La lettera a se stessi rappresenta un potente strumento di scrittura terapeutica che soddisfa il desiderio di far sentire la propria voce. Attraverso la parola scritta, si condividono esperienze, sensazioni e sentimenti, cercando consolazione, risarcimento e cura.
Scrivere a se stessi, con l’aiuto ad esempio del metodo Sonia Scarpante, permette di essere sinceri e schietti senza freni né inibizioni, liberando la verità interiore. La calligrafia, impressa su carta con cura, riflette lo stato d’animo in cui ci si trovava al momento della scrittura.
Questo percorso richiede coraggio, ma offre l’opportunità di osservare il passato da una prospettiva diversa, elaborando le esperienze e liberandosi dal dolore. La lettera a se stessi è il primo passo verso la cura di sé, aprendo la strada a una maggiore consapevolezza e riconciliazione con la propria vita.

La potenza della lettera a se stessi: La scrittura come strumento di cura
Il metodo Scarpante di scrittura terapeutica è rivolto alla cura di sé e alla riconciliazione con la vita. La terapia della scrittura che cura si basa su una corrispondenza epistolare indirizzata in primo luogo a me stesso. Soddisfa pertanto il desiderio di far sentire la propria voce.
Il desiderio di scrivere nasce dall’urgenza di comunicare qualcosa a qualcuno. Perché? Per condividere un’esperienza, una sensazione, un sentimento di gioia o di dolore.
A cosa serve? Può servire a informare, a insegnare, a imparare, a ricordare, a fotografare un’emozione. Attraverso la parola scritta, facendo opera di straniamento, possiamo quindi osservare quell’emozione da fuori.
Noi siamo ora l’evoluzione delle nostre fasi: infantile, adolescenziale e adulta. Quando arriva il momento in cui le nostre esperienze – in modo particolare quelle che celiamo in un angolino della nostra memoria – pretendono attenzione, scatenano in noi una sorta di malessere che si attenua solo attraverso la scrittura.

La liberazione attraverso la lettera a se stessi: Onestà, guarigione e scoperta del passato
Scriviamo per trovare consolazione, risarcimento, rimedio, cura. Ecco che quindi lo facciamo principalmente per noi stessi.
C’è una sostanziale differenza tra scrivere di se stessi e scrivere a se stessi. Se scrivo di me, racconto la mia storia nella versione che immagino possa essere interessante, attraente per chi mi leggerà; posso citare fatti realmente accaduti, o usare la mia immaginazione, la mia fantasia. Se scrivo a me stesso, il mio interlocutore, il mio lettore sarò io. Io che conosco la mia storia, il mio passato, la mia verità.
Dunque se scrivo a me stesso, posso essere sincero e schietto senza freni e senza inibizioni. Non ho bisogno di mentire o di edulcorare le parole, ho la necessità di andare in quell’angolino recondito e scandagliare il mio passato sino a far emergere quell’episodio o quella persona che mi ha procurato dolore.
È un percorso difficile, a volte penoso in cui rivango il passato non per rinfacciare qualcosa a qualcuno, ma per osservarlo da un punto di vista diverso ed elaborarlo fino a che quel ricordo non mi faccia più soffrire come nel momento in cui si è verificato. Proprio come avviene nell’elaborazione di un lutto.
La lettera a se stessi: Il primo passo verso la cura di sé
Come faccio a scrivere a me stesso? Scrivo una lettera, sì, mi scrivo una lettera, la scrivo alla persona mia più cara, perché per prima cosa devo voler bene a me stesso, altrimenti come posso voler bene al qualcun altro se non mi amo? Sarebbe bene fare proprio come si faceva una volta con carta e penna; scrivere a mano serve per prendersi il giusto tempo senza la furia dei polpastrelli che battono sui tasti.
La calligrafia fotografa uno stato d’animo. Il solo fatto quindi di osservarla ci rivela lo stato d’animo in cui eravamo nel momento in cui abbiamo impresso quei segni sulla carta.
Da dove parto? Il foglio bianco davanti a me, pronto ad accogliere la mia testimonianza è il primo passo, quello più difficile.
Adesso cosa scrivo? Posso provare nel modo più semplice, ovvero da: Cara mia, Mio carissimo, o col mio nome e proseguire scrivendo cosa sto provando in questo preciso momento e da lì, una dopo l’altra, le parole come perle scorreranno lungo il filo del discorso facendo emergere qualcosa di importante che mi aiuterà a conoscermi e a ri-conoscermi.

Riconnettersi con l’autenticità: Il potere curativo della lettera personale
La scrittura terapeutica si rivolge a chiunque abbia un nodo da sciogliere, un non detto, un non risolto, un lutto (in qualsiasi accezione del termine) non elaborato. Conduciamo laboratori di scrittura terapeutica negli ambienti scolastici coi ragazzi, con gli insegnanti; negli ospedali con i pazienti oncologici, con i medici e gli infermieri; negli istituti penitenziari con le persone detenute e con gli agenti; con chiunque senta il bisogno di riconciliarsi con la vita.
La lettera a me stesso è dunque la prima di una serie che seguirà ed è il primo passo del percorso verso la cura di sé, perché il mio intento è proprio quello di prendermi cura di me stesso.
Scrittura terapeutica: Esprimere gratitudine e abbracciare l’autenticità
Prima di ogni stesura la facilitatrice/il facilitatore legge la propria lettera che serve da incipit per chi si appresta a iniziare il percorso della cura di sé attraverso la scrittura. Non servono particolari competenze linguistiche o di stile. Ognuno è libero di scrivere un pensiero di poche righe o di riempirne pagine intere.
Mia cara Popy!
Sono passati anni dalla prima lettera che ti ho dedicato incredula con un velo d’imbarazzo che non dovrebbe frenare l’istinto di chi si conosce così profondamente. Eppure ricordo il battito del cuore, le gote tingersi di rosso e poi l’inaspettato coraggio di aprirmi a te, a me con slancio sincero. Quel che mi viene dal cuore in questo momento è dirti: grazie! Ti abbraccio con amore. Tua Popy.
Cosa ne pensi? Te la sentiresti di provare?
Antonella Cavallo, facilitatrice di scrittura terapeutica
PS: questo qua sotto è il mio libro, Zia Agata, parla di un corteo di ombrelli, di un destino condiviso e di segreti inconfessabili che legano quattro donne nel Cimitero Maggiore di Milano. Tra ricordi, maternità taciute e vecchie lettere, emergerà un segreto sconvolgente che potrebbe distruggere la famiglia. Attraverso questa storia avvincente, esploro il potere delle parole scritte nel favorire la riconciliazione con la vita e la ricerca della verità.

SUGGERIMENTI DI LETTURA IN MERITO ALL’ARTICOLO SULLA “SCRITTURA “lettera a se stessi”
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