Serial Killer: introduzione allo studio della serialità omicida

Tempo di lettura: 5'
letto 308 volte

Necessità di decompressione, godimento e di soddisfazione: cosa si cela dietro un Serial Killer?

Lo desio infinito dell’oblio che assale, carnale e profondo, trascina membra e mente in lochi ombrosi, laddove lo torbido rimestar affiora l’oscuro sentir d’imago dolenti (Mattia Curti)

Il Serial Killer

L’estenuante ricerca nel campo della serialità omicida ha portato i ricercatori statunitensi ad ottenere un delizioso capolavoro, regalandoci, una classificazione delle tipologie di serial killer.

Infatti il morboso interesse per l’omicidio seriale ha ghermito l’attenzione del pubblico tutto. Non solo l’editoria sforna manuali, romanzi, riviste e articoli sull’argomento come fossero pan di spagna in periodo di festa. Anche anche il cinema e le serie tv si sono cimentate nel raccontare questa sfaccettatura della psiche umana dove nessuno resta escluso da questo folle coinvolgimento.

Cosa attrae così tanto?

Come potersi dimenticare delle innumerevoli attrattive per l’oscuro e il macabro di cui l’uomo è sempre stato vittima?

Infatti è già a partire dal Medio Evo bruciammo streghe e impiccammo eretici. A tal guisa non deve stupirci che al parlare di serial killer si accendano luci come in discoteca.

Lo studio dei Serial Killer: le origini

Lo studio della serialità omicida ha radici recenti; è così che negli anni Cinquanta James Rehinardt conia il termine chain killer a indicare la terribile catena di omicidi che l’assassino lasciava dietro di se, mentre John Brophy, poco dopo, parlerà di serial murderer . Questi, così come tutti i crimini violenti, è modernamente inquadrato e definito nel Crime Classification Manual in uso nell’FBI. Tre o più eventi omicidiari, commessi luoghi differenti, separati da un intervallo di “raffreddamento emozionale” (cooling off period).

Necessità di decompressione, godimento e di soddisfazione

La necessità di un momento di decompressione, di godimento, di soddisfazione tra un omicidio e l’altro rende unica e ineguagliabile la marcia omicida di questo caratteristico offender.

Infatti, questo accade rispecchiando sadici piaceri o semplici esigenze del caso concreto si appropria di “trofei”, pone “firme” e trascrive sul delitto il suo caratteristico modus operandi.

Ecco quindi il serial killer “organizzato”, meticoloso e puntiglioso, che mette in atto un’idea ben strutturata nella sua mente e frutto di torbide elucubrazioni.

Il “disorganizzato”, invece, è un improvvisato, agisce di getto in preda al manifestarsi della sua sete di potere, dominio, controllo e violenza.

L’andamento ciclico del comportamento seriale

Joel Norris, psicologo statunitense, ritiene il comportamento del serial killer come scandito da un andamento ciclico. Inizialmente si parte dalla fase aurorale. Durante questa fase la quale l’assassino elabora le fantasie che lo spingono all’azione, passando dalla fase di puntamento e seduzione, esso arriverebbe alla fase centrale, definita omicidiaria. Da qui una ripida discesa lo porterebbe alla fase totemica, momento di sublimazione, durante il quale l’assassino dilata più a lungo il piacere dell’atto compiuto che sfocia nella fase depressiva.

Nulla è cambiato e il bisogno di uccidere affiora nuovamente alla mente e ciclo ricomincia.

Esiste un modello di Omicida Seriale?

Teorie attuali dichiarano l’inesistenza di un “modello serial killer”: nella maggior parte dei casi questi provengono da famiglie benestanti così come da sobborghi disperati, prevalentemente di sesso maschile, dove un’infanzia di molestie, turpi sevizie ed inenarrabili tragedie tanto quanto trascorsi pacifici e quieti ne fanno da padrone.

Enuresi notturna, piromania e violenza sugli animali sono i tre indicatori individuati da Mc Donald nel 1963 come predittivi di un futuro serial killer, ma la teoria risulta ad oggi priva di riscontri scientifici ma resta una fascinosa contrattura di molteplici variabili.

Locusta (50 a.C.), Gilles De Rais (1432), Jean Grenier (1600 circa), Thug Behram (1810), Jessie Pomeroy (1874), Albert Fish (1919) Peter Kurten (1930), Chikatilo (1990) e Garavito (arrestato nel 1999): l’assassino seriale esiste da sempre.

L’estenuante ricerca nel campo della serialità omicida ha portato i ricercatori statunitensi ad ottenere un delizioso capolavoro, regalandoci una classificazione delle tipologie di serial killer.

Le tipologie di Serial Killer

Il “Dominatore” risulta essere il più tipico: l’atto rafforza la sua autostima, compensa la propria inadeguatezza.

Affetto da disturbi mentali è il “Visionario”; sente e segue “la voce nella sua testa”, mettendo in atto ciò che gli viene suggerito.

Il “Missionario” colpisce in nome di Dio o per scopi politici e ritiene di dover epurare il mondo dal lerciume che a lo ammorba.

L’ “Edonista” è un torturatore violento e cannibale, persegue il puro piacere provocato dall’atto.

La tipologia “Vedova nera” è riservata alle donne che attirano la vittima nella propria tela. Queste le soggiogano e si appropriano dei loro beni per liberarsi dell’ingombrante peso del cadavere.

Gli angeli della morte agiscono in campo medico: epurano il paziente dai patimenti della vita terrena divenendo giudici e carnefici.

Il movente economico invece annovera serial killer “di confine”. Di questi la cui classificazione risulta problematica. Troviamo infatti i sicari, che raramente soffrono di disturbi mentali. Piuttosto i sicari sono dei violenti sadici ma comunque appartenente al genere umano.

Curiosità

Lo sapevate che la maggior parte dei serial killer non è giudicato perfettamente in grado di intendere e di volere?

Dottor Mattia Curti, Criminologo

Se ti sei incuriosito durante questa lettura, ti consiglio di seguire la mia rubrica “Monografie Seriali” dove parlo di Serial Killer Italiani, qui di seguito ne trovi alcuni

Buona lettura!

https://linktr.ee/mattiacurti_criminologo