Parigi-Roubaix: viaggio nell’inferno del nord

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La Parigi-Roubaix è una gara in linea di ciclismo su strada che ogni anno viene disputata la seconda domenica d’aprile. Nota come la “regina delle classiche” per la sua importanza, la corsa di Pasqua, meglio nota come “Pascale” o l’inferno del Nord per le avversità a cui sono sottoposti i corridori.

La prima edizione risale al 1896 ed è tutt’ora una delle più longeve classiche in attività. L’articolo narra la storia di questa corsa ed esplora, a tutto tondo, la bellezza del paesaggio.

le origini

Nel 1895 Theodore Vienne e Maurice Perez – due filatori francesi – decisero, sotto la direzione dell’architetto Dupire, di costruire un velodromo in prossimità del parco Barbieux, vicino Roubaix.

Nel febbraio 1896 nacque l’idea di organizzare una gara che partisse dalla capitale francese per arrivare al nuovo velodromo. Essi ottennero l’appoggio di Louis Minart, capo-redattore del giornale sportivo “Le Velò”.

Vienne e Perez decisero di far disputare la corsa il giorno di Pasqua, ciò suscitò la fervente opposizione della chiesa poichè ciclisti e pubblico non avrebbero potuto assistere alla funzione religiosa.

le prime edizioni

La Parigi-Roubaix corsa nel 1896 era lunga 280 km; molti degli iscritti non furono presenti al momento del via.

Le speranze francesi erano riposte in Maurice Garin, il quale però disattese i pronostici e la vittoria andò al tedesco Josef Fischer. Gli altri avversari giunsero al traguardo con un distacco considerevole.

Garin, d’altro canto, vinse l’edizione successiva battendo in volata l’olandese Mathieu Cordang. I corridori arrivarono al traguardo irriconoscibili in quanto interamente coperti dal fango.

inferno del nord

La Parigi-Roubaix ricevette il soprannome di “Inferno del Nord” a causa delle disastrate condizioni del luogo in seguito ai bombardamenti bellici della Grande Guerra.

Infatti la classica non si disputò solo in occasione dei conflitti mondiali. Nel 1919 il velodromo, distrutto dai bombardamenti, non era più idoneo per l’arrivo che venne spostato presso lo stadio Jean-Dubrulle.

Insieme al Giro delle Fiandre, la Roubaix rappresenta la corsa più importante della stagione sportiva e la bicicletta era un mezzo di trasporto molto utilizzato in Belgio in quel periodo. A differenza della Francia, molto modernizzata dal punto di vista urbanistico, la rete stradale belga era costituita da strade strette e lastricate dal “pavè”.

gli anni sessanta e il mito di Arenberg

Il pavè è l’essenza stessa della Parigi-Roubaix, senza la quale non avrebbe ragione di esistere.

Negli anni Sessanta, le antiche vie romane del nord della Francia vennero ricoperte d’asfalto, un vero e proprio sacrilegio alla corsa. Basti pensare che nel 1965 erano solo 22 i km di corsa che venivano percorsi sul pavè.

Si andò alla ricerca di nuovi settori di pavè e un’intuizione geniale venne dal campione francese Jean Stablinski. Egli, con un passato da minatore, conosceva bene le strade del nord e propose ai direttori di gara un tratto di strada che rappresenta tutt’oggi un simbolo della corsa: “La Tranchée de Wallers-Arenberg“.

Accanto alla foresta era presente una miniera, chiusa poi nel 1989, che a sua volta era collegata da un ponte. Lo stesso Stablinski affermava con un sorriso: “Sono stato l’unico corridore a passare sia sotto che sopra“.

imprese eroiche

Numerosi corridori dell’epoca moderna hanno fatto la storia della Parigi-Roubaix. Lo sanno bene anche i nostri italiani Andrea Tafi e Franco Ballerini che trionfarono nel 1998 e nel 1999, ultimo successo italiano nel 2021 con Sonny Colbrelli.

Direbbe oggi il sommo poeta Dante Alighieri: “Che Dio vi benedica o voi ch’entrate e non vorreste più tornare dall’ Enfer du Nord“.

Per antonomasia la Roubaix è, allo stesso tempo, la corsa più odiata e amata dai corridori.

Venanzio Presutti

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