Elvino Gargiulo è stato un serial killer dominatore con tendenze edonistico sessuali. Sadico e molestatore di fanciulli in età pre-pubere, salì agli onori della cronaca negli anni ’90 con l’appellativo di “mostro del Quadraro”.
Prologo all’articolo su Elvino Gargiulo il mostro del Quadraro
Protetto da torride mura d’una ascosa baracca troverà castigo grazie alla confessione rubata al figlio Mario, vittima del padre e assassino a sua volta. Stiamo per entrare nella periferica Roma del Quadraro: vie, strade, incroci d’anime innocenti, martiri del nero morso d’un criminale totale.
Se il più solo, lontano lapillo d’inferno s’avesse aggrappato ai lembi di zolla terrena e giunto fino a noi, esso avrebbe il nome di Elvino Gargiulo.

Il quadraro
Quadraro, Roma. Quartiere tra la Casilina e Porta Furba. Usanze, costumi, detti di un rione spifferato come desolato e pericoloso ma dall’anima profondamente complessa. Intrecciato con un tessuto sociale intriso di resistenza e collaborazione, il Quadraro fu terreno cardine durante l’invasione nazista di Roma.
Munizioni e vettovaglie, informazioni per resistenza ed alleati nascoste tra cantine e soffitte erosero la macchina nazifascista con la lenta efficacia del sale al sole. Soldati, ingegneri e casalinghe, parroci e sbandati collaborarono con il CLN attraversando il famoso rastrellamento del “nido di vespe“. Cronache, ricordi la cui eco riverbera nell’orgoglio di chi vi risiede.



Nido di vespe
Ognuno di essi può raggiungere fino a 20.000 insetti, il Quadraro conta circa 20.460 abitanti: pura casualità. Uomini e vespe, ognuno diverso, ognuno con un compito. Quel triangolo di strade fitte ed ebbre del vociare animoso d’una Roma periferica ha nascosto, senza colpe, un immondo essere. Anima fradicia figlia della nera pece, gozzo gofio e infetto, maleodorante come umido sterco.
Sola e sommessa, relegata al triste ritornare del dolore mattutino, una vittima smarrita s’accompagnava ad esso. Sono Elvino e Mario Gargiulo, padre e figlio, uno sarà il “mostro del Quadraro”.
Elvino Gargiulo stava a Roma, in via Demetriade 10. Lui stesso costruì quel fatiscente agglomerato di mattoni in cui stipò mogli e figli a noi conosciuto come “baracca degli orrori”. Lontano dal traffico, avvolto dalle campagne indifferenti, l’uomo scolpiva una Guernica senza fuoco sui novizi corpi d’una ingenua plebe.

Elvino Gargiulo, il mostro del quadraro
Elvino Gargiulo. 68 anni. Rigattiere originario di Meta, dovette lasciare il paesello sorrentino perché dannato. Di lui, la gente, conobbe i misfatti . Atti di libidine, rapina, aggressione, ricettazione, alcuni reati dei quali l’uomo si dilettò . Nella variegata nuance spiccò l’insolito, furbesco ed arrogante reato di poligamia: sposato infatti con tre donne, vedovo di una, fu padre di un maschio e una femmina.


Da Meta a Roma
Celato nel mezzo d’un via vai incontrollabile, cercò di confondersi nella Roma capitale dal 1986. Creò, velato ai sensi, un lordo boudoir di rozze pietre, finestre cieche, porte sprangate. Un cancellaccio arrugginito separò il senno dall’errore, trattenne sospiri, lacrime e gemiti dalle carezze d’una madre. Una asfittica galera, quella dei Gargiulo, simile a quella che rinchiuse spesso il capofamiglia.
Elvino è stato padre incestuoso, violento e molestatore. Aveva abusato sessualmente dei figli e dei giovani del quartiere. Appena dodicenne, la figlia si era trovata in stato interessante perché gli interessi del genitore avevano superato il senso di accudimento paterno sfociando nell’incesto.
Osservando la condizione abitativa, era lecito pensare a una famiglia ai limiti dell’indigenza, ma Elvino non era povero, tutt’altro. Al Quadraro si diceva “aveva tanti giri”: Droga e ricettazione avevano assicurato una cospicua pensione.

Mario Gargiulo
Mario Gargiulo. 26 anni. In affido durante le carcerazioni del padre, giocattolo sessuale sottomesso ad esso quando libero. “Prestato” come bene di scambio, obbligato a sordidi sollazzi di pervertiti insoddisfatti era parte dell’economia familiare.
Una prole disgraziata quella di Elvino Gargiulo, nutriti spesso con topi e gatti morti trovati in strada. Era capitato d’udire, d’annusare un friggere macilento coperto da stridule, crudeli risate provenire da quelle mura. Bambini allevati nel tradimento, erano cresciuti contaminati da esso. Mario in particolare.
Un ragazzo, un uomo disturbato. Leso nel profondo, cela la propria omosessualità per darne sfogo lontano dal padre. Spaventato, era cresciuto nella violenza ed essa ha imparato.

Vicini, nella morte
D’una tracotante mano, magra e sporca che di grazia è priva, di rado nascono note d’un eterno Brahms. Gracchia invece quale lama sul gesso, raglia ottusa che solo urto può dare. Già ricca di stridenti arpeggi, lo sconcerto d’Elvino poteva solo peggiorare. Orchestrale fu Mario, figlio dell’abuso, vicino al padre nella violenza da lui appresa.

Luigina Giumento e Valentina Paladini
Quadraro, 1991. Luigina è una donna di 56 anni, impagliatrice di professione è romana nel midollo. Trascorre molto del suo tempo libero con la giovane nipote di 10 anni, Valentina. Per ragioni ancora oscure, comincia a frequentare la baracca dei Gargiulo quell’anno: affari sporchi probabilmente, roba di sesso.
Luigina fuma e chiacchiera, siede sul divano sfondato mentre il vecchio le propone un accordo: prostituirsi a favore del figlio Mario. Una prova di virilità, forse un sollazzo o una iniziazione. Mario deve consumare con la donna. Ma non ci riesce. Mario si blocca, come si dice “fa cilecca”. Luigina ride, lo prende in giro.
“Se non mi pagate, dico tutto a tuo padre. Gli dirò che le donne non ti piacciono.”
Questo al giovane proprio non va: soprusi, timori d’una vita giungono al culmine. Tracima, la strangola, stringe le mani attorno al suo collo fino a privarla definitivamente del respiro. Della parola. Abituato a subire ma non ad agire con violenza, si rifugia in chi del sopruso è summum magister. Suo padre. Sancisce l’eliminazione del corpo di Luigina e dei testimoni ad essa connessi.

Tocca a Valentina.
Elvino impugna una spranga che batte sulla testa della piccola fino ad ucciderla. Amputa gli arti a entrambi i cadaveri, li brucia e getta nel pozzo. Alcuni resti finiscono seppelliti nell’orto. Tutto è occultato nei pochi metri quadri di casa e cortile.
Luigina e Valentina, nonostante le ricerche della figlia e madre Maria Campili, si perdono tra sussurri e disinteresse. Svaniscono nel traffico, come un gesto della routine quotidiana.
A volte Maria interroga Elvino Gargiulo: come di ogni scomparso, se ne occuperà “Chi l’ha visto”.


Il Pelè del Quadraro
Luca Amorese è un ragazzino di 14 anni. Madre di Capo Verde, carnagione scura, è conosciuto come il “Pelè del Quadraro”. Promessa del calcio, ricorda un piccolo fenomeno brasiliano. Luca non proviene da una famiglia abbiente, anzi: nell’ultimo periodo smette di frequentare la scuola e gira vestendo capi firmati.
Acquista anche un motorino che paga in contanti; al momento del pagamento ha soldi nascosti ovunque, addirittura nei calzini. Come altri della sua età, Luca frequenta la casaccia dei Gargiulo.

La scomparsa
13 novembre 1994. Luca esce nel pomeriggio per fare un giro con il motorino. Saluta il padre, lo avverte che starà fuori per poco ma a tarda sera non è ancora rientrato. Il quartiere schizza a destra e sinistra per trovarlo. Nulla, poi arriva una lettera:
“Cara mamma, vado con un amico dove starò benone perché ha il bar e mi vuole bene.”
Nonostante il testo della lettera corrisponda alla calligrafia di Luca, quella sulla busta non gli appartiene; lo scritto è inoltre firmato “Luca Amorese”, insolito per un ragazzo di 14 anni, per una lettera inviata alla madre.
Luca non è uno scomparso qualsiasi, è il “Pelè del Quadraro, orgoglio del quartiere. L’interesse è molto più vivo rispetto alle precedenti sparizioni e le indagini arrivano subito al punto: “il nonno”, Elvino Gargiulo, è lui il MOstro del Quadraro.
Un affezionato dell’istituzione carceraria, è noto alle forze dell’odine per i reiterati crimini e quel vizietto chiacchierato. Si dice prediliga ragazzetti imberbi, di quelli appena adolescenti. Li “cura”, attira e ingolosisce con qualche proposta per avere in cambio favori sessuali. Una lunga descrizione che ben può essere abbreviata con la più efficace definizione di pedofilo.

Pedofilia
Pedofilia: dal greco παῖς (bambino) e φιλία (amicizia o affetto). Se nelle civiltà greche e spartane l’unione, in termini sessuali, tra un uomo e un giovane in età prepubere fu accettata, incentivata e ritenuta un’esperienza spirituale e pedagogica favorevole alla corretta socializzazione del ragazzo, ai nostri giorni configura un reato tra i più deprecabili. Una concezione antica, rimasta usanza nel secoli VI-V-IV a.C.
Ad oggi, è bene sottolineare che l’accezione di pedofilo è da attribuirsi a coloro i quali provino attrazione per i fanciulli. Non è necessario, per essere definiti tali, agire vere e proprie molestie.
Il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM V) definisce i seguenti criteri per la diagnosi del Disturbo pedofilico:
- Eccitazione sessuale ricorrente e intensa, manifestata attraverso fantasie, desideri o comportamenti, per un periodo di almeno sei mesi, che comportano attività sessuale con un bambino in età prepuberale o con bambini (in genere sotto i 13 anni di età);
- L’individuo ha messo in atto questi desideri sessuali, oppure i desideri o le fantasie sessuali causano marcato disagio o difficoltà interpersonali;
- L’individuo ha almeno 16 anni di età ed è di almeno 5 anni maggiore del bambino o dei bambini di cui al criterio 1.


LA reggia violata
Prima chiamano, poi gridano. Gli agenti s’appoggiano al cancello arrugginito in attesa di una sagoma cui rivolgersi. Essa appare con le sembianze d’un vecchio rozzo e malmesso che esce dal fetore nascosto di vizi inconfessabili.
A lui è mostrata tutta la documentazione che autorizza la perquisizione. Il vecchio sbraita, sghignazza, gesticola come un attore sconquassato e un po’ bevuto per distogliere l’attenzione dei gendarmi. A poco serve, perché appena oltre l’ingresso il motorino di Luca sta appoggiato al muro.
Elvino Gargiulo diviene il primo sospettato per la scomparsa del Pelè del Quadraro. Un indiziato di ferro, abile nelle parole e duro negli atteggiamenti: dichiara di essere totalmente estraneo alla vicenda. Sostiene di avere il motorino di Luca perchè proprio il ragazzo ha proposto di venderlo per 300.000 lire. Anche il figlio non ne sa niente ma diversamente dal padre è molto meno convincente. L’anello debole.


L’anello debole
Mario è un uomo di 26 anni celatamente omosessuale ed estremamente solo. Sulla base delle esigue ma decisive informazioni su di esso, le forze dell’ordine concordano una operazione sotto copertura. Uno dei loro deve spacciarsi per gay, abbordare il giovane e farlo parlare. Prevedono la necessità di un imprecisato numero di incontri, quindi una interpretazione collaudata e convincente.

Strategia vincente.
L’intimità di un divano sudicio, un po’ di calma e sicurezza fungono da lenitivo e Mario esonda in una ammissione purificatrice. Ha strangolato una donna, Luigina mentre il padre ha ucciso la nipote della vittima, Valentina. I resti, le prove, sono sotterrate nell’orto. Se l’autorità pubblica si aspettava notizie utili al ritrovamento del Pelè del Quadraro, dovrà aspettare.
Confessando l’omicidio, Mario apre le porte alla verità sul Mostro del Quadraro.

La baracca degli orrori di Elvino Gargiulo, il mostro del Quadraro
Elvino Gargiulo e Mario, alle strette, possono collaborare o essere spettatori della loro stessa débâcle. Si sventra la maledetta “baracca degli orrori”, stanze perquisite, giardino ribaltato. Più che una casa, la magione dei Gargiulo ricorda un nascondiglio per tossici o un rifugio per senzatetto : immondizia, scarti di cibo, letti sfondati e materassi adatti forse a una discarica fanno da sfondo al più insondabile degrado. L’acre odore della putrefazione permea persino i pavimenti, s’appoggia al tetto e rimbalza per ogni stanza.
Qui di seguito varie immagini scattate alla “baracca degli orrori”:






In base alle dichiarazioni del figlio, prove del misfatto sarebbero da cercare nell’area verde antistante l’abitato: smossa la terra, scavato sotto la superfice sono rinvenuti oggetti appartenuti a Valentina e Luigina. Dal pozzo riemerge un omero appartenente a una donna tra i 45 e 55 anni.
Padre e figlio sono arrestati. Con applausi e sollievo di tutto il quartiere.
Mario confessa e sottoscrive di essere l’autore dell’omicidio di Luigina Giumento. Elvino tace mentre altri parlano. Lo chiamano “il mostro del Quadraro”.



Il processo per l’omicidio di Luigina Giumento e Valentina Paladini
Iniziava nel febbraio 1997. Mario, il testimone principale e reo confesso cambiava versione, si discolpava e accusava a ritmo di salsa. Tra le numerose difficoltà incontrate dall’assassino in sede processuale, tutto il malessere e il profondo disagio mentale emergevano in quei reportage d’infanzia martoriata da incesti e vessazioni. Grazie alle sue ammissioni, nuovi testimoni si facevano avanti. Un ragazzo del quartiere dichiarava di aver subito una aggressione sessuale all’età di 9 anni.
Interrogati dal P.M., padre e figlio davano versioni contrastanti e superficiali. Elvino sosteneva una storia abbastanza inverosimile:
“Quella sera Mario e Luigina stavano facendo l’amore, e Valentina li guardava. A un certo punto la bambina è corsa da me gridando che Mario aveva ucciso la nonna: io le ho dato una manata sulla spalla e lei è caduta per terra. Poi ho bevuto del whisky e mi sono addormentato. La mattina dopo, le due donne erano sparite, ma Mario mi ha confessato che era stato tutto uno scherzo per prendermi in giro“.
Mario, invece:
“Ho trascorso la serata con Luigina che, ubriaca, voleva fare l’amore con me, ma a un certo punto mi ha chiesto un milione. Io le ho dato trecentomila lire, ma poi ci siamo addormentati tutti e due. Il mattino dopo, alle 5:30, mi sono svegliato e ho visto che Luigina non respirava più: era morta. Sono corso da mio padre ma lui, impassibile, mi ha detto di averle messo del sonnifero nel cognac la sera prima. Poi, con un coltello in mano, ha minacciato di uccidermi se avessi chiamato la Polizia“.
Continua sostenendo di essere tornato alle 10 am e aver trovato il padre nudo e ubriaco. Riferiva quindi al P.M. le parole del genitore:
“Ho dovuto ucciderla, mi ha detto mio padre, perché voleva chiamare i Carabineri. Allora l’ho cercata e l’ho trovata in giardino sotto le piante: era nuda e con una ferita alla testa. Sono sicuro che mio padre l’abbia violentata, prima di ucciderla: avrei voluto seppellirla per potere conservare almeno una prova di quello che aveva fatto, ma lui ha preso i due corpi e li ha gettati nel pozzo con vernice e legna, e li ha bruciati per tre giorni. I resti li ha chiusi in un sacco e li ha gettati nel cassonetto dei rifiuti“.
La sentenza ha condannato a 24 anni Elvino Gargiulo, il mostro del Quadraro. A Mario viene riconosciuto un vizio parziale di mente, la condanna è di 16 anni.


Il processo di Elvino Gargiulo il mostro del Quadraro e la sparizione di Luca Amorese
Vedeva come unico imputato Elvino Gargiulo accusato di sequestro di persona e atti di libidine verso le due sorelle di Luca stesso. In mancanza di un cadavere o tracce che testimoniassero aggressione o colluttazione, il processo si annunciava irto di difficoltà.
A favore della condanna, diverse prove: “casa” Gargiulo è stata l’ultima destinazione di Luca. La giaceva infatti il suo motorino. Un memoriale redatto da Mario riportava alcune parole pronunciate da Elvino:
“Dove sta Luca Amorese nessuno lo troverà”.
Intanto spuntava un’amica del mostro, contattata dal vecchio stesso. Doveva scrivere l’indirizzo di Luca su una lettera. Il cerchio si chiudeva grazie ad alcune intercettazioni ambientali. Elvino Gargiulo, il mostro del Quadraro, riferendosi a Luca sussurrava:
“Mi ha rubato a casa, mi ha rubato a casa e io l’ho mandato in pace.”
Condannato per atti di libidine ma assolto per il reato di omicidio, Elvino Gargiulo è stato infine condannato per l’omicidio di Luca Amorese a 22 anni di carcere. Non ha mai confessato. Confinato a Poggioreale è morto nel 2005 all’età di 78 anni per cause sconosciute. Quasi certamente ammazzato.
Guascone impenitente, guappo d’osteria si dilettava in racconti su le sue tante marachelle. Fanciulli approfittati, figli svezzati a latte di sorcio, trastulli alla Richard Huckle. Ha violato regole non scritte, codici di condotta. Perchè anche il carcere ha le proprie regole, tutto ha un limite.
Il vecchio ha smesso di ridere. Uscito di galera, Mario è sotto costante supervisione. Nessuno ha ancora trovato il cadavere di Luca Amorese. Qualcuno disse e ancora sostiene sia sotterrato in via del Mandrione.


Analisi criminologica di Elvino Gargiulo il mostro del Quadraro
Le rubriche “Pillole seriali” e “Delitti di provincia” sono caratterizzate da testi brevi e asciutti, non mi intratterrò quindi eccessivamente sull’analisi criminologica del caso. Causa la scarsità di informazioni riguardanti il passato familiare ed infantile di Elvino, andrò a sostenere alcuni paradigmi destinati a rimanere nel campo dell’ipotetico.
Considerati il decorso comportamentale del “mostro del Quadraro”, il periodo dell’infanzia alla pubertà (nacque nel 1927) e la localizzazione spaziale dei trascorsi adolescenziali, non mi stupirebbe trovarne una parentela composta da una numerosa famiglia contadina, diverse sorelle e un padre violento. Ne ipotizzo una genitrice sottomessa e usa al soddisfacimento dei piaceri del coniuge, derisa, spesso umiliata di fronte ai figli.
Statisticamente, coloro i quali si adoperano nelle molestie verso i minori sopportano loro stessi trascorsi da vittime di abusi sessuali, andando a tracimare in un insano e deviato percetto d’amore nel comportamento subito.
Valutazioni paritetiche sono da sottoscriversi nelle dinamiche d’agiti aggressivo-declassificanti atti a intimorire, sminuire o imporre la propria autorità. Quanto appena sostenuto è atto descrivere alcuni fenomeni tentando di far luce sul caso di specie.

Non una coppia criminale
La dinamica delittuosa contemplata da Elvino Gargiulo, il mostro del Quadraro, e il figlio Mario Gargiulo evidenzia due meccanismi criminali dissimili, inconciliabili, fattore questo indispensabile per distinguerli da una comune “coppia criminale”. I “delicta“, determinati da arbitrio individuale non congiunto, evidenziano discernimento ed operatività soggettivi. Compenetrazione ed affinità d’intenti spiccano unicamente nella fase di distruzione ed occultamento dei cadaveri.

gli omicidi di Elvino Gargiulo, il mostro del Quadraro
Mario agisce separatamente dal padre e non è incoraggiato da esso nel compimento dell’atto. Muove infatti spinto da “necessità” personale sebbene intimamente connessa alla figura paterna.
Esaminando invece circostanze che hanno portato alla morte di Valentina e Luca è possibile rilevare un modus operandi a carico di Elvino.
Nel caso di Valentina Paladino, Elvino muove perchè spinto dall’istinto di conservazione. Essa è testimone insidioso anzi pericoloso per la salvaguardia dello status del vecchio. Una sua eventuale testimonianza aprirebbe ad un mare magnum d’illeciti celati e sommersi nonchè all’omicidio della zia. E’ eliminata per ragioni molto semplici, ataviche direi, collegate alla perdita della autorità e al dominio sul territorio.

Elvino Gargiulo il mostro del Quadraro, e il “Pelè del Quadraro”: un po’ di chiarezza
Il caso di Luca Amorese resta tutt’oggi avvolto dal più cupo e doloroso dubbio. Sconosciuto resta il movente, il luogo della aggressione e occultamento del cadavere. Sconosciute sono le modalità e la dinamica dell’atto omicidiario.
Addentrarmi tra traballanti teorie sarebbe forse troppo: in base ai dati ottenuti dagli inquirenti, il movente più accreditato parrebbe la vendetta per un furto. Luca divenne come Valentina, testimone scomodo delle tante verità del Gargiulo? Un congettura questa, certamente, ma non priva di fondamento.
Il serial killer disorganizzato non presenta assoluta ripetitività nel proprio modus operandi. La nozione stessa di “disorganizzato” ammette l’assenza di pianificazione, di una vittima predeterminata o l’impiego di un’arma predefinita.
L’offender è spinto dalle pulsioni di quel momento, siano esse emotive, morali, psicologiche o sessuali anche se statisticamente permangono predilezioni riguardanti strumento, momento della aggressione o tipologia di vittima. Una rituale, ossessiva continuità nel modus operandi è invece tipica del serial killer organizzato.
Vagliando i dati in mio possesso, supportato da precedenti studi, ritengo la baracca posizione ideale alla commissione del crimine contro Luca Amorese. Pregna di supremazia, forte dei crimini già commessi: essa rispecchia l’imperium di Elvino e fornisce ad esso l’arma del delitto. Un coltello o un oggetto pesante.
Nel caso il movente sia stato il furto, l’aggressione potrebbe rassomigliare ad una esecuzione. Di spalle quindi o a seguito di una dichiarazione. Sorti identiche alle prime due vittime, avrebbe quindi incontrato il suo cadavere, fatto a pezzi e seppellito. Non è occultato nel terreno della proprietà perché piccolo e già saturo delle prime due vittime.

mario Gargiulo l’assassino, elvino Gargiulo il serial killer (Il mostro del Quadraro)
Mario non è un serial killer ma un assassino il quale compì un delitto d’impeto. Elvino Gargiulo, il mostro del Quadraro, è invece un serial killer: uccise due giovani, probabilmente con motivazioni similari e tratteggiando una vittimologia ben precisa. Ragazzi soli, legati alla strada, in età adolescenziale. Fanciulli curiosi ed appartenenti a subculture periferiche, obiettivi adeguati al soddisfacimento di perversi sollazzi del vecchio.


Elvino Gargiulo, il mostro del Quadraro: Dominatore o edonista sessuale?
Elvino Gargiulo (Gargiulo Senior) il mostro del Quadraro, è serial killer disorganizzato dalla complessa classificazione. Probabilmente dominatore, non ritengo sia esso classificabile come puro edonista sessuale. Nonostante sia un sadico, uno stupratore e goda nell’infliggere dolore al prossimo, non commette omicidi in costanza o conseguenza di comportamenti configurabili come reati sessuali. La criminogenesi denota una manifestazione del proprio potere, di tutela di uno spazio o territorio. Come da manuale:
“L’omicidio è funzionale al rafforzamento della stima che l’elemento agente esercita su di sè. Cerimonia egoriferita d’attribuzione di forza fisica e morale”.
Gli omicidi denotano una crudeltà inaudita nella fase di occultamento a causa della necessità di Elvino Gargiulo, il mostro del Quadraro, di liberarsi di ogni prova. L’atto è invece repentino, immediato, privo di particolari rituali. Un mero compito. Secondo i sospetti del figlio Mario, Elvino avrebbe stuprato la piccola Valentina prima o addirittura dopo il suo omicidio, di tale ammissione non è purtroppo possibile avere prove concrete.
Concludendo, tali valutazioni mi portano a definirlo un serial killer dominatore soggetto a parafilia di tipo pedofilico e sadico.Della baracca degli orrori restano in piedi solo pochi resti. Tutto sarà raso al suolo e l’area riqualificata.


Richard von Krafft-Ebing e la Psychopathia sexualis
Richard Freiherr von Krafft-Ebing, autore del Psychopathia sexualis, avrebbe avuto per le mani un soggetto d’incredibile complessità. Il manuale, delizia di ogni criminologo, ha carattere medico-forense e prende in esame tutta una serie di parafilie tra cui sadismo e masochismo, concentrandosi particolarmente sulla omossesualità.
Questa era infatti ancora considerata un disturbo della sfera sessuale, dal 1993 è invece definita “una variante naturale del comportamento umano”. Due anni dopo il fumettista Miguel Angel Martin disegnò un’antologia di racconti brevi a fumetti ispirato all’opera del luminare, toccando molti temi da lui affrontati o riproducendo vite di serial killer.
Fondamentale è sottolineare come l’opera vada ad elencare in modo enciclopedico quei comportamenti definiti devianti e descriva, per la prima volta in assoluto, fenomeni come il feticismo, la pedofilia, l’uranismo (arcaico sinonimo di omosessualità) coniando la locuzione “sadismo” grazie alle parole e testimonianze dei pazienti stessi. L’opera si vide collocata tra i libri proibiti dalla chiesa Cattolica che la definì pornografia camuffata da ricerca scientifica.


Fenomeno del sadismo: Influenze del marchese De Sade
Ispirato al celeberrimo Marchese Donatien-Alphonse-François de Sade, signore di Saumane, di La Coste e di Mazan, marchese e conte de Sade, von Krafft-Ebing definì il fenomeno del sadismo:
Così come un’esaltazione morbosa trapassa facilmente in uno stato maniacale di distruzione furiosa, parimenti l’esaltazione sessuale produce talvolta un violento desiderio di attenuare l’eccitazione generale con atti insensati apparentemente ostili.
Questi atti esprimono, per così dire, dei meccanismi psichici accessori. Non si tratta di una semplice eccitazione incosciente dell’innervazione muscolare (ciò che talvolta si manifesta sotto forma di convulsioni dissennate), ma di una vera esagerazione volontaria che genera un potente effetto che si ripercuote sull’individuo che ha causato l’eccitazione (l’oggetto del desiderio).
La ripercussione più efficace è, a questo fine, quello di causare all’individuo in questione una sensazione dolorosa. Partendo da questi casi in cui, al culmine della passione voluttuosa, l’individuo cerca di causare dolore all’oggetto amato, si arriva a quelli in cui si sperimentano seri abusi, ferite e persino assassinio della vittima. Tale definizione è datata 1886.

Conclusioni all’articolo su Elvino Gargiulo, il mostro del Quadraro
Il mostro non esiste. Esistono uomini che compiono scelte sbagliate: un “perché” a tali scelte vi è sempre. Il mostro non è “uomo”, è altro. Lo chiamiamo così perché speriamo di allontanarlo dall’umanità, di relegarlo allo statisticamente improbabile o al dilagare della follia. Come un morbo. Esso esiste nel fantastico, nella trama di un romanzo, nei fotogrammi di un film. La realtà ha uomini, solo, tutti uomini e donne.
Asfittica pace di silenti mura e dolenti tocchi, mutano il figlio d’incesto in odio. Padre, padre mio. Maledetto tu sia quanto lo sentire muto del grido stanco ch’io solo potei udire. Morte hai dato e morte hai avuto.
Dott. Matti Curti, criminologo
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