Monografie seriali: Leonarda Cianciulli – 13 piccole bare bianche in un Viaggio Esoterico tra Maledizioni e Riti Magici

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Leonarda Cianciulli, conosciuta come “la saponificatrice di Correggio” è una figura oscura nella storia criminale italiana. Durante gli anni ’40, ha commesso una serie di omicidi che hanno sconvolto l’opinione pubblica.

La sua storia è un mix di superstizione, rituali macabri e follia omicida. In questo articolo, esplorerò gli eventi che hanno portato Leonarda a diventare un’assassina spietata, svelando i dettagli scioccanti dei suoi crimini e cercando di comprendere le motivazioni che l’hanno spinta a compiere atti così orribili.

Leonarda Vincenza Giuseppa Cianciulli: serial killer di tipo visionario ed edonista per profitto

Leonarda Vincenza Giuseppa Cianciulli presenta caratteristiche appartenenti tanto al serial killer visionario che all’edonista per profitto. Famigerata gorgone dalla risoluta determinatezza e senno incerto, ricorda un mostro della mitologia classica: Nardina uccise, smembrò e sciolse nella soda caustica tre ignare “amiche” dopo lusinghiere menzogne d’un radioso amore. L’assassina si celò nel corpo di una donna sconvolta e invecchiata sul tramonto di 13 bare bianche. Un viaggio esoterico fatto di maledizioni, riti, credenze, magheggi mantecati con un “quanto basta” di follia: d’essa tutto ci giunse grazie alle sue stesse parole, vergate a mano libera su un memoriale intitolato “Memorie d’una anima amareggiata”.

Prima d’iniziar vanno messi a letto i piccoli, accese le luci ed esser lesti a immergersi in fatti lontani, detti, anatemi e nomignoli tra pozioni e calderoni d’una strega d’altri tempi. Pare una fiaba ma fiaba non è: questa è la vita della Cianciulli.

Nata “forse” da uno stupro

Cominciò lontana, la storia della Leonarda: primavera 1894, 18 aprile. Nacque da Serafina Marano e Mariano Cianciulli a Montella, provincia di Avellino. Forse fu il frutto dello stupro perpetrato da Salvatore Di Nolfi, primo marito della Marano “grazie” alla pratica del matrimonio riparatore. Tanti “forse”, dicerie, maldicenze trarranno in inganno nella narrazione della sua vita.

Trascorse un’infanzia normale da lei però descritta come terribile e angosciante. Incerti episodi di epilessia si affiancarono a un documentato disturbo di personalità istrionico: menzogna, protagonismo, teatralità sono solo alcune caratteristiche. Assieme ad esso sviluppò quello che in psichiatria è definito “pensiero magico”. Una insana attitudine a demandare ogni accadimento, o gran parte di essi, a qualcosa di magico.

Leonarda Cianciulli, giovane prostituta

Centrale fu Serafina, la dolce madre, che l’avviò alla prostituzione all’età di 14 anni appropriandosi dei proventi del meretricio. Tra i tanti “forse” tale è fatto certo perché documentato da denuncia.

Serafina Marano, madre di Leonarda

L’approccio alla delinquenza si ebbe dal 1912 quando diciottenne prese una denuncia per furto; nel 1919 una per minaccia a mano armata. Precocemente concupita dal frizzicore provocato dal celere guadagno sperimentò, divenendone maestra, l’arte affabulatoria della truffa. Propensioni criminali queste che si manifestarono ben prima della fase “traumatica” che ora vengo a descrivere.

La maledizione di leonarda Cianciulli

Il cupo manto di una impredicibile sciagura punteggiò lento, quasi sgorgasse da un pennello di Seurat, quella Shangri La descritta nel primo passo del memoriale:

“Aprile, il mese dal dolce nome, pieno di trilli di uccelli e fremiti di foglie e di risatine di polli, rifuggiva nel cielo sereno. Tutta fresca, verde, vibrante, strabiliante di soavi profumi, la bella campagna irpina si svegliava dopo l’inverno”.

Georges Seurat, Un bagno ad Asnières

L’amore, sciagurato amore, fece il suo ingresso. Ebbe il viso di un impiegato delle poste: quello di Giuseppe Pansardi. Tutto cambiò. Rapì il cuore di Leonarda, sposa ormai promessa ad un cugino. Terribile onta, vergogna, sacrilegio e nel 1917, a 23 anni, essa lo sposò. Svilita, deturpata nell’orgoglio, erosa d’odio la buona Serafina maledisse Leonarda nel giorno del bianco “sì”:

“ti mariterai, avrai figliolanza, ma tutti moriranno i figli tuoi”

E così accadde…

Come un cane affamato dell’altrui carne mira bavoso la morente preda conquistata, è fatta carne trita della buona sorte di Leonarda dalla donna che di stupro fece amor. Più vittime fecero gli arcani guazzabugli degli incastri sociali di peste e lebbra.

Fuori la guerra. La disfatta a Caporetto. Trincee, armi chimiche. Bandiere rosse in terra di Zar, Stati Uniti all’assalto dell’alleanza. Il kaiser resisteva, l’impero traballava.  Un mondo in lutto, un’apocalisse che Leonarda visse in modo molto più drammatico.

13 piccole bare bianche

Tredici gravidanze di cui tre aborti spontanei e dieci morti in culla: una interminabile sequenza di lutti e dolore che portò a tredici croci e minuscole bare bianche. Inutile sottolineare quanto tutto ciò influì su una mente già incrinata, soggetta al vilipendio, attratta dal sotterfugio.

La maga predice il futuro

Sconvolta e trafitta, Leonarda si rivolse a una “maga”, una gitana cui devolvette l’arcano di scacciare la mala sorte. Predisse carcere, manicomio, la morte dei figli in guerra. Ma quali figli?

Leonarda sarebbe stata madre ma avrebbe nuovamente perso l’amore da lei covato nel prossimo abisso dell’umanità. La seconda guerra mondiale.

“Una vita per una vita”, come nei miti greci, nei classici più tragici.

“UNA VITA PER UNA VITA”

Sentenziò la gitana. Perché i figli non morissero in guerra, Leonarda avrebbe dovuto sacrificare altre vite in vece ai figli. Una sostituzione, perché la morte bramava un’anima.

Convinta e indaffarata, parsi vedere un pancione. Che gioia il primo figlio! Poi un altro e altri due. Secondo i calcoli, Leonarda rimase in stato interessante per un totale di 20 anni con brevissime pause tra una gravidanza e l’altra. Una incredibile fertilità accostata a una drammatica fragilità.

Tanto fu l’impegno della donna (e del marito, che di energie ne aveva messe!) che i Pansardi furono i sei.

Lauria e Lacedonia: Norina imperversa

Prima dell’arrivo a Correggio, teatro dei crimini, transitarono per Lauria e Lacedonia, cittadine non assenti dal dialetto criminale dell’istriona. Rinomata donna dai facili costumi, impulsiva, dedita alla millanteria e alla truffa, nel 1927 subì una condanna a dieci mesi di carcere per truffa continuata. Il patrocinatore, non del tutto uno sprovveduto, tentò invano l’espediente del vizio parziale di mente.

Lenoarda Cianciulli: Il trasferimento a Correggio

Il trasferimento a Correggio avvenne nel 1930. Leonarda è qui ricordata come donna gioviale, socievole e conosciuta. Prodiga di consigli, ricama stoffe e cucina ottimi biscotti. Legge le carte tra i fornelli e un calderone. In tanti conoscevano i Pansardi, inquilini del terzo piano di via Cavour n. 11.

Ingresso del palazzo di casa Pansardi, via Cavour n.11

Giuseppe, Bernardo, Biagio e Norma. Madre, madre finalmente. Per tutti un amore sconfinato. Soprattutto per Peppino, il primo adorato figlio. Il principe, cavaliere dal fine intelletto e avvenenza che ruppe la maledizione. Nel 1939, Peppino ha 20 anni: bello e studioso, si sposta dall’Emilia e studia a Milano.

Idillio d’una mente corrotta, fragile e garrulo quanto un primo vagito. La cartolina per la chiamata alle armi fu posta sotto la porta di casa Pansardi. Il terrore dilagò.

Giuseppe Pansardi, detto Peppino

Ermelinda Faustina Setti, LA PRIMA VITTIMA DI LEONARDA CIANCIULLI

18 dicembre 1939: Ermelinda Faustina Setti, detta la Rabitti, ha 73 anni. Frequenta assiduamente casa Pansardi e quella mattina si sta recando proprio là. Saluta Leonarda e parte, va a sposarsi con un ricco vedovo. Ha già venduto tutto: casa, mobile, vestiti e biancheria; ci ha pensato la cara amica. Si lascia alle spalle una nebbiolina fina ed entra al numero 11 di Corso Cavour, Palazzo Foglia. Si reca al terzo piano.

Tinello di casa Pansardi

La Rabitti è la prima. Leonarda osserva da tergo minacciosa ma incerta, mentre Faustina siede nel soggiorno. Un martello è bell’è pronto tra i fornelli e il colpo arriva secco. La uccide.

L’incredibile dinamica

Recide la carne sul cavo popliteo. Un grossolano taglio da cui sgorgò sangue a fiotti raccolto da una pentola. Quel sangue è indispensabile: salvifica ambrosia necessaria a proteggerne i figli. Come spiegherà a carte svelate, un antico rito voleva infatti che quel sangue li preservasse dalla morte.

Lo scroscio imbratta tutto e lei pulisce da brava casalinga. Giuliva e sorridente, Leonarda va dal droghiere: “vorrei della soda caustica, allume di rocca e pece greca. Voglio farci del sapone”.

Armi e arnesi usati dalla Cianciulli

 In nove pezzi fece il corpo, sciogliendone buona parte nel preparato ottenuto e distruggendolo tramite saponificazione. I residui giù, nel pozzo nero. Casalinga di lunga data, è abile nell’arte dolciaria. Impasta ad arte il sangue della vittima per farne biscotti. Un petit dejeuner per i figli.

“Una vita per una vita”. Peppino era salvo. E i Pansadi ottennero un bel gruzzolo.

Le tre vittime di Leonarda Cianciulli

Francesca Clementina Soavi e Virginia Cacioppo

5 settembre 1940: Francesca Clementina Soavi, detta Clementina, ha 55 anni. Fa la maestra ma sta per cambiare vita. Vende tutto. La Cianciulli le ha trovato un posto come istitutrice in un collegio privato. Anch’essa si reca al terzo piano di Corso Cavour n.11 per poi sparire.

30 novembre 1940. Virginia Cacioppo ha 59 anni. Non è una donna qualunque: abbiente e conosciuta, è un famoso soprano diretta addirittura da Toscanini. Stessa solfa, stesso destino. Questa volta la vittima è troppo in vista.

Albertina Fanti, cugina della vittima, sentì puzza di bruciato. Un anno dopo puntò il dito proprio contro la Ciancuilli di fronte ai Carabinieri di Correggio. Non solo: fece notare come alcuni titoli di Stato appartenenti alla scomparsa si fossero volatilizzati. Valevano ben 3500 Lire.

la gente mormora

Correggio è piccola e come si suole dire “la gente mormora”: tre donne, tra l’inverno del ’39 e l’autunno del ’40 di fatto fecero perdere le loro tracce. Tutte raccontarono del futuro radioso preparato per esse dalla gioviale Cianciulli inasprendo sospetti appena sussurrati.

 “Qui prodest”? A chi giova il delitto. Questo il filo conduttore che ancora e sempre deve guidare un assiduo lavoro d’indagine. Accanto ad esso è bene ricordare di…..seguire il danaro!

L’arresto di Leonarda Cianciulli

Leonarda fu ciarliera, impulsiva, una paesana conosciuta e subito s’avvenne del chiacchiericcio viperino. Allora mostrò prove, cartoline da Piacenza della Clementina. Ne ebbe per tutti, sbraitò sulle vie, rimproverò i passanti e dette nell’occhio. Fece tanto trambusto da essere fermata dai Carabinieri e spedita al San Tommaso, carcere di Reggio Emilia. Ormai sull’attenti, le divise la interrogarono:

“Il signor commissario mi chiese dov’era Virginia Cacioppo, dov’era Fausina Setti e dov’era Clementina Soavi. Se lo sapessi glielo direi senz’altro, risposi. Ma io non so proprio dove sono. Mi ero appena seduta quando un poliziotto dilettante, un rosso, mi si accostò e mi sussurrò all’orecchio: sai io so tutto. Hai 22 ore per rifletterci, affida a me la tua confessione. Credo che una stridula risata mi venne spontanea e risposi: ebbene, me le ho mangiate le mie amiche. Se vuole essere mangiato anche lei sono pronto a divorarlo.”

Increduli ma scossi, i fautori dell’ordine batterono la pista scompigliando la vita dei Pansardi. Agli arresti finì Nella Barigazzi, domestica della Cianciulli: ritrovati a casa sua indumenti e valigia della Cacioppo. Erano passati prima per le mani del buon Peppino per sistemarli di misura.

La più famosa immagine della Cianciulli

Lenoarda Cianciulli: seguire i soldi

Seguire i soldi: un preticello, Don qualcosa fu beccato con quei buoni spariti alla Cacioppo. Ma lui non c’entrò nulla, fu a sua volta precettato da Abelardo Spinelli assoldato da Lenoarda Cianciulli. Vi furono infine sospetti sufficienti per fermare anche il Peppino.

Madre e figlio a processo

Non toccate peppino

Non toccate i figli. Leonarda confessò:

“ho fatto tutto da sola, le ho uccise io!”

 6 giugno 1941. Perquisizione di casa Pansardi. Dal pozzo nero sono rinvenuti tra rimasugli vari, un pezzo di cranio e una dentiera ricondotta alla Setti.

Leonarda Cianciulli durante la perizia del dott. Saporito
Leonarda Cianciulli durante la perizia del dott. Saporito

Leonarda tentò il suicidio. Vaneggiamenti ed elucubrazioni sbraitate, suggeriscono la perizia psichiatrica: la gitana ci aveva preso. Tradotta nel manicomio criminale di Aversa, il professor Saporito, luminare dell’epoca, ebbe il compito di trarre conclusioni circa la salute mentale della reo confessa. Affezionato alle teorie lombrosiane, praticò un approccio ben differente da quello determinista.

“Sono stati i libri classici: Omero, Virgilio, la Bibbia o per meglio dire il nuovo testamento” disse al luminare. E’ da loro che appresi come dovevo fare per salvare i miei figli da morte sicura. Sì, perché sui miei figli grava un destino crudele. Essi devono morire in guerra”.

IL MEMORIALE di Leonarda Cianciulli

Saporito consigliò quindi la redazione di un memoriale, un intimo lascito che svelasse l’inspiegabile. Un racconto lungo 800 pagine che molto spiegò. Leonarda è turgida e melodrammatica, talvolta melodica e incantata, menzoniera e pindarica.

Seduto placido, m’immagino Saporito sorbirsi l’intera dinamica delittuosa: colpi e mazzate, mungitura del sangue, smembramento con seghe e attrezzi vari, bollitura nel calderone a 300°, pasticcini ed ignare abbuffate. Un lavorio arduo e snervante per una donna che, nonostante la tempra di ben 13 gravidanze, dovrebbe avere le braccia e muscoli che Mussolini tanto proclamava come segno di virilità assoluta.

Bimestruazione

Tra le parole del racconto, Leonarda riportò una nuova incredibile circostanza: al termine del menarca, essa era solita vomitare sangue. Qualcosa che dai piedi pulsa, si fa largo con fremiti improvvisi e risale fino alla gola spurgando infine dalla bocca.  “Bimestruazione”, fu definito. Fenomeno non unico dovuto probabilmente all’incredibile fertilità della donna.

Saporito riconobbe in Leonarda una donna totalmente inferma di mente, affetta di psicosi e isterismo, dal comportamento chiaramente istrionico, mentitrice, sconvolta da aborti e decessi.

“Tronfia, ipertrofica, elefantiasi della maternità”.

Quel processo e l’abbraccio  

12 giugno 1946: parte il processo e si srotolano, come fossero note stonate, le condanne precedenti. Una truffaldina arraffona! Nessuno credette alla perizia del Saporito che, al soldo dal tribunale, la definì affetta da una totale infermità mentale dovuto a psicosi-isterica.

Un'immagine della deposizione di Leonarda Cianciulli durante il processo
Un’immagine della deposizione durante il processo

Voci totalmente infondate raccontano di come la donna, al fine di scagionare Peppino, abbia smembrato con seghe e martelli un cadavere in 12 minuti sul tavolo grigio dell’obitorio. Leggende.

20 luglio 1946: Leonarda Cianciulli fu condannata a 30 anni per omicidio, vilipendio e occultamento di cadavere, cannibalismo. Riconosciuta semi-inferma di mente scampò all’ergastolo: la condanna previde inoltre 3 anni d’internamento presso un manicomio criminale.

Una delle ultime fasi del processo

Leonarda Cianciulli non giungerà mai al carcere. Trascorrerà 33 anni, il resto della sua vita, nel manicomio di Aversa. Peppino risulterà estraneo da tutta la vicenda. Celebre fu l’abbraccio, ritratto in una intesa fotografia, tra madre e figlio.

Un grido liberatore:

“Dio sia benedetto, viva la legge! Popolo di Reggio perdonami perché io ti perdono”.

Il celebre abbraccio alla lettura della sentenza

L’urlo finale della protagonista chiuse il processo, una rappresentazione priva d’attori e applausi.

Giunta al termine è la vicenda della “saponificatrice di Correggio” che tentò, non riuscendo, ad assemblare profumate carnose saponette. Distrusse invece corpi inermi con soda caustica e pece greca.

peppino, il complice di Leonarda Cianciulli

Leonarda Cianciulli, poco fu avvezza a tali artifizi delle chimica, nulla avea studiato se non le arti amatorie, gestatorie e della buona cucina apprese negli anni. Mica avea braccia da Maciste! Era piccola e un po’ impacciata, molto sveglia negli affari e capace di farla sotto il naso anche giudice più esperto. Ma non era nè sportiva né laureata. Chi aveva allora queste doti? Forza, intelligenza, una buona dose di cultura? Peppino! Che studiava a Milano e viaggiava con grosse valige.

Nella Barigazzi, 70 anni dopo

Che i Pansardi nulla sapessero di tutto quel trambusto era difficile. Dovettero passare 70 anni perché la verità venisse a galla: fu proprio Nella Barigazzi, all’epoca adolescente a rivelare che il buon Peppino usciva ogni giorno con una grossa valigia, sempre la stessa e dei canovacci belli gonfi.

Nella, un giorno, aprì quella valigia: grondante di sangue, maleodorante, coperta di resti di carne e pelle. Peppino ne uscì salvo, vivo e innocente. Leonarda aveva salvato i suoi figli. Tutti.

La stanza di Nella Barigazzi all’epoca della perquisizione

La morte in manicomio

Leonarda Cianciulli morì per un ictus il 15 settembre 1970 nel manicomio di Aversa, rinominato poco dopo Ospedale psichiatrico giudiziario Filippo Saporito. Credeva ancora sarebbe uscita da quel posto. Faceva biscotti e dolcetti favolosi che offriva sempre a tutti ma nessuno osava toccare.

Il dottor Filippo Saporito

I Pansardi si trasferirono tutti a Genova, Peppino aprirà là il suo studio privato da ingegnere. Quella famiglia è oggi interamente estinta.

Protagonista, un’ultima volta

Poco prima della sua morte venne ripresa in un celebre documentario che ritraeva la vita all’interno del manicomio d’Aversa. Tra i tanti internati spiccò la celeberrima Leonarda Cianciulli:

“Ah cari miei, se anche a voi moriranno 13 figli, non solo faresti ciò che ho fatto io, una madre solo può comprendermi, la legge mai. Forse la scienza mi ha compreso.”

Analisi criminologica di Leonarda Cianciulli

Leonarda Cianciulli fu una serial killer visionaria organizzata per profitto. Non sempre l’omicida seriale si rispecchia perfettamente in una categoria ben specifica: così come definii Donato Bilancia un “edonista dominatore” nella Norina rintraccio caratteristiche tipiche sia del serial killer edonista per profitto che del visionario.

Vediamoli nel dettaglio: il visionario (Roberto Succo) è mosso dalle “voci nella testa”, un soggetto deturpato da gravi turbe mentali che schizofrenia o psicosi. L’edonista per profitto persegue il benessere economico tramite  l’omicidio in serie: due tipologie incredibilmente differenti. Tanto si disse del soggetto in questione, tanta l’attrazione per la costante esoterica, la chiromanzia, i credo popolari che si tralascia la dinamica criminale agita: un elaborato progetto atto ad appropriarsi di beni e denaro delle vittime preesiste al salvifico intento di salvare i figli da ipotetica morte certa. I precedenti della Cianciulli presentano una innata truffatrice evoluta in abilissima assassina. Come già riportato dal sottoscritto, il delinquente affina la tecnica per un risultato più apprezzabile.

La Cianciulli durante la permanenza ad Aversa

Quale prodromo d’una moderna Wanna Marchi, Leonarda lavorò le vittime ai fianchi. Un impasto lento e ben lievitato fatto di fiducia e intimità che rese possibile trasferire ad essa immobili e denaro. Inutile per Leonarda sostenere di aver ucciso quasi senza pensarci o unicamente per paura della morte dei figli. La partenza era prossima, le donne assolutamente convinte: dovevano sparire. Come avrebbe fatto altrimenti?

Coesistono in essa un radicato e reiterato ricorso alla truffa ben coordinato e sostenuto da un disturbo istrionico di personalità il cui percorso è avallato, quasi coordinato, alla psicosi costruita attorno alla supposta inevitabile dipartita della progenie.

Sarebbe totalmente errato discostare lo sguardo da quello che fu il substrato culturale e lo stato mentale della donna. Tutto il suo agito è certamente sostenuto da tutto un marasma d’ignoranza e subcultura: Leonarda era certa che i figli sarebbero potuti morire, impossibile per lei tralasciare la dipartita di tredici figli e che il fatto non fosse dipeso dalla maledizione.

Accanto ad una donna così risoluta e abile, giaceva una madre franta e spaventata, facilmente influenzabile e disposta a tutto pur di credere ad una via d’uscita.

Ecco quindi coesistere la Leonarda visionaria, che non sente alcuna voce ma è sconvolta dalla psicosi di una maledizione e s’affida ad antichi rituali. E la Leonarda arraffona che svia le indagini, connive con il figlio, distrugge l’intera famiglia.

Lenoarda Cianciulli: serial killer italiana dal profilo particolare

Qualcosa stona, o forse rileva, in tutto questo ben di Dio criminologico. Il serial killer visionario raramente, o per meglio dire mai, risulta essere organizzato. Distaccato dal contesto sociale, privo di una occupazione stabile, senza mezzi propri, spesso trasandato, abita con i genitori o è privo di legami matrimoniali. Un soggetto incostante, tratto e attratto da pulsioni del momento che segue paure o credenze profonde.

L’edonista per profitto è invece statisticamente più tendente ad essere un seriale organizzato: inserito nel contesto sociale, con famiglia, indipendente.

Leonarda pare uscita dal suo stesso calderone: casalinga, basso reddito, poco scolarizzata (le 800 pagine del memoriale sono state quasi certamente rimaneggiate degli avvocati difensori), con famiglia numerosa e ben inserita nel contesto sociale.

Un momento di confronto tra Leonarda Cianciulli con il dott. Saporito
Un momento di confronto tra Leonarda Cianciulli con il dott. Saporito

Leonarda Cianciulli: I tempi cambiano

Mi preme sottolineare che la vicenda narrata appartiene ad una persona vissuta nel 1945, epoca in cui i nostri attuali canoni criminologici andrebbero parzialmente rivisti. Scolarizzazione, socializzazione, inserimento nel tessuto sociale o indipendenza dalla famiglia di origine andrebbero adattati ad un’epoca dai valori molto differenti.

Tutto il “mito” relativo alla Cianciulli deriva da questo tanto feroce quanto impassibile modus operandi: la casalinga ridanciana che smembra, discioglie le amiche e ne fa dolcetti per salvare la vita dei figli in guerra.

Il Modus operandi di Lenoarda Cianciulli:

Dal M.O. traggo evidenti conclusioni: opera e agisce nella propria abitazione rimanendo ancorata ad una costante quotidianità. La vittimologia denota preferenza per donne sole, dal profilo economico solido, in cerca di un futuro migliore. Ghiotte vittime per un qualsiasi truffatore.

Il calderone usato per la saponificazione nella sua usuale collocazione in cucina

Colpisce tramite “armi” d’uso comune, giornaliero per l’epoca, che conosce bene e reperisce tra scaffali e cassetti. Martello, ascia e attrezzi quasi medievali più adatti a massacrare il nemico sul campo di battaglia. Proprio l’evidente brutalità può mostrare una differente interpretazione: non sa uccidere e imita pratiche applicate agli animali che cucina, magari vittime della caccia di amici del marito. Leonarda però vuole uccidere e lo fa con violenza inaudita, risoluta fino al midollo, prepara il terreno per sviare le indagini: la propensione alla violenza, il carattere iracondo, la mancanza di valori morali sono quanto mai ridotti così come rivelato dalle svariate denunce.

Teca dedicata all’assassina presso il museo criminologico di Roma

“Smaltisce” i cadaveri con pizzichi di esoterismo e buone dosi di razionalità: ne usa una parte per scopi mistico-divinatori mentre si disfa del resto con tecniche che ne avrebbero reso impossibile l’individuazione se non tramite una sua confessione. Saremmo qua di fronte a una casalinga qualunque?

Ha ucciso per amore di madre? Così risoluta perché fortemente motivata? Forse sì. D’altra parte nutrì la progenie con biscottini al sangue. Si identificò infatti nella dea Teti: essa protesse i figli immergendoli proprio nel sangue. Nardina fu un impasto di tragedia, lutto, dissennatezza e delinquenza, una crostata di lucida incalcolabile marmellata di follia. Tutto di lei crea interesse e scompiglio, fa spalancare gli occhi e rabbrividire. Una madre, una assassina.

Vide la notte scendere sul dì d’amore che il senno insano portò seco. Nulla, nulla fu e tutto sparì, che l’orrore prese piede e travolse il giusto.


La breve dichiarazione di Leonarda Cianciulli presso il manicomio criminale di Aversa

Dott. Matti Curti, criminologo

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