Il Solution journalism o giornalismo delle soluzioni, è un giornalismo che pone al centro le comunità e le persone. Ha come obiettivo la risoluzione dei problemi sociali che vivono gli abitanti.
Nasce dall’esigenza di sensibilizzare il pubblico, attraverso un dibattito concreto e propositivo. E’ un nuovo approccio che va in profondità nelle storie delle persone per cercare di risolvere i problemi.

Cosa è il Solution Journalism
Il solution journalism è un giornalismo di servizio e si pone a sostegno delle comunità, con evidenti ricadute sul benessere e la qualità della vita. Pone l’attenzione all’inclusione, investiga sulle minoranze e le categorie sottorappresentate.
Ha come obiettivo la risoluzione dei problemi sociali che vivono gli abitanti. Documenta come le persone e le comunità rispondono ai problemi sociali. Ha una sua efficacia perché elabora un’idea iperlocale di informazione.
Indaga e spiega, in modo critico e chiaro, come le persone cercano di risolvere problemi ampiamente condivisi. Le storie raccolte all’interno della comunità forniscono preziose informazioni che aiutano gli abitanti nell’affrontare i problemi.

Solution Journalism in italia
Nelle aree interne d’Italia esiste un forte divario di informazione tra i comuni e le frazioni, sia nella copertura mediatica, che nell’intercettare gli effettivi bisogni delle comunità che per questo motivo possono essere marginalizzate. Questa modalità non tradizionale di fare giornalismo aiuta le persone a dare risposte a ciò che non riescono a trovare in rete.

Solution Journalism e cambiamento climatico
La collaborazione con gli abitanti e la creazione di database da parte delle redazioni ha un impatto sulla qualità della vita di chi abita i paesi e le città. Grazie all’uso dei dati, al data journalism e al visual storytelling possiamo capire come e perché certi incidenti si concentrano in una determinata area geografica a forte vulnerabilità o rischio.
Il solution journalism da risposte precise anche nella gestione locale del cambiamento climatico e come la comunità locale può contribuire ad avere un impatto ecologico minore.

Il valore sociale del giornalismo
Come si misura il valore sociale del giornalismo? Un buon giornalismo ha il potere di cambiare la policy e creare uno scarto nella narrazione. Raccontare solo quello che non va in alcuni casi potrebbe consolidare una modalità narrativa che crea frustrazione e impotenza.
A volte si usano flussi di brutte notizie, con un alto impatto emotivo per ottenere più click. Il problema emerge quando esiste un modo univoco di affrontare un problema o una tematica, questo influenza il modo in cui una comunità viene rappresentata e colpisce le opportunità di sviluppo.
Il valore sociale del giornalismo rompe questo circolo vizioso e racconta storie che nessuno vuole raccontare. E’ un giornalismo che fa la differenza e sfata storie di disinformazione.

Narrazione dei territori
I paesi delle aree interne vivono disuguaglianze profonde. Ciò che emerge nel mainstream non da un’immagine reale delle effettive condizioni delle popolazioni. Si spinge verso un’idealizzazione dei territori che trascura i dati antropologici e sociali.
I paesi vengono raccontati come oggetti da far entrare nel mercato, per motivi turistici o per facili speculazioni economiche. Ciò è possibile innescando una crisi narrativa. Riportando informazioni non verificate o non aggiornate. Questa crisi narrativa ha compromesso negli ultimi anni il racconto delle effettive condizioni di chi abita i luoghi marginali.
Le poche riviste locali vivono una forte precarietà e spesso i giornalisti sono oggetto di minacce o non riescono a portare avanti le inchieste per le pressioni che vivono nel territorio. Gli abitanti ricorrono a nuovi strumenti per informarsi. Molti dei quali non accorra normati e codificati dalle scienze sociali.
“Ancora non esiste uno studio ampio, condiviso dalla comunità scientifica e fruibile da tutti, che racconti cosa sono e come si muovono oggi queste immense aree geografiche. La transizione economica che stanno vivendo i piccoli borghi, dettata dal forte spopolamento, non è analizzata, perchè passa inosservata: chi si avvicina oggi all’analisi di questi contesti incontra molte difficoltà ad avere una visione complessiva”. (Anna Rizzo)

Scrivere storie che sfatano la disinformazione
Il giornalismo delle soluzioni mira a connettere i lettori alle storie. Innesca un’azione, un cambiamento e indirizza verso una nuova consapevolezza. Offre informazioni e approfondisce il contesto in cui nasce il problema. Stimola la vivacità sulle possibili soluzioni che hanno diversi approcci.
In caso di mancanza di informazioni è la comunità stessa che condivide e indaga il problema, mettendo insieme le fonti. Il solution journalism pone in evidenza anche i limiti di ogni soluzione e analizza gli eventuali fallimenti. Questo approccio condiviso fa sentire gli abitanti partecipi e connessi con il quartiere o con il gruppo di appartenenza.

“Ask Facebook“
C’è una correlazione interessante tra i luoghi che hanno perso una copertura informativa sulle notizie locali e la quantità di gruppi nati su Facebook e nelle chat di messaggistica come Whatsapp e Telegram. Durante le emergenze come alluvioni, terremoti, incendi o dissesti idrogeologici molti canali tra cui Instagram attraverso i profili istituzionali, di associazioni o di privati hanno informato in maniera ininterrotta la cittadinanza.
Per esempio il canale Instagram del Comune di Bologna durante l’alluvione del maggio 2023 e durante le settimane seguenti è stato usato come un portale informativo legato all’emergenza. Così anche durante l’incendio doloso che ha colpito Stromboli nel maggio 2022 e il dissesto idrogeologico dell’agosto 2022 la pagina Stromboli Stati d’Animo ha informato in tempo reale sull’emergenza.

Deserti di informazione
Il Solution journalism sopperisce ai deserti di notizie delle aree interne. La rarefazione dei media locali, dovuti alla chiusura o alla precarietà delle redazioni costringe le persone a rielaborare la modalità di approvvigionamento dell’informazione. La chiusura di servizi pubblici informativi e l’estinzione dei servizi essenziali colpisce sia le città che i paesi. La carenza di informazione determina una crisi narrativa che si riflette sul racconto delle effettive condizioni di chi abita territori, quartieri e periferie.
Una forte campagna informativa sta spingendo le nuove generazioni a rimanere in luoghi profondamente segnati da disuguaglianze e gravi abbandoni istituzionali. Si parla di restanza e di resilienza, creando dei malintesi sulle effettive condizioni dei territori e la qualità della vita. Di restanza e resilienza dove mancano i diritti e i servizi essenziali si muore.
“La restanza. L’essere rimasto, né atto di debolezza né atto di coraggio, è un dato di fatto, una condizione. Può diventare un modo di essere, una vocazione, se vissuto senza sudditanza, senza soggezione, ma anche senza boria, senza compiacimento, senza angustie e chiusure, con un’attitudine all’inquietudine e all’interrogazione. […] L’avventura del restare – la fatica, l’asprezza, la bellezza, l’etica della restanza – non è meno decisiva e fondante dell’avventura del viaggiare. Le due avventure sono complementari, vanno colte e narrate insieme.” (Vito Teti)
La «restanza» è una modalità passiva, arrendevole, depressiva, paludata, incapace di cambiare. Chi parte, rimane comunque un paesano, spesso dietro il sentimento di tradimento che vive chi rimane, si cela l’invidia, e la mancanza di opportunità. Si usa il termine restanza anche dove se ne sono andati tutti, anzi si fa leva sull’incapacità di leggere le fasi migratorie italiane per considerare tutti i paesani come restanti.
La lingua ha il potere di modificare la nostra percezione e ha la forza di creare immaginari, di consegnare stereotipi difficili da eliminare. Aver cura dei paesi significa leggerli in profondità. (Anna Rizzo)

L’ascolto delle comunità
Ciò che si comunica viene ascoltato anche dalle comunità, che è partecipe in questo momento più di ogni altro periodo nei processi di rigenerazione. Quando si mettono in circolo delle idee bisogna assumersene delle responsabilità, sulla fattività delle progettazioni. Perché quello che si richiede è una action, una risposta.
I paesani si fidano di ciò che leggono o ascoltano online. Ma non hanno la possibilità di verificare l’attuazione né le ricadute nel territorio in termini di benefici per la comunità.
Anna Rizzo, antropologa

SUGGERIMENTI DI LETTURA IN MERITO ALL’ARTICOLO ”Solution Journalism: il potere della comunità nell’informazione del territorio”.
Se ti è piaciuto questo articolo in cui ti suggerisco la lettura di alcuni libri, ti consiglio di leggere altri articoli che ho scritto per la rubrica Antropologia, ad esempio quello su trasferirsi in un paese: cosa sapere prima di prendere questa scelta o quello sui paesi abbandonati: perché siamo attratti dai borghi fantasma e 10 libri sull’antropologia e l’archeologia che dovresti leggere prima di partire per una missione di ricerca.
Attraverso la mia rubrica Antropologia condivido i miei approfondimenti sui metodi di ricerca, sulle sfide etiche e sulle emozioni che accompagnano il lavoro sul campo, invitandovi a scoprire le peculiarità della cultura nell’entroterra e cercando di spronarvi a riflettere sui processi di cambiamento che le società stanno vivendo in questo periodo storico.