Violenza psicologica, una ferita che lascia profonde e invisibili cicatrici

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La violenza psicologica è un’insieme di atteggiamenti e comportamenti messi in atto con l’intento di assumere un ruolo dominante di controllo all’interno della relazione.

Essa non usa pugni e non lascia lividi sul corpo, ma colpisce con atteggiamenti e parole lasciando profonde cicatrici emotive.

Magritte, la memoria

Quando si parla di violenza viene quasi automatico pensare alla violenza fisica, quella più visibile, quella che lascia segni tangibili sul corpo.

Esiste però un’altra forma di violenza che con più fatica si vede e che con maggiore fatica si riconosce. Non per questo meno dolorosa, forse ancora più subdola, non lascia lividi sul corpo, ma profonde cicatrici emotive.

La violenza psicologica

La violenza psicologica è definibile come una serie di atteggiamenti e comportamenti messi in atto con l’intento di assumere un ruolo dominante all’interno della relazione cercando di prendere il controllo sull’altro. Questo controllo viene esercitato tramite critiche, svalutazione, recriminazioni e colpevolizzazioni.

In questo modo vengono definiti i ruoli: l’abusato si trova in una posizione di sottomissione, mentre l’abusante si colloca in una posizione di potere.

La violenza psicologica non crea lesioni visibili, per tanto è più difficile da smascherare e spesso anche chi la vive ha difficoltà a riconoscerla. Anche se meno visibile è altrettanto reale e dolorosa della violenza fisica.

Magritte, il falso specchio

Come riconoscerla

Inizialmente si presenta in forme sottili che con difficoltà si distinguono dal normale conflitto di coppia. I primi deboli segnali posso manifestarsi con critiche espresse in forma generale, generali in quanto esprimono un giudizio sull’intera persona e non su uno specifico comportamento o situazione. Facendo un esempio:

Smetti di essere gentile con tutti i ragazzi, se non capisci che volgiono solamente sesso da te, sei una cretina!”

Perchè sei così cordiale con tutte le donne che ti girano intorno? È normale che poi si facciano strane idee!”

diverso sarebbe dire:

“secondo me quel ragazzo è sessualmente interessato a te, sono gelosa se fai la carina con lui!”

“sono tutti maleducati gli uomini di oggi a tal punto che appena una donna vede un ragazzo educato gli fa gli occhi dolci: ammetto di essere gelosa quando sei cordiale con le ragazze che non conosci, ma so di essere fortunata”

Solitamente queste critiche sono mosse da una profonda insicurezza del partner che le esprime.

Il passo seguente, avviene quando la persona giudicata non mette in atto comportamenti di contromisura per vanificare le insicurezze del partner. Prendendo l’esempio precedente, non smettendo di parlare con ogni essere di sesso maschile.

La forma successiva che la violenza assume è la predominanza nei discorsi, ovvero affrontando la discussione in modo da non poter dare all’altro la possibilità di argomentare le proprie ragioni e sostenere le proprie idee, per fare questo l’abusante “annienta” la sua vittima usando la tecnica della svalutazione e dei sensi di colpa.

Dalle critiche si passa alle aggressioni verbali: offese, denigrazioni, accuse. L’ultimo stadio della violenza psicologica che molto spesso, troppo spesso, è il preludio della violenza fisica, sono i comportamenti aggressivi. Comportamenti come urla, gesti inconsulti e violenti diretti ad altro e minacce, tutti comportamenti messi in atto per dimostrare predominanza.

De Chirico, Ettore e Andromaca

Chi agisce e chi subisce la violenza psicologica: breve descrizione del “violento”

Colui che ha bisogno di agire un controllo sull’altro è solitamente una persona con una bassa autostima; il comportamento aggressivo, spesso, nasconde spesso una forte insicurezza. Per questo motivo ogni critica viene percepita come un attacco alla persona e tenderà a reagire sulla difensiva, solitamente in modo aggressivo e/o permaloso, senza la minima disposizione a mettersi in discussione.

Generalmente non conosce bene se stesso e ha poca consapevolezza delle proprie emozioni che lo portano ad avere reazioni emotive molto intense, passando dall’essere rilassato e di buon umore all’essere irritato e arrabbiato. Questo porta la persona che gli sta accanto a non sapere mai cosa aspettarsi, generando ansia.

Le scarse capacità emotive e la forte insicurezza, fanno si che, per sentirsi sicuro all’interno della relazione e sentirsi adeguato, necessita di attuare una serie di comportamenti mirati ad annullare l’altro, facendolo sentire incapace e  inadeguato.

Bansky, follow your dream

Le strategie di chi mette in atto violenza psicologica

Molto probabilmente all’inizio della relazione si presenterà come un grande adulatore, compiendo grandi gesti romantici e mettendo in atto un corteggiamento all’insegna delle lusinghe, attivando un grande coinvolgimento del partner.

Entrambi i partner hanno alla base la convinzione di valere poco, di non essere meritevoli di amore, con la grande differenza che colui che agisce violenza non ne ha la consapevolezza negando tale percezione.

Ecco qua che si crea l’incastro perfetto, da un lato qualcuno che si attribuisce tutte le colpe e dall’altro qualcuno che non se ne attribuisce nemmeno una e  le riversa tutto all’esterno.

Bansky, umbrella girl

la violenza psicologica: Attraverso quali comportamenti si manifesta

Critiche e svalutazione

Critiche continue riguardanti l’intera sfera personale, dall’ aspetto estetico alle capacità interpersonali, accompagnate da atteggiamenti di svalutazione inerenti l’ambito profesisonale, relazionale, sulle relazioni amicali e su quelle familiari; svalutazione degli interessi, dei risultati conseguiti e dei successi; critiche anche ai progetti e alle iniziative, il contrario esatto del supporto che dovrebbe essere presente in una sana relazione di coppia.

Max Ernst, at the first clear word

Controllo

Continui tentativi di controllare l’altro, sia delle sue attività sia delle sua scelte. Controllo sugli spostamenti, chiedendo continuamente

“Dove sei? Con chi sei? Cosa fai?”

e pretendendo una risposta immediata.

Controllo anche delle interazioni sociali: messaggi, social e chiamate. Controllo sulle scelte personali, dispensando lezioni di vita e morali che celano ordini.

Colpevolizzazione e negazione

L’abusante è una persona con scarsa autostima e forte insicurezza ma questo non gli (o le) permette di mettersi in discussione o mettere in discussione il proprio comportamento.

Questo porta all’attribuzione della colpa all’altro, indicandolo come la causa della rabbia, atteggiamento che da una parte consente all’abusante di non mettersi in discussione e dall’altra di far leva suo sensi di colpa dell’abusato, facendolo sentire nuovamente sbagliato. Quando la vittima prova ad esprimere il malessere causatogli dai comportamenti di rabbia, l’abusante tenderà a sminuire il suo comportamento facendo passare l’altro come eccessivo o attribuendogli la colpa:

“sei tu che mi porti a questo, sei tu che mi fai diventare così”.

Salvador Dalì, ragazza alla finestra

Isolamento

Attraverso un’opera graduale di svalutazione delle persone significative, come amici e parenti.

L’abusante tenderà a far isolare l’altro in modo tale che questi smetta di frequentare persone esterne alla relazione, ottenendo così un maggiore controllo.

La violenza psicologica, oltre ad essere difficile da riconoscere per il suo tratto non osservabile, è difficile da riconoscere in quanto nascosta dietro ad alcune ambivalenze, che possono essere erroneamente interpretate da chi la subisce. Le esplosioni di rabbia si alternano a gesti di estrema affettuosità.

I continui messaggi posso essere letti come un segno di interesse e non come una volontà di controllo; le lezioni impartite possono essere percepite come consigli e non come imposizioni; i gesti inconsulti, la rabbia e l’aggressività interpretati come gesti causati da un forte incontrollabile sentimento.

Klimt, le lacrime di freyja

le conseguenze della violenza psicologica

Il carattere continuativo dell’abuso emotivo agito da un partner all’interno della relazione può portare chi la subisce a sentirsi sempre più inadeguato/a, spaventato/a e impotente e a sperimentare sentimenti di colpa, andando così a ledere l’autostima. Chi la subisce può arrivare a pensare di meritarselo, rendendo difficile la messa in discussione della relazione.

Inoltre, la violenza psicologica ha un impatto su alcune aree cerebrali della corteccia prefrontale e del lobo temporale, deputate alla comprensione e al controllo delle emozioni.

In tali aree è stato evidenziato un assottigliamento in seguito alla violenza dovuto alla necessità di gestire l’ansia. In altre parole le connesisoni in queste aree si riducono, come se gradualmente si spengessero per far fronte all’impatto della violenza. Rendendo chi subisce l’abuso emotivo più esposto alla probabilità di sviluppare ansia e depressione.

Conclusioni

In conclusione, come precedentemente scritto la violenza psicologica non è così facile da riconoscere, soprattutto per chi si trova all’interno di tale relazione disfunzionale. Prenderne consapevolezza è il primo fondamentale passo per smettere di sottostare a tale comportamento abusante.

L’amore non è controllo, non è possesso, l’amore è libertà di essere ciò che siamo e sentirci apprezzati per questo.

Dottoressa Irene Viti, psicologa

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About Irene Viti

Mi presento! Sono Irene Viti, psicologa libero professionista.
Lavoro come psicologa a Firenze, occupandomi principalmente di individui, coppie e famiglie presso il mio studio (Via Bonifacio Lupi 14 c/o StudioIn Firenze).
Da anni, inoltre, mi occupo di GCA (Gravi Cerebrolesioni Acquisite), lavorando con persone che in seguito ad una lesione cerebrale hanno riscontrato difficoltà nelle funzioni cognitive ed esecutive.

Il mio approccio
L'approccio sistemico relazionale parte dal presupposto che l'essere umano, in quanto essere sociale, non sia un'entità a sé stante, ma sia il centro di un'infinita rete di rapporti e che in essi sia attivamente immerso. L'individuo è quindi parte integrante di un sistema ampio, di una rete di relazioni che si intersecano e che a vicenda si influenzano.

L'approccio sistemico relazionale lavora nel qui ed ora, tenendo sempre uno sguardo rivolto alla storia familiare e ai modelli che possono aver influenzato il contesto di riferimento. Tale approccio si fonda sull'analisi delle dinamiche relazionali e della comunicazione all'interno di esse, proprio per questo è particolarmente indicato per le terapie familiari e di coppia, ciò però non significa che non sia indicato per affrontare una terapia individuale, anche se l'individuo entra da solo nella stanza egli porta con sé tutte le sue relazioni significative che hanno caratterizzato e caratterizzano la sua esperienza nel passato e nel presente.

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