“Sulla riva del mare” è un romanzo che narra l’intrecciarsi di due difficili storie di vita.
Si tratta delle vite di Omar e Latif, due uomini assetati di riscatto personale e pronti a scommettere tutto per trasformare la loro vita.
Questo è, in sintesi, il romanzo di Abdulrazak Gurnah, premio Nobel per la Letteratura 2021.
Questa è l’immagine, poi fattasi parola, raccolta dallo sguardo implacabile dello scrittore, di una realtà spesso dimenticata: quella appartenente al mondo post-coloniale e alla sua cruda eredità.

Sulla riva del mare: Di cosa parla?
Il libro si compone di tre capitoli: il primo, intitolato “Reliquie”, assume il punto di vista di Omar; il secondo, “Latif”, è scritto appunto secondo la prospettiva di Latif, nemico di Omar. Nel terzo e ultimo capitolo, “Silenzi”, le sofferenze di questi due uomini si incontrano.
È l’elemento del mare che qui si veste della sua immensità travolgente e che, così profondo, può farsi contenitore di storie e di esperienze. Le vite che si mescolano tra Oceano Indiano e Canale della Manica ci offrono così la possibilità di trovare un pezzetto di mare per conoscere se stessi e da lì incontrare anche l’altro da noi.

L’ESULE, SCRITTORE AUTENTICO
Gurnah è nato nel 1948 ed è cresciuto sull’isola di Zanzibar, nell’Oceano Indiano. Verso la fine degli anni ’60 arriva nel Regno Unito, dove tuttora vive come rifugiato, poichè appena maggiorenne fu costretto a lasciare la sua famiglia per fuggire dal suo paese, nel quale potè ritornare solo quarant’anni dopo.
Proprio perchè l’autore è stato realmente esule, questo libro attraversa non solo continenti e mari, ma anche tematiche culturali, esistenziali e personali. Così si percepisce l’esperienza diretta dell’autore, in un romanzo trasparente, limpido e delicato, audace e sincero e per questo autentico ed efficace.
Ma Gurnah si serve della figura dell’esule anche come metafora di una più vasta condizione umana che vede nella possibilità che ogni uomo ha, anche nella sua condizione più misera, di assumere qualche forma di controllo sulla sua vita.

L’EREDITÀ POST-COLONIALE
Il triste sfondo storico è quello di un colonialismo che ha lasciato nel mondo cicatrici indelebili e che ha reso tutti parenti lontani e rivali. Il tutto reso possibile da quell’indipendenza dal Regno Unito che ha portato a un clima di forte intolleranza verso le diversità culturali e all’annichilimento delle tradizioni.

OMAR E LATIF: I DUE UOMINI IN FUGA DALLE PROPRIE ROVINE
Immersi nella lettura, ci si chiederà quali e quante colpe gravano sulla storia di noi europei, incapaci di riconoscere la forma di un mondo che è intero, non diviso. E ci si chiederà anche quali e quante siano le colpe di Omar e Latif, i due protagonisti del romanzo, inizialmente ciechi nei riguardi di una storia del mondo ampia e complessa e sordi al dolore, alle parole e ai gesti dell’uno e dell’altro, oltre che incapaci di perdonarsi.
Storia dei protagonisti di “sulla riva del mare”
Saleh Omar è un mercante di Zanzibar e richiedente asilo in Inghilterra, mentre Latif Mahmud è il figlio di Rajab, grande nemico di vecchia data di Omar. Il destino di Omar è nelle mani del figlio del suo persecutore, che è anche la persona che può salvarlo e dargli finalmente una nuova vita.
Entrambi i protagonisti, esuli con una profonda nostalgia per la loro terra, tenteranno di riconquistare in un altro Paese ciò che nel loro hanno perso a causa del dispotismo, della corruzione dei governanti africani e dei danni lasciati dal colonialismo.
A muoverli, la grande speranza di rifarsi una vita, sfidando loro stessi e la realtà, in un continuo confronto/scontro con la loro storia personale. A farli sentire talvolta persi, inevitabili sentimenti di paura e rassegnazione, di senso di sopraffazione e rabbia.
La contesa tra i due è centrata però sulla proprietà di una casa; espediente utilizzato per dare corpo concreto alla ricerca dei protagonisti di una propria identità autonoma. Il loro conflitto, tra accesi scontri e silenzi pesantissimi, durerà anni. Fino al momento in cui i due finalmente si smascherano, convincendosi, come afferma Omar, che sia «meglio vivere tranquillamente con i miei graffi e le mie slogature quando altri devono sopportare crudeltà intollerabili».
In questo loro viaggio interno ed esterno, le tematiche che si dipanano sono molteplici: la fuga dalla propria terra d’origine e la relativa nostalgia, il colonialismo, la corruzione politica e la deriva sociale. Ma anche il rapporto con il proprio passato e quella «impassibile autorevolezza della sconfitta» che appartiene a Bartleby lo scrivano e, con orgoglio, anche a Omar e forse a Rajab.

IL PESO DELLA MEMORIA
I due si confrontano anche sulle grandi tematiche che, nella loro memoria, hanno costellato il loro passato. La memoria del passato, dopotutto, è forse il principale “bagaglio” del migrante. Una memoria che, come viene ricordato nel libro, continua a ricordarci «quello che è successo per capire cosa stiamo facendo e come siamo diventati quello che siamo e quali storie ci raccontiamo». La stessa memoria che ci fa notare, in questo caso, «come la storia dell’islam è legata ai litigi familiari».
Omar è ormai consapevole che è «un posto triste, il paese della memoria, un deposito buio con pavimenti marci e scale arrugginite dove a volte si passa il tempo frugando fra cose abbandonate», tanto che confessa anche di sentirsi «uno strumento involontario di un disegno altrui, il personaggio di una storia raccontata da qualcun altro», una pedina costruita e mossa da qualcun altro insomma.

IL MESSAGGIO NASCOSTO
“Sulla riva del mare” è un romanzo di 382 pagine molto intense, ma scritte in maniera elegante e scorrevole, perfino quando vengono date crude descrizioni circa le condizioni di vita dei rifugiati nelle strutture da cui partono e in quelle in cui, una volta arrivati, vengono “accolti”.
In ogni pagina si respira un’aria di intransigente e profonda analisi degli effetti del colonialismo. E ci si rende conto così del destino e della natura della figura del rifugiato.

Conclusione
Gurnah ci introduce con una tagliente delicatezza a tutti quei fenomeni che oggi prendono forma e potenza nel fenomeno dell’immigrazione. Non vi è spazio per moralismo o bassi sentimentalismi.
Il romanzo arriva al lettore carico di un messaggio diretto. La verità viene gridata nero su bianco: siamo tutti ospiti su questa terra e i dolorosi vissuti che vengono narrati sono spesso il dolore e lo sconforto di molti, se non di tutti.
È senza dubbio una storia molto attuale, capace di coinvolgere fin dalle prime righe.
Dottoressa Elena Tsoutsis, psicologa
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