“Proprio la capacità di utilizzare le resistenze al cambiamento a vantaggio del cambiamento stesso, distingue la psicoterapia dalle altre forme di scambio umano”. Giusti (1987)

“Per tutti i cambiamenti importanti bisogna intraprendere un salto nel buio.” William James
Le Resistenze in psicoterapia
Il percorso terapeutico non è automatico nella sua progressione e nel raggiungimento degli obiettivi. Spesso prevede arresti, riprese, regressioni, revisioni e ulteriori riprese. Queste, in gergo tecnico psicologico, sono definite resistenze.
Ciò è ordinario perché il cambiamento psicologico comporta non solo una presa di coscienza razionale, ma una modificazione profonda con dispendio di energie interne ed esterne.
In psicoterapia il terapeuta aiuta il cliente ad aiutarsi.
La persona può scegliere di intraprendere una terapia, spinta da una forte motivazione ed accorgersi poi di non avere, in realtà, nessuna volontà di cambiare.

I fattori che causano le resistenze in psicoterapia
Un’iniziale resistenza al cambiamento è qualcosa di naturale e consueto, frequentemente i pazienti si mostrano ambivalenti rispetto al loro desiderio di cambiare.ù
La resistenza al cambiamento è un fenomeno attribuibile a molteplici fattori, spesso non prevedibili. Tra i fattori principali che entrano in gioco per ostacolare il fluire del cambiamento troviamo:
- i contributi del paziente
- le caratteristiche del terapeuta
- e l’alleanza terapeutica.
Ma andiamo con ordine.

I vantaggi secondari
Alcuni pazienti, pur essendo motivati al cambiamento, preferiscono convivere con la solita e rassicurante sofferenza psicologica, evitando così di doversi avventurare nell’ignoto del processo terapeutico.
La paura di cambiare può annullare nelle persone la volontà di farlo, poiché cambiare non è facile e impone un duro lavoro.
Un’altra causa della resistenza al cambiamento riguarda la paura del paziente di perdere i “vantaggi secondari” della patologia.
In che senso?
La manifestazione stereotipata di emozioni disfunzionali, anche se dolorose, può diventare un tratto distintivo d’identità, che permette alla persona di riconoscersi e di essere riconosciuta dagli altri.
A volte i pazienti oppongono forti resistenze fino all’interruzione della terapia proprio perché non sono disposti a rinunciare ai “vantaggi” che derivano dalla loro condizione di “malati”.

Le responsabilità del terapeuta sulle resistenze del paziente
Il secondo fattore che può influenzare il processo di cambiamento riguarda le caratteristiche del terapeuta.
L’eccessiva adesione ai protocolli, la rigidità, la mancanza di autenticità e di empatia sono classificabili come errori del terapeuta che non agevolano il cambiamento.
Il terapeuta deve essere in grado di entrare in empatia col paziente, di cogliere ed accogliere le eventuali rotture.
Perché sia possibile avviare un processo di cambiamento, un buon terapeuta dovrà essere capace di comprendere, rispettare ed accogliere con empatia quanto riportato dal paziente.
Infine, ma non meno importante, è l’alleanza terapeutica.
Con essa si intende tutta quella serie di scambi tra paziente e terapeuta governati dal sistema motivazionale cooperativo e caratterizzato dall’impegno verso un obiettivo comune.
Le fratture dell’alleanza terapeutica rappresentano disaccordi sugli obiettivi della terapia, nei compiti o nelle problematiche relative al legame paziente-terapeuta, e contribuiscono alle resistenze al cambiamento.

Esistono dei modi per superare le resistenze in psicoterapia?
Quali sono i passi fondamentali del processo di cambiamento?
Per superare le resistenze non sono sufficienti le motivazioni, né i consigli altrui.
L’aspetto fondamentale è desiderare di cambiare facendo sì che tale trasformazione rinforzi la nostra identità.
Cambiare presuppone di alterare la nostra routine e il nostro mondo interiore. Semplificando, le strategie per superare le resistenze possono essere riassunte in 5 passi:
- il primo è trovare degli obiettivi attrattivi che suscitino in noi interesse e curiosità;
- una volta individuato il macro-obiettivo, dobbiamo stabilire dei micro-obiettivi concreti e chiari;
- bisogna stabilire il raggiungimento dei micro-obiettivi a breve distanza (quando la meta è posta a breve distanza, se ne possono apprezzare i primi risultati in poco tempo);
- successivamente si deve costruire una visione di ciò a cui si andrà incontro una volta concretizzato il cambiamento (visualizzare cosa si otterrà e cosa si perderà);
- in ogni processo di cambiamento si devono attuare delle trasformazioni che rinforzino la nostra identità e le nostre idee.
Ma quando arriva il fatidico momento del cambiamento, saremmo tutti pronti ad accoglierlo?
Saremmo pronti ad abbandonare i vecchi schemi e buttarci in un abisso sconosciuto?
Davvero richiediamo un cambiamento o vogliamo che sia l’altro a cambiare?
Dal mio punto di vista, probabilmente no.

Non tutti SIAMO disposti ad accogliere e intraprendere un reale cambiamento.
Non tutti riusciamo a metterci in gioco ed affidarci ad altri, ad abbandonare quegli schemi che sono stati utili fino a quel momento, ma soprattutto non tutti abbiamo gli stessi tempi per farlo. Ma sicuramente in tutti c’è la speranza che il cambiamento sia possibile, ad ognuno il suo.
Dottoressa Veronica Caroccia
Se ti interessa questo argomento ti suggerisco di leggere il mio articolo su una tecnica psicoterapeutica molto utilizzata ultimamente: l’EMDR