Monografie Seriali – Ludwig: l’organizzazione criminale neonazista fondata da Abel e Furlan, serial killer missionari

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Ludwig fu un’organizzazione criminale a stampo neonazista fondata, composta e determinata da Wolfgang Abel e Marco Furlan.

Un duo, un singolo, un’entità astratta: s’accanì su omosessuali, senzatetto, fraticelli confusi nella fede.

Divampò laddove il sollazzo sfogò l’umano istinto alla tentazione. Classificabili come serial killer organizzati e missionari, Abel e Furlan vestirono tonache d’inquisitori seguaci d’un credo deviato. Stragi e attentati li posero infine tra i “mass murder” – assassini di massa.

“La nostra fede è nazismo, la nostra giustizia è morte, la nostra democrazia è sterminio”.

Introduzione all’articolo su Ludwig: il nome della coppia di serial killer Abel e Furlan

In questo articolo, analizzeremo la storia di Abel e Furlan, partendo dalle loro famiglie d’origine, passando per la loro adolescenza e la loro amicizia, fino a giungere ai primi passi dell’organizzazione criminale che hanno creato.

Esploreremo anche la loro ideologia e il loro modus operandi, cercando di comprendere cosa ha spinto questi due giovani ad abbracciare una visione tanto violenta e estremista.

Wolfgang Abel

Ludwig – WOLFGANG ABEL E MARCO FURLAN, DUE RAGAZZI DI BUONA FAMIGLIA

Wolfgang Abel

Wolfgang Abel nacque a Monaco di Baviera il 25 marzo 1959.

Rampollo di buona famiglia, è figlio dell’amministratore delegato di una compagnia assicurativa tedesca. Trasferitisi in provincia di Verona, a Negrar, Wolfgang era il secondo di tre figli: un bel ragazzo biondo, spiritoso e alla mano.

Da socievole e brillante divenne cupo e ombroso dopo la tragica perdita della sorellina Sabine, morta tra le sue braccia a 11 anni. Un trauma che sciolse, corrose ogni certezza acquisita: il ragazzo si rifugiò in una malsana ossessione per la morte.

Crocefissi e simboli sacri invasero quelle pareti un tempo tappezzate di poster da adolescente; un vecchio baule mutò in funesto sarcofago.

Dal riso arrivò il buio e il dolore si fece simulacro. Famiglia in lutto, un dolore incolmabile e forse solitudine, portarono il giovane a tramortirsi di filosofia e vaneggiamenti, maturando già ora i primi sintomi di schizofrenia paranoide.

Alunno modello del Liceo Girolamo Fracastoro, il Fracca, conoscerà un nuovo compagno di classe nell’anno 1975/76: Marco Furlan. Quello fu l’inizio di tutto. L’inzio di un nuovo lutto.

Marco Furlan

Marco Furlan, nato a Padova il 16 gennaio 1956. Figlio di Silvano Furlan, primario del Centro grandi ustioni di Verona e una madre religiosissima. 

Neanche a dirlo, un ragazzo di buona famiglia. Si trasferì a Verona nel 1975 per incontrare casualmente quel bel ragazzo geniale e scostante di Abel. Una coppia di bellocci mica da ridere: osservati di sottecchi da ragazzine sognanti, faranno coppia fissa tanto da far nascere il sospetto della omosessualità.

Non si rilevano particolari sconcertanti nel passato di Furlan: un carattere risoluto e calcolatore, probabilmente necessitante di figure di riferimento simili a lui. Forse solo.

I due strinsero subito amicizia, mantenendo rapporti stretti anche al termine del liceo. Wolfgang si laureerà in matematica, mentre Furlan sfiorerà quella in fisica. Due secchioni, ragazzi dotatissimi, i migliori della classe.

Poi, un giorno senza preavviso, Ludwig prese vita.

Abel e furlan: i primi passi di Ludwig

Mai iscritti ad alcun partito, nemmeno parteciparono a incontri, comizi o manifestazioni di estrema destra nonostante le note propensioni. Gli anni erano quelli di piombo, della lotta di classe, dei rossi contro i neri: influenze e ideologie che certamente influirono nelle rispettive crescite personali.

L’agire di Ludwig si sostenne su principi dissimili ma paritetici a quelli espressi nel Mein Kampf. La mia battaglia: Hitler trasmise l’immagine di una Germania bisognosa di ordine e disciplina perchè sottomessa a ideali fallaci e deboli; invasa da etnie e razze considerate “impure”. Ludwig rivide il proprio ideale in quei sordidi paradigmi, dirigendo però l’odio verso una cerchia più ristretta di individui.

Ebraismo e comunismo cedettero il passo allo stigma verso omosessuali, soggetti sfortunati, deboli, immorali e preti peccatori. Uomini e donne giudicati tali grazie alla lente distorta di due giovani schizofrenici. Si risente inoltre la concezione di “Lebensraum” hitleriano: inteso come “spazio vitale” necessario alla Germania nazista, Ludwig avrebbe epurato quello esistente così da renderlo perfetto.

Ludwig Abel e Furlan: Contro i più deboli

Arrivò al Gazzettino di Mestre il 4 novembre 1980. Per la prima volta qualcuno venne a conoscenza di un gruppo di filo-nazisti che colpivano sotto l’egida di “Gott mit uns”. La prima rivendicazione firmata Ludwig s’appriopriava di delitti compiuti ben prima, il primo commesso il 25 agosto 1977.

25 agosto 1977, Verona

Una notte calda e umida quella di agosto: due senzatetto, marito e moglie dormono in due auto a poca distanza una dall’altra, in via Taormina. I finestrini abbassati concedono un po’ di tregua dalla calura incessante. D’improvviso, due bombe molotov si infrangono e avvolgono di liquido incendiario lamiere e suppellettili.

Guerrino Spinelli, 39 anni, è sopraffatto: fugge ma non può fermare quel fuoco chimico inarrestabile. Ricoverato al reparto grandi ustionati di Verona, si vedrà curare dal padre del suo aguzzino, Silvano Furlan, primario del reparto. La moglie fuggì in tempo, salvandosi. Lui morì in ospedale giorni dopo.

19 dicembre 1979, Padova

Luciano Stefanato ha 41 anni, sommelier. Si appartò con la sua Alfa Romeo GT rossa in una rinomata zona di marchettari al termine della serata. Certamente in cerca compagnia, forse un “servizietto” a pagamento, ha i pantaloni abbassati, la cerniera aperta. Trovato senza vita la mattina seguente, ha due coltelli dal manico arancione piantati sotto la nuca e in mezzo alla schiena. Segni di bastonate su tutto il corpo.

I rilevamenti accertano la presenza di due diversi autori, accanitisi con estrema violenza. Sul cadavere è rinvenuto il seme di un uomo e un capello biondo.

12 dicembre 1979, Venezia

In Corte Canal giace il cadavere di Claudio Costa, 22 anni, tossicodipendente. Su di esso numerosissime coltellate dirette al torace, alla schiena e al volto.

20 dicembre 1980, Vicenza

Alice Maria Beretta batte le strade di periferia della bella città veneta: a un passo dal Natale, cerca un cliente che l’accolga su un’auto riscaldata e la paghi il mestiere. Alice è una attempata e malandata prostituta, zoppa, ormai buona per pochi affamati.

Questa volta è un’ascia a darle la morte.

Alice Maria Baretta, uccisa il 20/12/1980

Vittime rimaste senza colpevole

Quattro morti: un clochard, un omosessuale, un tossico e infine la meretrice.

Quattro invisibili, soli, che in quattro diverse notti sparirono senza destare alcun allarme. Perché alla fine la società è così, vi sono morti e morti.

Vittimologia, periodo di raffreddamento emozionale, modus operandi e localizzazione spaziale parlarono chiaro.

Abel e furlan: LA prima rivendicazione di ludwig

Un primo messaggio scritto a caratteri runici arrivò il 4 novembre 1980. Era la rivendicazione di una fantomatica organizzazione autoproclamatasi LUDWIG, la quale si attribuì la paternità dei primi tre delitti:

«L’organizzazione Ludwig si assume la responsabilità delle seguenti uccisioni: Guerrino Spinelli, Verona, Agosto 77, Luciano Stefanato, Padova, dicembre 78, Claudio Costa, Venezia, Dicembre 79. Come prova dell’autenticità di questa rivendicazione riportiamo alcuni particolari riguardanti gli attentati che non sono di dominio pubblico. Nel primo si è fatto uso di 4 bottiglie Molotov (non 2 come riportano i giornali) confezionate con fiaschi da 2 litri di cui 2 sono state lanciate dentro la macchina e 2 fuori. Nel secondo sono stati usati coltelli con manico di plastica e di colore rosso-arancione. Per quel che riguarda il terzo sono stati utilizzati due coltelli da cucina con il manico di plastica bianca che sono stati gettati sotto il ponticello vicino al quale è stata colpita la prima volta la vittima morta nello stesso vicolo dopo altre due colluttazioni. GOTT MIT UNS».

Gott mit uns – Dio è con noi

Un simbolo antico, prima motto dell’ordine teutonico, poi del Reich tedesco e infine del Terzo Reich. Gott mit uns, valeva a dire “Dio è con noi” nel tragitto verso la Shoa. Inciso sulla cintura delle SS, motto della gioventù hitleriana.

Incaricato dell’indagine fu il P.M. Francesco Pavone il quale, tre mesi dopo, avrà tra le mani anche la rivendicazione dell’omicidio di Alice Maria Beretta, il 20-12-1980.

Ludwig Abel e Furlan: Il rogo di san giorgio

S’apre il giorno con le Laudi, che l’alba schiarisce un dì di tragedia: l’Italia nostra, dal sonno lieve si destò incredula, stordita d’un odio antico ma mai dimenticato .

Dalle Laudi s’appresta l’ora Prima: a Verona si erge la torretta di Lungadige San Giorgio, piccolo fortino austriaco in pieno centro.

Verona, già depredata di anime sole, torna ad essere obiettivo preferenziale: sede del liceo Fracastoro, punto d’incontro di Abel e Furlan vorrebbe rivedere Romeo e Giulietta, quel balcone imbrattato di scritte sognanti e non gli sfregi di un’insensata epurazione sociale. Rifugio per senzatetto e disgraziati, la “casamatta” ospita anche tossicodipendenti in cerca di solitudine.

Per spararsi una dose.  

24 maggio 1981

Il 24 maggio 1981, gli accoliti di Ludwig vi appiccano un incendio, lasciando senza vita Luca Marinotti. A farne le spese non è uno dei preferiti di Ludwig ma un ragazzo di 19 anni della Verona bene, allievo del collegio Filippina di Paderno del Grappa.

«Ludwig. La nostra fede è nazismo. La nostra giustizia è morte. La nostra democrazia è sterminio rendiamo noto che abbiamo puntualmente rivendicato il rogo di San Giorgio a Verona con il messaggio inviato a ‘la repubblica’. Alleghiamo un dischetto metallico. Identico a quello applicato sulla più grande delle tre torce usate. GOTT MIT UNS”.

Padre Lovato e Padre Pigato

Le morti “religiose”

20 luglio 1982, Vicenza.

L’ora terza s’aprì. Tra le 20,30 e le 20,45, Mario Lovato e Gian Battista Pigato attraversano il tenue buio della prima notte a passi lenti, verso la comunità del santuario del Monte Berico.

Dediti all’ordine dei Serviti, sono due frati che dedicano stenti e preghiere all’accoglienza dei bisognosi: consacrati ai “marginali”, salvano anime disgraziate.

Quello il motivo, oppure voci su alcuni “pasticci” sessuali commessi dai due fratelli, a renderli adatti al giudizio. Assaliti e trucidati a colpi di mazza di ferro e scure sono abbandonati agonizzanti lungo la strada.

ludwig: Le prime testimonianze che riportano ad Abel e Furlan

Due giovani di bell’aspetto sedevano sul muretto di fronte al luogo dell’agguato verso le 19,45. Il silenzio, la concentrazione dei due rimase ben impressa a chi li vide: tenevano due borse di plastica, una scura e l’altra bianca, simili a quelle trovate sul luogo del delitto.

Capelli scuri e corti, 20-22 anni l’uno. Capelli castano-chiaro, ondulati, lunghi fino alle spalle, 18-20 anni, l’altro.

La nuova rivendicazione inneggia alla cristianità, al defunto Terzo Reich. Riverbera un antico senso di appartenenza, inquisitorio come gli strumenti usati per dare la morte.

Teorie e sospetti, ipotesi e interrogativi. Una logica tanto chiara quanto impredittibile, li fece apparire e sparire senza premettere alcuna congettura. Tinta d’orrore, una mappa ne delineò le gesta: regione del Veneto, capoluoghi di provincia. Armi da taglio, martelli e accette assicurarono il contatto diretto con le vittime.

Anfratti di morte innaffiati di sangue, membra e indumenti dei killer pregni e grondanti d’esso. Il fuoco arse giacigli improvvisati: usato come elemento purificatore, le armi funsero da attrezzi del boia.

Padre Armando Bison

26 febbraio 1983, Trento

Ora Sesta. Padre Gianni Gambato varca l’uscita del Convento dei Padri Venturini in tempo per scorgere due ombre scure dileguarsi nella buia notte piovosa. Zuppo d’acqua e sangue, il corpo agonizzante di Armando Bison trema sull’asfalto.

Egli è un sacerdote dalla cui nuca sporge, visibile e agghiacciante, uno scalpello cui è legato un crocefisso. Pare un paletto da esorcista o cacciatore di vampiri, impugnato da Hopkins in Dracula di Bram Stoker.

Padre Bison, 71 anni, si sta spegnendo sotto la piaggia battente proprio ai piedi di un istituto di fede e conforto.

Il Convento dei Padri Venturini ospita i pastori del Signore cui la fede sta sfuggendo. Bison, si diceva stesse per abbandonare la tonaca perché innamorato di una parrocchiana. Altre voci lo davano come autore di atti immorali verso un ragazzino. Morirà giorni dopo in ospedale.

“Il potere di Ludwig non ha limiti. Il crocifisso porta la scritta Faba”.

Rivendicazione del 28 febbraio.

Le stragi

Obiettivi ben definiti, singoli o in coppia: studiati meticolosamente nei comportamenti e nei loro vissuti. Un lavoro accurato, quello di Ludwig. Non sbagliano, non lasciano testimoni. Sono così bravi da essere pronti per il livello superiore: Ludwig muta e anela la strage. Vuole bruciare i luoghi di ritrovo, cauterizzare discoteche e localettti ambigui. Aspira all’omicidio di massa.

Nomi e passati sconosciuti ammassati in postriboli scellerati alla costante ricerca dell’epicureo piacere. Costipati da sudori e pruriti tra muri che colano orgasmi, dove fede e ordine s’arrendono al fradicio piacere della carne.

Il cinema Eros

14 maggio 1983, Milano

Ora Nona. Cinema Eros. Sala proiezioni di pellicole pornografiche, luogo di promiscuità e masturbazione dedicato a maschi d’ogni estrazione.

Un rogo arde sei uomini soli.

“Rivendichiamo il rogo dei cazzi, una squadra della morte ha giustiziato uomini senza onore, irrispettosi della legge di Ludwig”.

Si noterà solo a cose fatte che la doppia W apparì proprio come una M rovesciata, niente altro che le iniziali di Wolfgang e Marco.

Un viaggio in Germania

Natio di Monaco di Baviera, Wolfgang Abel tornò nella Germania meridionale.

Tra immensi parchi, musei, chiese rococò e barocche spiccò la Liverpool Sex Diskothek. Rinomata per la celeberrima Oktoberfest, la città non fu insensibile alle tendenze libertine che permearono da una Germania in attesa della caduta del muro.

Ebbra di progressismo e anticonvenzionale, offrì locali e anfratti adatti a scambi promiscui. Se Sodoma ebbe Gomorra, Wolfgang ebbe Marco.

Furlan raggiunse l’amico e Ludwig colpì.

7 gennaio 1984, Monaco di Baviera

Vespri. Liverpool sex Diskothek.

Con due taniche di benzina viene appiccato un fuoco devastante: l’apocalisse in terra. Grida d’aiuto s’accavallano su corpi innocenti mentre giovani guadagnano uno spiraglio da fuoco e fiamme. Ludwig applaude alla propria installazione di morte così simile a un forno crematorio, tomba di adolescenti che Ludwig giudicò immorali. Sette i feriti, una vittima. Corinne Tartarotti perse la vita a 21 anni.

Le autorità tedesche rinvennero due borse blu e una sveglia. Qualcuno ricordò due ragazzi aggirarsi con quelle sacche.

“Al Liverpool non si scopa più, ferro e fuoco sono la punizione nazista”.

Abel e Furlan: Ludwig, Siamo all’epilogo

Come ogni serial killer, una volta presa confidenza si commette un errore. Una svista, poca prudenza o eccessiva sfacciataggine è ciò che condannerà il duo ad essere scoperti nel giorno di Carnevale, il martedì grasso.

Proprio quando la festa è permessa.

4 marzo 1984, Castiglione delle Stiviere

Compieta. Discoteca Melamara.

I festeggiamenti imperversano, sane risate e costumi colorati addobbano ragazzi di primo pelo pronti ad amori tanto forti quanto fugaci. Due pierrot vestono abiti antiquati, con fare circospetto osservano senza partecipare e tengono in mano due borsoni blu.

L’odore è forte e inconfondibile. La Melamara è piccola e tutti avvertono i miasmi della benzina. Walter Maffezzoni chiama il buttafuori: ha visto un pierrot percorrere la pista con un borsone da cui colava del liquido. Lo individua, gli saltano addosso. L’altro rovescia d’istinto l’ultima tanica e appicca il fuoco ma nulla accade. La moquette del locale è ignifuga e salva i ragazzi che subito tentano il linciaggio.

I pierrot sono due studenti della Verona bene, Wolfgang Abel e Marco Furlan.

Tratti in arresto dalle forze dell’ordine paventano una granitica sicurezza. Occhi fissi, mento in su, risposte calme e calcolate. Minimizzano, spiegano essere solo una bravata fatta per vendicarsi di una ragazza, Daniela.

Durante gli interrogatori Wolfgang, apparso come il più fragile, cambiò versione: sì, voleva appiccare quel fuoco perchè odiava le discoteche, erano luoghi di perdizione.

I primi sospetti

Proprio lì, su una scrivania che fatica a vedersi si trova un dossier immenso. Parla di 15 morti e diversi feriti, vittime di una specie di setta che da sette anni imperversa: molte sono le coincidenze e quei ragazzi, quando parlano, sembrano richiamare temi già letti nelle rivendicazioni di Ludwig.

Allora si getta l’amo: molte le somiglianze con la tragedia della discoteca Liverpool di Monaco ma i due non si tradiscono, nemmeno una emozione.

Separati, Abel e Furlan non abbassano mai gli occhi.

Al granitico e silenzioso Marco fece eco un Wolfgang più chiacchierone:

“Ricordo che questa setta è composta da fanatici religiosi che si presenta con sigle naziste e prefigge di punire persone moralmente colpevoli. Il fuoco. Il fuoco come elemento purificatore. Mi fa pensare al rogo degli eretici, delle streghe. L’uso dei martelli è espressione di maggior fermezza, per uccidere con una scure occorre più fermezza, più convinzione. Alla base della setta deve esserci una qualche repressione sessuale. Le vittime sono frati, omosessuali.”

Un’opinione ben chiara, difficilmente frutto di una dichiarazione estemporanea: analisi precisa, nata da un soggetto che di quella storia segue gli sviluppi.

Le indagini necessitarono caparbietà e convinzione

La svolta arrivò dall’abitazione di Abel a Monaco, al numero 7 della Leonhard Frank Strasse. Le autorità tedesche rinvennero un plico di fogli a quadretti che inizialmente parvero semplici pezzi di carta.

Osservando meglio si rilevarono delle lievi incisioni, come dei solchi: apparve un simbolo ben noto e il testo di tre rivendicazioni. Nella abitazione di Monaco fu rintracciata quella del cinema Eros; a casa di Furlan, perquisita nuovamente e più a fondo, quella della Liverpool e dei due frati.

I due guasconi sostennero averle scritte per scherzo, una sorta di imitazione.

Lentamente, come il maglio che plasma ferro rovente, tutto prese forma e i dubbi si fecero certezze: prima fu confermata la presenza di Marco a Monaco nei giorni del rogo alla Liverpool. Poi, la mamma di Wolfgang riconobbe la sveglia marca “Peter” rinvenuta proprio presso la discoteca.

Il figlio, che definì come “ammalato e possibile autore dei crimini”, ne possedeva una identica. Robert Abel, fratello di Wolfgang, chiuse il cerchio descrivendo il lento declino verso l’oblio subito dopo il decesso della sorella Sabine.

Abel e Furlan: Perché Ludwig, Perché quel simbolo

Alle prime rivendicazioni si ritenne plausibile un collegamento con la pellicola di Visconti, una teoria che mai convinse appieno per le nette discordanze. Arrivati al momento della “caduta”, il testo rinvenuto presso le stanze di Abel chiarì l’enigma: “Una avventura di un povero cristiano” di Ignazio Silone, racconta le gesta di un prete vendicatore di nome Lodovico.

La perizia grafologica fornì ulteriori risposte: eseguita sull’aquila al centro del simbolo di Ludwig si notò essere disegnata ogni volta a mano libera. Diversamente dal testo a normografo, essa fu dichiarata appartenente a Wolfgang Abel. Poi la W scritta come una M rovesciata.

Il P.M. Francesco Pavone vide in Abel e Furlan gli autori di 15 delitti ricondotti all’organizzazione Ludwig.

Lungi dall’essere l’affresco d’ordine immaginato dagli assassini, il carcere spezza anche le schiene più dure.

Abel tentò due volte di togliersi la vita, Marco si fermò al primo tentativo. Accusati di tutti gli attentati si proclamarono innocenti e non collaborarono. Mai.

Sottoposto a perizia psichiatrica, Abel risultò affetto da schizofrenia paranoide sviluppatasi in una personalità abnorme con tratti isterici, incapace di relazioni personali, privo di sentimenti verso gli altri. Un bussare incerto e il manicomio criminale di Reggio Emilia lo accolse.

Furlan rifiutò inizialmente qualsiasi perizia per ravvedersi al momento della sentenza.

IL PROCESSO Ludwig ad Abel e Furlan

1 dicembre 1986, Verona

Ha inizio il processo di primo grado.

L’occasione riunì i sodali che la legge divise per due anni: non si parlarono, nemmeno uno sguardo. Wolfgang dette di matto sbattendo la testa contro le sbarre mentre Marco lo fissava senza battere ciglio.

Abel venne dichiarato semi infermo di mente ma Pavone chiese ugualmente l’ergastolo.

Le sentenze

13 febbraio 1987, Verona

Dopo 22 udienze, il 13 febbraio 1987, la sentenza condannò i briganti a 30 anni di carcere più tre di manicomio criminale.

Una decisione che scosse l’opinione pubblica: furono riconosciuti colpevoli unicamente per gli omicidi di padre Bison, Lovato e Pigato, l’attentato al cinema Eros e alla Liverpool Sex Diskotech e la tentata strage alla discoteca Melamara.

Assolti per i primi cinque omicidi per mancanza di prove.

La violenza come riflesso di una società in conflitto

Movente fu la noia frammista a ricerca di emozioni forti. Al desiderio di affermazione assecondato dal clamore suscitato dalle morti. Venne, erroneamente a parere di chi scrive, sottovalutata e tralasciata la costante nazista, vista solo come fumo negli occhi. La violenza si impara: vissero proprio a cavallo degli anni di piombo a Verona.

Fu la società stessa a presentarsi come pessimo esempio di culla umanitaria, trasferendo ideali rossi o neri ugualmente violenti e prevaricatori. Una società in conflitto, specchio del contrasto personale nei soggetti agenti. Le modalità “attentato” tipiche dall’ operato di estrema destra di alcuni anni prima sono ravvisabili nella discoteca Liverpool e Melamara.

Si ritenne inoltre che i primi omicidi siano rivendicati senza essere stati commessi, sfruttati quindi per accrescere la notorietà di Ludwig tramite fatti precedenti.

L’appello ebbe inizio nel gennaio 1988.

Furlan, dimostratosi più furbo e calcolatore dei due, sfruttò la perizia psichiatrica facendosi dichiarare affetto da schizofrenia paranoide. Tanto valse a diminuire la pena ad entrambi e 27 anni di reclusione.

Nel 1991 arrivò la conferma della Cassazione.

LA FUGA IN BICICLETTA

Marce della morte. Così erano chiamate le lunghe camminate che gli internati dei campi di concentramento dovettero sostenere al crollo del regime nazista. L’Armata rossa filtrava da est, i nazisti mossero verso ovest trascinando vittime esauste in direzione di altri konzentrationslager.

Degli 80000 partiti da Auschwitz, solo 15000 arrivarono a destinazione.

Nessuna marcia per Abel e Furlan. Fughe fallite e incredibili sparizioni: tanto scopiazzarono dai gerarchi uncinati che anche loro tentarono trucchi alla David Copperfield.

Wolfgang percorse meno di un chilometro e tornò alla camicia di forza.

Marco s’armò di bicicletta e fuggì al confine sloveno: una fuga fantozziana ahimè efficacissima. Modificò il cognome sulla carta divenendo Eurlani e per quattro anni nessuno seppe più nulla.

Noleggiatore a Creta

Trascina un trolley verde. Cerca un’uscita dal labirintico aeroporto di Eraklion quasi potesse cadere vittima del Minotauro. Il turista veneto non conosce l’isola di Creta ma vede un viso familiare: gli sembra di conoscere quell’uomo, un parassita che osserva i passanti dietro il desk di una rinomata catena di noleggio auto. Gli fece alcune foto, chiamò la moglie.

Sì, era Marco Furlan.

Sorridente, lavorava sotto gli occhi di turisti e passanti da parecchio tempo. Appena giunta la notizia in Italia fu immediatamente tratto in arresto.

Non esiste alcun rapporto circa la testimonianza rilasciata alle autorità cretesi. Sono loro stessi a riportare che, senza riserbo alcuno, Furlan ammise che, sì, aveva fatto parte di una organizzazione filonazista e di aver ucciso diverse persone.

In Italia negò sempre.

LUDWIG SCOMPARE

Il 17 marzo 1995, Furlan si vedrà rinchiudere nel carcere di Opera, la stessa struttura che due anni prima accolse a braccia aperte Totò Riina.

Esclusa la chiacchierata di Creta nè Abel o Furlan ammisero mai i loro crimini.

Dopo la loro cattura Ludwig non colpì mai più.

Wolfgang Abel e Marco Furlan – LUDWIg, analisi di un caso singolare

Ludwig presenta peculiarità singolari e rilevanti: tematiche e agito in coppia lo rendono strepitoso oggetto di studio, più unico che raro in Italia. Marco Furlan e Wofgang Abel sono due serial killer che colpirono sotto il nome di Ludwig: organizzati, tipologia missionaria.

Gli scopi dell’organizzazione vengono dedotti dalle rivendicazioni pervenute dalle forze dell’ordine: ispirate a contenuti slegati da questioni etniche o razziali, sono mossi dalla volontà di affermare, ricreare, un concetto di moralità estremizzata, dal sapore medievale,  appoggiandosi a proclami e teorie care a nazismo, suprematismo, estremismo religioso.

Non esistendo ammissioni di colpevolezza, quanto da ora scritto risulta frutto di pura e ipotetica indagine criminologica.

W di Wolfgang

Wolfgang Abel cominciò un rapido declivio dal momento della morte della sorella Sabine: da ciarliero e socievole, si ossessionò alla filosofia, avvicinandosi progressivamente a una passione per la morte. Mai iscritto a partiti di destra o apparso come chiaro sostenitore di ideologie estremiste, visse defilato dalla società . Di intelligenza sopra la media, si laureò in matematica con 110 e lode.

Wolfgang plasmò Ludwig, disegnò il simbolo, ne fu primo profeta ma non unico esecutore. Leader convinto, deviato, socialmente pericoloso e schizofrenico paranoide, cadde una volta isolato. Si percosse e tentò più volte il suicidio.

Appare qui il peculiare rapporto di dipendenza della coppia criminali: incube e succube non si ripresentano come in casi di studio. Si rileva un rapporto paritario, d’interdipendenza equivalente.

Rispecchia appieno le caratteristiche del seriale organizzato, tra le quali ricordo intelligenza media o sopra la media, benestante, possessore di mezzi propri, con titolo di studio, famiglia di provenienza strutturata.

Non è possibile risalire agli albori della schizofrenia paranoide: quando si manifesti concretamente resta un mistero. Trauma, isolamento e mancanza di figure di riferimento da lui giudicate come apprezzabili, possono averlo illuso e condotto all’idolatria del feticcio. Noto in lui un’evoluzione già studiata in Ferdinand Gamper.

M di Marco

Marco Furlan fu il seguace, il complice silente che necessitò più di tutti di uno scopo. Appena trasferito al Liceo Fracastoro, incontrò Abel facendone un punto di riferimento.

Entrambe le famiglie di provenienza risultano composte da membri della società bene, non persone qualunque ma un primario e l’amministratore delegato di una potente finanziaria: padri certamente molto impegnati sul lavoro, arrivati, che potrebbero presentarsi in senso ambivalente come rifermenti o frustrazioni, presenti per i figli o facilmente molto impegnati.

Al momento dell’arresto era a un passo dalla laurea in fisica: meno fragile del compagno, ne ricompose le fratture. Silenzio, mento sempre verso l’alto e sguardo fisso lo palesano come convinto e consapevole. Grazie all’istinto di sopravvivenza, fuggirà e per quattro anni vivrà agiatamente: all’inteno della sua abitazione ad Eraklion furono rinvenuti parecchi soldi in contanti.

W-M – di Ludwig, Wolfgang Abel e Marco Furlan

Resta da considerare Ludwig: somma e simulacro di entrambi.

Essa non è Abel e Furlan bensì qualcosa di più. Rappresenta ciò che di missionario vi è nella tipologia del serial killer: agisce per uno scopo ben preciso, di tipo etico e morale. Odia la perversione dei valori, mostrandosi legata a teorie più filosofiche che concrete applicabili in regimi dittatoriali ed efficaci unicamente grazie all’abbattimento del principio democratico e a una assolutizzazione del concetto di res publica.

Propugna uno stato di polizia, configurando reati maggiormente legati al piano religioso piuttosto che statalista: follia pura. Pare di rivedere la santa inquisizione perseguitare eretici invocando il malleus maleficarum o di nostalgici delle SS che consacrarono discoteche a forni crematori. Ludwig fu il male, non lo sfogo di due ragazzini annoiati che commisero il primo reato a 17 e 18 anni.

Epilogo del caso Ludwig: la fine di Abel e Furlan

Wolfgang Abel terminò il perdiodo di detenzione del 2006 senza riacquistare la piena libertà. Ritenuto ancora socialmente pericoloso, trascorrerà gli ultimi anni della sua vita a Negrar in libertà vigilata. Nel 2021, all’età di 62 anni, cadrà accidentalmente in casa entrando in coma. Non si risveglierà mai più.

Marco Furlan uscirà nel 2009, dopo 16 anni di carcere. Vive a Milano con la compagna.

Nel 2018 incontrò Papa Francesco (clicca per leggere l’articolo): Giudo Todeschini, sacerdote che seguì Pietro Maso, testimoniò che Marco chiese il perdono del Papa per i suoi crimini.

Pallido e flaccido ardor giovanile che da limbico, ludico, idiota soggiorno d’inezie si mostra quale preludio di morte. Giovani di spirto mal riposto copulano odio senza il lieto goder di far l’amore. 

Dott. Mattia Curti, Criminologo

Questo articolo è dedicato a ognuno di noi. A noi che, nei momenti di difficoltà, ricordiamo di non essere soli e avere già tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Assieme a questo dolore c’è tanto tanto amore.

Suggerimenti di lettura in merito all’articolo su Abel e Furlan (Ludwig)

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