestazione e le nostre capacità, ma ha bisogno di essere autocontrollata, senza divampare nella distruzione psico-fisica dell’altro, di volerlo “perdente”.
Forse è questa la partita più difficile da giocare, ma che poi darà senz’altro maggiori soddisfazioni, a se stessi e ai nostri migliori fan. Allenarsi ad aumentare la propria autostima e ad accettarsi come esseri unici e diversi, imparare a vincere-vincere, a sentirsi parte del successo altrui.

COME FORMARE UNA MENTALITÀ VINCENTE
Lungi dal voler insegnare ai propri figli e allievi “L’importante non è vincere, ma partecipare”. Non c’è frase peggiore da dire a chi non si vuole accontentare di un risultato poco soddisfacente, ma vuole dare il meglio di sé.
Si voglia, al contrario, formare una mentalità da vincente, perché possiamo uscire vincitori anche quando il risultato sul tabellone dichiara un numero differente.
Così come Saetta McQueen, il protagonista di Cars, che rinuncia a tagliare il traguardo della gara per aiutare un avversario, prediligendo un’azione che porterà una risonanza ben maggiore nella sua vita.
Ed allora, è giunto il momento di modificare anche quella famosa frase, ed iniziare invece a mentalizzare che “Nelle corse si può fare molto di più che vincere”.
Dott.ssa Psicologa Olga Bevanati
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