I periodi della vita, in gergo psicologico “cicli di vita“, hanno un inizio e una fine e includono dei momenti critici ben definiti (e funzionali se superati).
La psicologia dello sviluppo si pone l’obiettivo di individuarli e mettere la persona (bambino o adulto che sia) nella condizione di portare a termine un ciclo per intraprenderne altri: così si cresce, ci si sviluppa e si acquisisce resilienza.

Dalla nascita, all’essere bambini, poi ragazzi, adulti e anziani, fino alla morte.
Se con la mente percorriamo gli anni (tanti o pochi che siano) della nostra vita, siamo tutti in grado di identificare svariati periodi.
I periodi della vita: in gergo psicologico “cicli di vita”
Alcuni sono belli e altri meno, possono susseguirsi l’uno all’altro, oppure essere in concomitanza, ma certamente ognuno di questi è caratterizzato da un inizio e da una fine.
Se la fine non è chiara, probabilmente ci siamo ancora, dentro quel periodo.
Con una mente ancor più attenta, possiamo anche individuare in corrispondenza di questi due punti (l’inizio e la fine del periodo) due relativi momenti critici.

Assumiamo però questo termine, “critici”, in senso lato: come accadimenti che possono avere qualsiasi tipo di connotazione – positiva o negativa – e che rappresentano un elemento di rottura rispetto al presente _status quo_.
“Qualcosa” è successo, ormai questo non possiamo modificarlo.
L’evento presuppone una reazione e dà inizio a una nostra personale sfida: mi impegno a farne un’elaborazione produttiva e funzionale per me e per le persone che ho intorno, e dunque posso evolvere, oppure preferisco rispondere con timore e negligenza, e dunque regredire?

evolvere o regredire?
È l’evento critico, ovvero la rottura, che ci destabilizza e ci pone, più o meno consapevolmente, davanti ad una scelta.
Tiro fuori con tutte le mie forze un accrescimento personale oppure mi ritiro e fuggo angosciato da quel che sta capitando?
Spendo tutte le mie risorse per vincere o desisto?
In effetti, una trasformazione comunque avviene: è un dato di fatto. Questo perché con un piede da una parte e un piede dall’altra, con in mezzo un baratro, ci possiamo stare, sì, ma per un tempo limitatissimo;
poi dobbiamo saltare, da un lato o dall’altro che sia.
Se però, abbiamo già le gambe molto divaricate, saltare con le nostre sole risorse risulta davvero molto difficile, e per questo motivo, chiedere una mano, un sostegno, un supporto, ci permetterebbe di non sprofondare.
Dottoressa Olga Bevanati
Se ti ha incuriosito l’argomento ti suggerisco di leggere uno dei miei articoli. Ho trattato temi come la bugia, la gelosia e l’errore nelle fasi di sviluppo dell’infante (e non solo).
https://bit.ly/3gKEApa
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