Settembre 1963. Negli Stati Uniti esce il primo numero della serie a fumetti degli straordinari X-Men denominata “The X-Men”, scritta da Stan Lee, disegnata da Jack Kirby e pubblicata dalla Marvel Comics, casa editrice di New York City.

Il suddetto fumetto diede inizio ad un’avventura ormai quasi sessantennale, che ha fatto conoscere al mondo il gruppo di supereroi più problematico dell’universo dei comics. Con il seguente articolo ripercorreremo la storia di questo brand fumettistico e cercheremo di capire cosa lo rende così unico ed iconico ancora oggi.
I Nuovi Fantastici Quattro
Nell’estate del ’63 la Marvel Comics puntava a lanciare un nuovo super-gruppo, nel tentativo di ripetere il successo dei Fantastici Quattro, nati nel 1961. A questo scopo le alte sfere della cosiddetta Casa delle idee incaricarono gli stessi autori di The Fantastic Four, ovvero lo sceneggiatore Stan Lee ed il disegnatore Jack Kirby, di creare un nuovo team di superumani.

Nell’ideare quello che sarebbe stato il concept narrativo della nuova serie, Lee si ispirò alla Doom Patrol, gruppo supereroistico creato qualche mese prima dalla casa rivale DC Comics. La particolarità della Patrol era che i suoi membri erano dei reietti, perseguitati e scacciati dal resto della società. Il Sorridente (soprannome di Stan) prese questo aspetto e lo unì alla componente adolescenziale di Spider-Man, altra sua creatura, ed allo schema della formazione eroica dei Fantastici Quattro. Da questa macedonia fumettistica vennero fuori sei personaggi del tutto nuovi e pronti per essere approfonditi.
Scott “Slim” Summers (Ciclope), Henry Philip “Hank” McCoy (Bestia), Warren Kenneth Worthington III (Angelo), Robert “Bobby” Drake (Uomo Ghiaccio) e Jean Grey (Marvel Girl) erano i giovani eroi che componevano il nuovo team.
La loro guida, nonché fondatore della squadra, era il professor Charles Francis Xavier (Professor X).

La nascita degli straordinari X-Men
Stan Lee, però, non aveva alcuna voglia di inventarsi delle origini diverse, che spiegassero come ciascun personaggio avesse ottenuto i propri poteri. Ergo trovò la soluzione: i membri del nuovo team erano già nati con delle abilità fuori dal comune. Questa scappatoia vi potrà sembrare banale e fin troppo conveniente, ma in realtà nascondeva un potenziale narrativo senza pari. Ma ne riparleremo.
Visto che i suddetti eroi possedevano dei super poteri dalla nascita, a causa delle radiazioni, essi erano diversi dagli altri esseri umani: erano dei mutanti. Per mutante si intende un individuo che presenta un nuovo carattere ereditario. Alcuni di loro iniziarono a considerarsi lo stadio evolutivo successivo della specie umana. Perciò da questi ultimi fu coniato il nome scientifico di Homo superior (Uomo superiore), per distinguersi dagli Homo sapiens.
Lee e Kirby presentarono la loro idea al proprietario ed editore capo della Marvel, Martin Goodman. Il titolo scelto per la nuova testata fu Mutants (Mutanti), ma Goodman, convinto che nessuno sapesse il significato di questa parola, consigliò agli autori di semplificarlo in un più accattivante ed intrigante X-Men.
La X doveva richiamare i raggi X, cioè un tipo di radiazione molto nota al grande pubblico. Più tardi il tutto trovò una giustificazione anche nella storia. Nei fumetti, difatti, viene detto che gli Homo superior devono i propri poteri ad un particolare gene, ovvero sia il gene x, che causa la loro mutazione. Quindi X-Men significherebbe Uomini con il gene X.

Gli straordinari X-Men: La gestione Lee-Kirby
Ma torniamo alla storia. Stan Lee e Jack Kirby curarono la testata The X-Men fino al 1966. Durante la loro gestione la serie conobbe un primo, seppur contenuto, successo. I due, tra l’altro, introdussero molti personaggi destinati a diventare iconici e amatissimi dal pubblico. Fra questi il più grande antagonista degli X-Men, Magneto, e i temili robot ammazza-mutanti, le Sentinelle. Però la coppia creativa non sfruttò al meglio le potenzialità del gruppo, tralasciando totalmente la particolarità fondamentale di questi personaggi: la diversità.
Infatti i mutanti, essendo di fatto un’altra specie umana, erano diversi dagli altri uomini. Come ben saprete ciò che è diverso, spesso, viene temuto ed odiato. Tutto ciò, narrativamente parlando, forniva molti spunti interessanti, che però Lee e Kirby non affrontarono, se non superficialmente. La serie, tuttavia, riuscì a conquistarsi un pubblico di lettori abbastanza numeroso. I problemi iniziarono quando Lee e Kirby lasciarono The X-Men.

I primi problemi e il fallimento della serie
I loro successori non seppero né uguagliare né tanto meno superare il loro lavoro. Infatti sfornarono solo storie noiose e poco avvincenti, appiattendo completamente anche i personaggi. Ciò fece precipitare le vendite. Tuttavia bisogna dire che la colpa di questo declino non fu tutta dei nuovi autori. Effettivamente il Sorridente ed il Re (soprannome di Kirby), quando abbandonarono la testata, non avevano dato alcuna indicazione su come sarebbe dovuta proseguire la trama.
Gli straordinari X-Men, perciò, diventarono un semplicissimo gruppo supereroistico senza nulla di originale, come ce ne erano a centinaia sia in Marvel che in DC. Così, nel 1969, la Casa delle idee decise di sospendere la pubblicazione di nuove storie sul team, trasformando la testata in una sorta di ristampa seriale dei vecchi numeri della gestione Lee-Kirby.

Giant-size X-Men #1: La rinascita degli anni ’70
L’ età oscura del mondo mutante durò all’incirca cinque anni. Nel 1975, però, la Marvel, che aveva appena iniziato un’operazione di rinnovo totale, decise di rilanciare gli straordinari X-Men. I testi vennero affidati a Len Wein, mentre i disegni a Dave Cockrum.
I due rivoluzionarono completamente questo super gruppo e cambiarono per sempre la storia della serie. Nel maggio del 1975 uscì Giant-size X-Men #1, un numero speciale che si poneva l’obiettivo di riportare in auge gli eroi mutanti. Ma cosa fecero di preciso Wein e Cockrum per rinnovare la testata?
Innanzitutto tolsero i vecchi personaggi principali ad esclusione di Ciclope e del Professor X, che furono conservati anche per dare un senso di continuità all’opera. Ne aggiunsero dunque di nuovi, che portarono una ventata di originalità. Non a caso un punto debole delle storie precedenti era che i membri del gruppo fossero poco internazionali, visto che erano tutti statunitensi.
Tale aspetto cozzava con l’amore del pubblico occidentale per l’esotico, tipico della seconda metà degli anni ’60 e primi anni ’70. Pensate, per esempio, che in quel periodo iniziò a diffondersi, in tutto il globo, lo yoga. Inoltre, narrativamente, era poco plausibile che gli straordinari X-Men fossero tutti cittadini USA.
Ecco quindi che nel team super eroico furono inseriti la kenyota Ororo Munroe (Tempesta), il sovietico Piotr “Peter” Nikolaievitch Rasputin (Colosso), il tedesco Kurt Wagner (Nightcrawler), il canadese James “Logan” Howlett (Wolverine) e molti altri. Questa nuova formazione riuscì ad affascinare i lettori e, soprattutto, a far vendere moltissime copie dell’albo.

Gli straordinari X-Men: Arriva Chris Claremont!
Il successo riscosso da Giant-size X-Men #1 convinse la Marvel a riaprire la serie regolare. Len Wein, però, aveva altri piani e decise di non curare più le storie dei mutanti, perciò la sceneggiatura della testata venne affidata al venticinquenne Chris Claremont.
Lo scrittore di origine britannica lavorava alla Casa delle idee già dall’età di diciannove anni. Egli era riuscito a farsi notare, abbastanza rapidamente, grazie al suo brillante stile narrativo. Il lavoro che fece sugli X-Men fu a dir poco sbalorditivo. Tutt’ora la sua gestione della serie è considerata la migliore in assoluto.
Per prima cosa curò straordinariamente la struttura dei personaggi, rendendoli unici ed iconici. Sogni, desideri, paure, rancori, rimpianti, invidie, gelosie ed ambizioni erano tutti presenti e ben equilibrati in ciascun X-Man. Ciò è stato talmente ben fatto che, se non fosse per i poteri, tali personaggi potrebbero essere tranquillamente scambiati per persone reali.
Del resto, paradossalmente, la connotazione supereroistica del gruppo con Claremont passò decisamente in secondo piano. Non fraintendetemi, rimasero sempre un super team, con tanto di uniformi e calzamaglie sgargianti, ma sotto tanti aspetti divennero molto più seri, drammatici e realistici.

Alcuni esempi degli straordinari X-Men
Ad esempio Tempesta che possedeva poteri immensi, tanto che veniva considerata una dea nel suo villaggio d’origine in Kenya, aveva in realtà un animo molto fragile. Inoltre, poiché da piccola subì il trauma della morte di entrambi i genitori, soffriva di claustrofobia. Al tempo stesso, però, possedeva anche una forza ed un coraggio immensi che le permisero di essere la leader del gruppo.
Un altro esempio è Nightcrawler. Questi, perseguitato fin da piccolo per il suo aspetto mostruoso, voleva solamente essere accettato ed amato, come lui amava ed accettava gli altri per quello che erano. Stupendo, poi, il fatto che fosse esteticamente simile ad un demone, quando in realtà possedeva un carattere gentile e romantico ed una fede incrollabile in Dio.
Dulcis in fundo, Claremont riuscì anche a dare nuova luce ai personaggi introdotti ai tempi di Lee e Kirby, donando loro maggior spessore e complessità. Jean Grey, su tutti, fu soggetta ad una metamorfosi totale. Difatti passò dall’essere una ragazzina banale e priva di spirito al divenire un’adulta forte, orgogliosa, decisa ed indipendente. Non a caso fu proprio lei il perno della maggior parte delle storie dell’autore britannico.
Per non parlare poi del Professor X e Magneto. Il primo divenne un personaggio sempre più ambiguo ed imprevedibile, pur rimanendo la guida indiscussa degli straordinari X-Men; mentre il secondo si distaccò definitivamente dal ruolo del classico malvagio dei fumetti e si evolse in una figura controversa ed intrigante.
I nuovi personaggi, frutto del lavoro di Claremont, incantarono i lettori della testata, incrementando ancora di più le vendite e facendo accostare gli straordinari X-Men agli eroi più amati e noti della Marvel, come Hulk e Spider-Man.

Gli anni ’80 e l’avvento dei veri X-Men
Questo era ancora niente! Infatti la gestione di Chris Claremont raggiunse l’apogeo con la celeberrima Saga di Fenice Nera (The Dark Phoenix Saga), pubblicata negli Stati Uniti dal gennaio all’ottobre del 1980. Questa storia stravolse il mondo degli X-Men, trasformandoli definitivamente in un controverso gruppo di super esseri, denigrato ed odiato dalla società.
Bisogna dire che in generale nell’Universo narrativo della Marvel Comics tutti i supereroi sono sempre stati visti con diffidenza e sospetto. Per nel caso degli straordinari X-Men la diffidenza si tramuta in paura ed il sospetto in vero e proprio odio. Lo scrittore inglese affrontò e approfondì tantissimo questo aspetto.
In Giorni di un futuro passato (Days of Future Past, 1981), per esempio, si narra di un futuro distopico, dove le succitate Sentinelle hanno sterminato quasi tutti mutanti ed hanno richiuso i superstiti in dei campi di concentramento.
Sarà necessario fare un viaggio in dietro nel Tempo per cercare di impedire che l’odio e la paura degli esseri umani portino al compimento di un genocidio. Anche se alla fine del racconto non si capisce se l’impresa sia riuscita o meno.
Lo so vi starete chiedendo se tale racconto abbia ispirato Terminator (The Terminator, 1984) di James Cameron.

La risposata è no, anche se mi piace pensare che il regista canadese abbia almeno sfogliato questa storia degli X-Men. In ogni caso Giorni di un futuro passato ha avuto una notevole influenza sui successivi autori del genere fantascientifico.
Però la storia di Claremont che rese drammaticamente realistico lo scontro fra Homo sapiens e superior è certamente Dio ama, l’uomo uccide (God Loves, Man Kills, 1982). In questa saga, infatti, si può leggere di come le paure sulla possibile minaccia mutante possano raggiungere un punto di non ritorno.
Il predicatore televisivo, nonché fondamentalista e fanatico religioso, William Stryker è convinto che dietro la nascita di ogni mutante ci sia l’ombra del Demonio. Per questo fonda un gruppo armato, chiamato i Purificatori, che ha come obbiettivo l’eliminazione di quelli che lui definisce figli di Satana. I nostri protagonisti dovranno affrontare lui e l’odio di tutta la popolazione.

Gli straordinari X-Men come metafora razziale…ma non solo
Tutto questo non vi ricorda nulla? Beh a me sì: il Ku Klux Klan!
Dopo la terribile guerra di secessione (1861-1865), negli Stati Uniti meridionali si formarono una serie di organizzazioni segrete, di stampo chiaramente razzista, con l’intento di riaffermare, con la forza, la superiorità della razza bianca su quella nera, i Ku Klux Klan appunto

Si può dire che i mutanti della Marvel sono la metafora perfetta per spiegare ai giovani lettori di comics i conflitti socio-razziali. Non a caso gli X-Men, editorialmente parlando, sono nati nei primi anni sessanta, ovvero proprio quando il movimento per i diritti civili degli afroamericani stava entrando nel sua fase più delicata ed importante.
Proprio nell’estate del 1963, per la precisione il 28 agosto, Martin Luther King Jr. guidò la cosiddetta marcia su Washington, il cui obiettivo principale era l’approvazione della legge per i diritti civili che l’amministrazione Kennedy aveva proposto. Qualche settimana dopo nelle edicole uscì il primo numero di The X-Men.
Attenzione questo non vuol dire che Stan Lee e Jack Kirby pensarono fin dall’inizio alla loro creazione come mezzo mediatico per affrontare tale tema. È ovvio però che i lettori di quel periodo, specialmente i giovani, accostassero le avventure degli X-Men, eroi emarginati e temuti, a quello che stava accadendo nel mondo reale.
Fu sempre Chris Claremont ad ampliare questo concetto. Portò il super-gruppo mutante a divenire il punto di riferimento per tutti coloro che non si sentivano accettati dalla società. A partire dalla sua gestione i mutanti cominciarono ad essere più vicini ai problemi del loro pubblico.
Le persone di colore, i disabili, le vittime di bullismo, gli omosessuali e gli altri oppressi della spietata società contemporanea, si riconobbero e si riconoscono negli straordinari X-Men. Ancora oggi sono loro gli eroi di carta che più rispecchiano il desiderio di venir accettati.

Gli straordinari X-Men: Il lascito di Claremont
Torniamo però al nostro racconto. Alla fine degli anni ’80 i rapporti fra Claremont e la dirigenza Marvel si fecero più tesi. I vertici della Casa delle idee ritenevano che lo scrittore britannico avesse ormai perso lo smalto di un tempo e che fosse giunto il momento di cambiare la gestione della testata.
Così, molto a malincuore, lo sceneggiatore londinese fu costretto ad abbandonare i suoi adorati mutanti. Prima, però, ebbe il tempo di scrivere l’albo X-Men #1, pubblicato nel 1991. Esso vendette più di otto milioni di copie ed è tuttora il fumetto singolo più acquistato di sempre.
Nonostante questo grande successo, gli X-Men dovettero lo stesso dire addio al loro deus ex machina. In ogni caso il suo lavoro sulla testata rimarrà di fatto ineguagliato. Oltre a quanto detto, lo scrittore inglese è riuscito a costruire, all’interno dell’universo narrativo della Marvel Comics, un intero microcosmo riguardante esclusivamente i mutanti.

Eccelso fu specialmente il suo lavoro sulle figure femminili. Prima dell’arrivo del londinese, il gentil sesso mutante era praticamente composto solamente dalle succitate Jean Grey e Tempesta, con pochissime eccezioni. Chris, invece, creò una serie di altri personaggi femminili che, oltre ad avere un forte impatto narrativo sulle storie, riscossero un incredibile successo nel pubblico.
L’energica e coraggiosa Kitty Pride, l’imprevedibile Mistyca, la tosta Rogue, la subdola Emma Frost, la vivace Jubilee e la tenebrosa Magik sono solo alcune delle mutanti, nate dalla testa di Claremont, che con il loro fascino e la loro profondità hanno incantato ed incantano i lettori di ieri come quelli di oggi.
Gli anni ’90: esplode l’ X-Mania
Dopo la quasi ventennale gestione dell’autore di Londra, il super gruppo entrò nei trasgressivi anni ’90. L’ultimo decennio del secolo scorso fu il periodo di massima fama per gli X-Men e, più in generale, per l’intero mondo mutante. I loro fumetti, infatti, erano fra i più venduti di tutti gli Stati Uniti e non solo. Nacquero sempre più testate con protagonisti i cosiddetti figli dell’atomo.

A The Uncanny X-Men (ovvero quella principale) si unirono serie come X-Force, X-Factor, New Mutants ed Excalibur (queste due scritte già da Claremont) e tante altre ancora, che narravano le avventure dei mutanti. Dunque la notorietà degli X-Men toccò livelli altissimi, superando di gran lunga quella di altri supereroi della Marvel e, forse, anche della DC.
La popolarità del gruppo non si limitò al mondo dei comics, ma raggiunse altri media. Soprattutto quello televisivo, conquistando una fetta sempre più grande di pubblico, in special modo bambini e preadolescenti. A questo proposito, dal 1992 al 1997 venne trasmessa la serie animata X-Men (in Italia nota come Insuperabili X-Men), che ebbe un successo a dir poco incredibile ed è tuttora considerata un vero e proprio must dell’animazione occidentale.
Anche dal punto di vista narrativo il decennio 1990 fu davvero proficuo per il super-team mutante. Saghe come Attrazioni fatali (Fatal Attractions, 1993) e L’era di Apocalisse (Age of Apocalypse, 1995) affascinarono i lettori, mostrando loro colpi di scena eccezionali, grandi lotte ed universi paralleli distopici.

Gli straordinari X-Men come specchio della società
Però forse l’arco narrativo più drammatico e profondo del suddetto decennio è quello del virus Legacy; cioè una saga lunghissima che proseguì, a più riprese, dal 1993 al 2001. Questa serie di avventure parlava di un misterioso virus che, almeno inizialmente, colpiva esclusivamente i mutanti.
La storia, ideata dallo scrittore Scott Lobdel, era una metafora dell’AIDS, che a partire dalla prima metà degli anni ’80 iniziò a seminare il panico in tutto il globo. Difatti, proprio come il virtuale Legacy, anche l’AIDS in un primo momento sembrò colpire solamente un gruppo di persone, in questo caso gli omosessuali. Lobdel volle trattare tale tema, nelle principali testate degli Homo superior, per cercare di sensibilizzare i giovani su questa pericolosa malattia.
Inoltre a questa saga appartiene uno dei racconti più toccanti della storia degli X-Men, ovvero Dipartita (Going Through the Motions), pubblicata in The Uncanny X-Men #303 del 1993. Qui viene narrata, in maniera estremamente struggente, la morte di Illyana Rasputin, alias Magik. L’eroina se ne va, divorata dal virus, sotto gli sguardi affranti e impotenti del fratello Colosso, della migliore amica Kitty Pride e del resto dei suoi compagni di squadra.
Come avete potuto intuire, Lobdel con le sue storie riuscì perfettamente a riflettere i grandi cambiamenti della società occidentale alla fine del XX secolo. Allo sceneggiatore statunitense, tra l’altro, si deve anche il primo coming out della storia dei comics.
Infatti nel 1992, sulle pagine di Alpha Flight (gli straordinari X-Men del Canada), il mutante Jean-Paul Beaubier, noto come Northstar, dichiarò apertamente di essere gay. Fu qualcosa di rivoluzionario, visto che all’epoca parlare apertamente di omosessualità era ancora un tabù, specialmente in prodotti per ragazzi.
Tutto ciò dovrebbe farvi capire, ancora di più, di come gli X-Men siano personaggi di fantasia decisamente fuori dal comune. Sono di quanto più reale si possa trovare in delle pagine di un comic: riescono a ritrarre costantemente i mutamenti sociali nell’era contemporanea.

L’approdo al Cinema degli straordinari X-Men e la crisi degli anni ’90
Negli anni ’90, tuttavia, la Marvel attraverso un grande periodo di crisi. Ciò la spinse a voler cedere i diritti di alcuni dei suoi personaggi a qualche casa di produzione cinematografica. La 20th Century Fox fu quella più interessata all’affare. Pensate che la Casa delle idee fu ad un passo dal concedere i diritti di tutti i suoi personaggi alla Fox, ma quest’ultima fu categorica: o solo gli X-Men o niente.
Infatti la 20th Century Fox voleva andare a colpo sicuro, producendo un cinecomic su degli eroi amati dal grande pubblico e all’epoca non c’era nessuno più amato dei mutanti. Così dopo la fine delle trattative, il 14 luglio del 2000, nei cinema statunitensi, uscì il film X-Men, diretto dal regista Bryan Singer.

La pellicola riscosse un notevole successo, che spinse la Fox a voler produrre una serie di sequel. Vennero realizzati in totale ben tredici film sui mutanti, che costituiscono una delle saghe cinematografiche più celebri ed amate degli ultimi tempi, nonostante i suoi alti e bassi.
Il motivo principale per cui X-Men del 2000 è stato davvero importante per il Cinema è che ha dato inizio ad un nuovo genere cinematografico: quello supereroistico. Certo in passato erano già stati prodotti film sui supereroi, ma non riuscirono a conquistare gli spettatori.
L’opera di Singer, invece, fu il primo film di tale genere ad avere un grande successo. Quindi se oggi le pellicole supereroistiche godono del seguito di un pubblico numeroso, riuscendo ad incassare cifre record e vincendo anche dei premi prestigiosi, lo si deve soprattutto a X-Men.

Conclusione: perché gli straordinari X-Men sono così amati?
Siamo giunti alla fine di questo lunghissimo excursus sugli X-Men.
Possiamo dire che gli straordinari X-Men, grazie al loro fascino, hanno saputo conquistare il pubblico di tutto il globo. Il motivo è che, come detto, il super gruppo mutante è e sarà sempre vicino a tutti noi.
Gli X-Men, nonostante i loro tantissimi problemi, sono sempre pronti a lottare per il giusto ed aiutare il prossimo, anche coloro che li odiano e temono. Questo è quello che li rende così amati e popolari.
Bene il nostro viaggio termina qui. Spero che non vi siate annoiati troppo e che, ora, anche voi apprezziate questo iconico team supereroistico. Alla prossima.

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