Studiare il proprio pubblico come Di Caprio in “Blood Diamond” e “The Departed”

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“Calarsi nella realtà della propria sala e comprenderne le dinamiche interne è il modo migliore per stabilire un contatto e imparare a comunicare con essa” (Niccolò Di Paolo)

Nel 1938 un sociologo di nome William Whyte visse per quattro anni in uno slum (quartiere urbano di abitazioni sordide e malsane, privo di adeguati servizi igienici e sociali) della comunità italo-americana di Boston, a Corneville.

White si immerse da infiltrato e contemporaneamente condusse uno studio da ricercatore impegnato ad osservare la realtà di un quartiere abitato da immigrati italiani di seconda generazione impegnati in attività di racket.

Nel 1943 pubblicò uno studio etnografico di sociologia urbana che sarebbe diventato il caposaldo della tecnica dell’ ”osservazione partecipante”, ovvero un metodo che prevede che lo sperimentatore si cali al 100% in una realtà di gruppo per studiarne da vicino le relazioni sociali e le motivazioni di determinati comportamenti.

Questo comporta uno studio dove ogni presupposto viene rivisto, dove si pone grande importanza alla routine, al “dato per scontato” e agli schemi d’azione ovvi.

Cosa c’entra questo con l’insegnamento?

Semplice. L’atteggiamento del docente verso la propria sala deve essere esattamente lo stesso.

Calarsi nella realtà della propria sala e comprenderne le dinamiche interne è il modo migliore per stabilire un contatto e imparare a comunicare con essa.

Come?

Inizialmente attraverso una sana e bella chiacchierata che esuli dall’argomento della lezione.

Questo è importante per stabilire un clima di fiducia per poi, piano piano, indagare con domande mirate su quale sia il livello culturale, quali siano le conoscenze pregresse e quali sono gli obiettivi dei discenti.

Questo servirà anche a settare il vostro linguaggio: parlare con vocaboli complessi a persone che non hanno terminato gli studi liceali, per esempio, sarà come parlare in francese ad un gruppo di portoghesi.

Dovete calarvi nella parte, parlare come loro, e, se il gruppo è molto eterogeneo, meglio! Potrebbe aiutare a promuovere lavori di gruppo mirati come dei dibattiti formativi a tema dove lo stile di conduzione oscilla in un continuum tra l’autogestione e una conduzione moderata.

Si possono mettere in atto strategie comunicative come “la tecnica dell’eco” (ribadire un concetto espresso da un discente sotto forma di domanda verso la sala) per approfondire un tema o per assicurarsi che tutti gli altri abbiano capito, oppure utilizzare domande mirate per far sì che un argomento, che per voi è importante trattare, non si areni ma bensì faccia venir fuori le opinioni dei partecipanti a riguardo.

Dottor Niccolò Di Paolo