Kalòs kai agathòs: l’ideale del bello e buono tra la società greca e quella attuale

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Il termine “kalòs kai agathòs” significa sia “bello e buono” inteso come “valoroso in guerra” sia come “in possesso di tutte le virtù”.

Si riferisce non solo a ciò che è “bello” per il suo aspetto sensibile ma anche a quella bellezza che è connessa al comportamento morale “buono” (ἀγαθός)

“Bello e buono”

No, non è lo stereotipo a cui punta come massima aspirazione nonna/zia/prozia per il vostro prossimo partner, e neanche il taglio di bistecca che avete scelto per il barbecue del weekend.

Spero che gli esempi non suscitino le ire né di sostenitori dell’uso dell’asterisco egualitario di genere, né di vegani, perché non siamo qui a trattare di questo, ma di καλοκἀγαθία, o, per essere più chiari, di kalokagathìa!

Meglio?

kalokagathìa – unione degli aggettivi kalòs kai agathòs

No, non è una nuova malattia intestinale portata dal Covid-19, ma un termine greco antico che racchiude l’ideologia base dell’uomo ideale della società greca.

Formato dall’unione dei due aggettivi kalòs kai agathòs (“bello e buono”), visto che le due parole andavano a braccetto così tanto spesso da aver portato alla formazione di un termine unico per definire questo concetto.

Per l’uomo greco ciò che era “bello” era necessariamente anche “buono”.

Sicuramente potrebbe sembrare una visione decisamente superficiale e semplicistica della società, ma sappiamo che i nostri amici filosofi, sofisti e primi idealizzatori della democrazia, tanto “terra terra” non erano.

La bellezza, infatti, non era intesa dai greci così come la vediamo noi oggi (non usavano i filtri di Instagram), ma comprendeva ogni virtù:

il modo di pensare, di comportarsi, le scelte intraprese, le qualità personali

…e anche destrezza fisica, muscolatura, prodezza in guerra e forza.

Per questo l’uomo “ideale” che contribuiva alla creazione e alla crescita della civiltà greca doveva avere tutte queste virtù, unite alla “bontà”, intesa come umiltà, sincerità, intelligenza, valore, nobiltà d’animo.


Detta così, la locuzione ” kalòs kai agathòs” appare più sensata, no?

Sicuramente la visione del kalòs kai agathòs ,“bello e buono”, col passare del tempo, ha risentito di un progressivo processo di approssimazione.

Questo ha trovato terreno fertile nel mondo delle favole che iniziano tutte con “C’era una volta”, terminano con “E vissero tutti felici e contenti” e vedono come propri protagonisti principi azzurri bellissimi in sella al loro cavallo bianco (addirittura lo cantavano i Modà nel 2006).

Domandiamoci se l’espressione ha ancora senso nel mondo contemporaneo o se non meriti una rilettura nel senso greco del termine…guardate Shrek per averne un perfetto esempio!

Professoressa Olga Serantoni

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