“Non è vero. Alcuni di noi hanno grandi storie, bellissime storie ambientate su dei laghetti, piene di barche, di amici e di… ciambelle alla marinara. Certo, nessuno in questa macchina, ma per tanta gente questa è la vita: divertimento e ciambelle alla marinara. La cosa che rende tutto difficile non è che per te sia andata male. Ti fa più incazzare che per tanti altri sia andata bene”
Finalmente, dopo qualche mese, torno ad affrontare tematiche di natura prettamente psicologica, con accentuati accenni alla teoria e qualche spunto pratico per la vita di tutti i giorni.
In questi ultimi mesi, pieni di studi puramente tecnici come il DSM-5, sono incappato in un concetto a me del tutto nuovo che, ovviamente, mi ha affascinato e che sto approfondendo: la famigerata ANSIA.
L’ansia, qui cito, “è uno stato psichico di un individuo, prevalentemente cosciente, caratterizzato da una sensazione di intensa preoccupazione o paura, spesso infondata, relativa a uno stimolo ambientale specifico associato a una mancata risposta di adattamento da parte dell’organismo in una determinata situazione, che si esprime sotto forma di stress per l’individuo stesso”.
Sul “prevalentemente cosciente” ci sarebbe da approfondire un bel po’: il concetto di Insight è tanto caro alla figura dello psicologo e a quella dello psichiatra, i quali proprio nella sezione “Disturbi D’ansia” e nella sezione “Disturbo Ossessivo Compulsivo e Disturbi Correlati” ne ritagliano per ogni disturbo una categorizzazione ad HOC.
Ad esempio: DISTURBO DA DISMORFISMO CORPOREO
- con BUONO O SUFFICIENTE LIVELLO DI INSIGHT – LE CONVINZIONI DELL’INDIVIDUO PROBABILMENTE NON SONO VERE
- con SCARSO LIVELLO DI INSIGHT – LE PROPRIE CONVINZIONI PROBABILMENTE SONO VERE
- o con ASSENTE LIVELLO DI INSIGHT – ASSOLUTAMENTE SICURO CHE LE PROPRIE CONVINZIONI SIANO VERE.
Il termine “Insight” è utilizzato in psichiatria per definire quindi il grado di autoconsapevolezza della malattia presente nel paziente, ed è proprio su questo concetto di autoconsapevolezza che voglio approfondire il tema dei comportamenti compensatori.
Parlando in soldoni e partendo dalla radice lessicale, si definisce compensazione “l’atto di compensare e quindi ristabilire un equilibrio” La compensazione è quindi “ogni operazione che serva in qualche modo a bilanciare una differenza”.
Se questo concetto lo si applica sui comportamenti, è facile intuire che all’interno di questa categoria si includa qualsiasi azione, comprese anche quelle prettamente mentali, che ristabilisca un equilibrio interiore reale o percepito.
Qui di seguito ti elenco alcuni di questi comportamenti, a partire dai più comuni fino ai più bizzarri:
- mangiare frequentemente, sgranocchiare, masticare chewing gum, ma anche abbuffarsi
- giocare col telefono (Candy Crush, Ruzzle, etc) o scorrere le pagine dei Social Network (Facebook, Instagram, ma anche Flipgram o Flipboard)
- scrocchiarsi le dita
- mangiarsi le unghie
- toccare e/o manipolare anche attraverso auto-stuzzicamenti cutanei o piliferi (ad esempio auto-coccolarsi i capelli o una parte del corpo)
- accaparrarsi oggetti acquistandone di tutti i tipi o più copie dello stesso
- contare mentalmente o a bassa voce
- fare “versi” bizzarri vocali o facciali
- ridere o accennare risate fuori contesto
- muovere la mandibola durante l’eloquio o l’ascolto (più comunemente smascellare)
- ripetere le ultime parole dell’interlocutore a bassa voce
RICORDA: tutti i comportamenti sopra citati possono essere considerate vere e proprio COMPULSIONI se “l’individuo si sento obbligato a compierle in
risposta ad un’ossessione e secondo REGOLE che DEVONO ESSERE APPLICATE RIGIDAMENTE” ma che, nel caso di una persona in un normale stato di tensione o stress, sono solo delle mere azioni mentali che non dicono assolutamente niente riguardante disturbi mentali o simili e che non devono essere viste come un male o come un difetto.
Si dice che Nikola Tesla, conosciuto come uno dei più grandi inventori del 20° secolo, avesse una mente ossessiva che da un lato contribuì alla sua infallibile memoria, aumentando di molto la sua capacità di concentrarsi sui suoi esperimenti, dall’altro, fece sì che Tesla soffrisse di sintomi cronici di disturbo ossessivo compulsivo.
Ad esempio, era ossessionato dal numero 3, e prima di entrare in un edificio sentiva spesso il bisogno di camminare attorno al blocco per tre volte. Sconcertava i suoi ospiti stimando la massa di ogni pezzo di carne prima di portarlo alla bocca e contando i movimenti della sua mandibola mentre stava mangiando. Inoltre, usava sempre 18 tovaglioli e non mangiava mai da solo in compagnia di una donna.
Una volta capito il concetto di comportamento compensatorio e una volta distinto dalla compulsione legata ad un disturbo mentale, è il momento di capire quali siano i pensieri o le situazioni alla base di questa incongruenza.
Ecco qui un elenco di situazioni che quotidianamente viviamo in grado di generare “squilibrio” e quindi possibili premonitori di un comportamento compensatorio.
- ansia precedente ad un avvenimento importante o soggetto a giudizio altrui
- tensione da incapacità di risoluzione di un problema
- insoddisfazione nel compimento di un’azione che non è gradita (per esempio quando si fa un lavoro che non ci piace)
- carenza da sostanza da addiction (per esempio per i fumatori dopo che si è abbassato il livello di nicotina nel sangue) il quale comprende anche il bisogno di bere una bevanda alcolica
- confusione emotiva (quando non si riconosce l’emozione o la causa di essa) e conseguente angoscia
- sensazione o bisogno di fuggire da un contesto realmente o apparentemente nocivo o fastidioso
A questi vanno aggiunti i normali meccanismi che il nostro corpo mette in atto come necessità di soddisfare un bisogno primario
- sensazione di fame
- sensazione di sonno
- bisogno riproduttivo
Ognuno di questi esempi, e ce ne sono altri che non ho citato, sono in grado di creare uno squilibrio interiore.
Qual’è il problema? il problema è che gli obblighi sociali/comportamentali ai quali dobbiamo attenerci e i costanti impulsi visivi e auditivi ai quali siamo soggetti ci hanno allontanato dal concetto di “ascolto del proprio corpo”, così da confondere SPESSISSIMO sensazioni di angoscia o disagio dovute a cause totalmente diverse.
L’esempio più classico è una persona che ha bisogno di fumare una sigaretta, ma ha finito il pacchetto, che comincia a mangiare, scrocchiarsi le dita, mangiarsi le unghie, o viceversa una semplice sensazione di fame, dovuta ad un basso livello di una det. sostanza nel nostro corpo, che diventa immediatamente l’accensione di una sigaretta.
Oppure durante l’abituale lavoro di ufficio o durante una lezione noiosissima, mettersi a giocare col telefono per staccare da qualcosa che non è di nostro gradimento.
O ancora “giochicchiare con i capelli” dopo una giornata stressante, durante una conversazione con una persona che ti attrae fisicamente, oppure nel bel mezzo di esame universitario.
Insomma, i comportamenti compensatori sono all’ordine del giorno e non hanno alcun effetto nocivo se non diventano essi stessi causa di ulteriore disagio emotivo
Come eliminare quei comportamenti se questi non ci piacciono?
Ci sono due modi per rispondere a questa domanda, il primo pone l’attenzione sulla causa, il secondo sull’effetto.
- Se non si è consapevoli della causa si può appuntare i momenti della giornata, su un taccuino o sulla sezione Note del proprio smartphone, in cui questi comportamenti accadono così da porci sempre l’attenzione fino a che non emergeranno da sole una o più cause comuni.Una volta capito il fattore scatenante esso si può attivamente cambiare apportando delle modifiche (se questo fosse causato da un incapacità comunicativa con l’altro sesso per esempio si potrebbe chiedere consiglio ad una persona fidata che potrebbe, banalmente, suggerirti di iscriverti ad una scuola di teatro) oppure semplicemente eliminando il contesto scatenante (ad esempio cambiare lavoro!).
- Se la causa è invece una normale tensione quotidiana che non genera alcuna insoddisfazione o non vi è proprio la possibilità di cambiare o eliminare il contesto, il consiglio più banale e semplice è tenersi sempre vicina una bottiglia d’acqua e bere in ogni momento si senta una sensazione di angoscia/squilibrio.Durante questi mesi ho osservato tantissimo le persone, e quelle che hanno a portata di mano una bottiglia d’acqua (e che quindi bevono costantemente) sono quelle meno soggette a comportamenti compensatori.
Spero di non averti annoiato. In settimana usciranno altri tre articoli dove gli argomenti saranno “il rapporto con il cibo” “trovare il tempo per fare le cose che si ama” e riprenderò il concetto di “equilibrio” per aprire ad altri meravigliosi e intriganti concetti.
A prestissimo!
Niccolò Di Paolo
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