I Miserabili di Ladj Ly, film presentato al Festival di Cannes del 2019 e vincitore del Premio della giuria, si ispira senza ricalcarne la trama al romanzo storico di Victor Hugo, pubblicato nel 1862
“La liberazione non è la libertà; si esce dal carcere, ma non dalla condanna” Victor Hugo

Sono riuscito a vedere I miserabili (2019) di Ladj Ly, film presentato al Festival di Cannes dello scorso anno e vincitore del Premio della giuria.
I Miserabili di Ladj Ly (2019)
Il titolo – ovviamente – si riferisce al romanzo storico di Victor Hugo, pubblicato nel 1862, al quale il film si ispira senza ricalcarne la trama (tranne che per una citazione nel finale).
L’ultima trasposizione del 2012, diretta da Tom Hooper, si contraddistingueva per la spiccata aderenza al romanzo.
Qui invece il regista Ladj Ly ambienta il suo film nella periferia parigina pochi giorni dopo la vittoria del mondiale di calcio 2018. Qui l’euforia e i festeggiamenti si tramutano in scontro non appena l’obiettivo si sposta dalla folla in festa sugli Champs-Élysées al quartiere di Montfermeil.
Nella banlieue la polizia non ha autorità, deve trattare con i criminali locali cercando di mantenere l’ordine senza creare scandali, ma nel farlo è costretta a concedere favori e macchiarsi di colpe.

Nel film non c’è una netta distinzione tra bene e male. Tutto è camaleontico e multiforme. Il regista, facendo tesoro della sua esperienza come documentarista, è abilissimo nel proiettare sullo schermo il malumore e le tensioni degli abitanti delle zone suburbane abbandonate a se stesse.
Il sovvertimento dell’ordine sociale raccontato nel film cela involontariamente, a causa di uno ritardo nell’uscita in sala dovuto alla pandemia (da marzo al 18 maggio), un parallelismo con gli avvenimenti americani del 25 maggio 2020.

Il parallelismo tra il film e La morte di George Floyd
Infatti, seppure l’opera sia ispirata alle rivolte di Parigi del 2005, un qualsiasi spettatore che guardi I miserabili dopo il 25 Maggio vedrà nella periferia parigina le strade e i quartieri di Minneapolis. Vedrà nei volti dei giovani ribelli francesi lo sguardo rabbioso degli afroamericani, invocanti giustizia per l’assassinio di George Floyd.
Se l’uscita non fosse stata rimandata il paragone con la realtà statunitense non sarebbe stato così evidente. E forse non sarebbe emersa la recondita essenza del film. Ovvero dare forma ad un malessere, non più relegato a singole microrealtà, ma come sineddoche in grado di raffigurare, mediante un linguaggio universale, quel malcontento sociale riscontabile ovunque si annidi ingiustizia.
Dottor Giulio Nassi, critico cinematografico
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