Monografie seriali: Donato Bilancia, da Assassino a serial killer

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Donato Bilancia è un serial killer dominatore/edonista.

In questa seconda parte della serie su uno dei più feroci assassini italiani degli ultimi trent’anni, vi narrerò il passaggio da assassino a serial killer

Donato Bilancia Parte 2: DA ASSASSINO A SERIAL KILLER

Giovane problematico cresce e cambia il proprio nome. Specializzato in furti e rapine, Walter è Donato Bilancia il quale deluso e imbestialito per un malaffare, si vendicò uccidendo tre persone. Fu a quel punto che avvertì quel fornicante insidioso brusio, una nuova inaspettata propensione per l’omicidio. Donato Bilancia cominciò ad aver voglia di uccidere.

Questa la seconda parte della trattazione a lui dedicata, incentrata sulle vittime del serial killer. Come in ogni mia trattazione, il lettore è invitato a concentrarsi su esse piuttosto che sulle atrocità commesse dal killer.

IL TRENO È PARTITO

Donato Bilancia è un omicida, non un assassino seriale. Ha ucciso per vendetta e nulla del suo comportamento lo classificherebbe nella agonizzante nomenclatura di assassino seriale. Il serial killer è spinto da un particolare, un pensiero o desiderio ricorrente, fondamentale per la sua integrazione nella disarmante lista: assieme ad esso è necessario un certo numero di vittime e il periodo di raffreddamento emozionale.

Quel particolare, la spinta, per Walter proviene dal piacere. Così come il giocatore necessita e gode dell’ebbrezza del gioco, costui sublima tramite l’omicidio. Bilancia, se prima godeva del gioco, del furto, della rapina, ora gode nell’avvertire la vita che lieve evapora dalle vittime. Scioglie la noia, quel maledetto tedio che ammanta i suoi attimi. Non solo: il potere.

Donato Bilancia ha voglia di uccidere.

Dall’ottobre 1997 all’aprile del 1998 farà 17 vittime. Il treno è partito.

Bruno Solari e Maria Luigia Pitto

Donato Bilancia, le prime vittime da Serial killer: Bruno Solari e maria pitto

I professionisti del crimine, così come qualsiasi individuo dotato di media intelligenza, tendono a sfruttare ogni nuova metodologia appresa durante la carriera, così da migliorare la performance, ridurre i rischi e aumentare i guadagni.

Bilancia tornò ai furti ma armato di pistola: il 27 ottobre 1997 uccise Bruno Solari e Maria Pitto. Colpiti in pieno giorno, gli anziani orefici sono uccisi in casa loro durante una rapina del Bilancia.

Luciano Marro, il quarto omicidio del serial killer Donato BIlancia

Il 13 novembre 1997, il killer uscì dal suo squallido appartamento, in via Leonardo Montalto a Marassi, per recarsi a Ventimiglia. Fu il turno di Luciano Marro, cambiavalute, età 48 anni.

La finestra da su un orizzonte grigio e vacuo, lontano dalla stanza inerte. Tanto fini quei vetri che la pioggia incerta, scivolando, pareva graffiarli: un senso di immenso vuoto pervase inarrestabile quel corpo eretto, immoto dando potente spinta al desiderio pulsante. Bilancia, destatosi da un biliare torpore, valuta l’intenzione d’uccidere. Vaglia le alternative, schiarisce le intenzioni e prende il treno diretto a Ventimiglia in cerca di un cambiavalute

Luciano Marro è nel suo ufficio: un vetro lo separa da clienti, turisti e imprenditori che dalla Francia attraversano la frontiera italiana. Allo sportello, Donato Bilancia, il nostro serial killer, e la sua Smith and Wesson lo attendono pazienti. Mentre il corpo è ancora caldo, il killer si allontana con 45 milioni di lire.

Giangiorgio Canu

“Ero disteso sul divano, stavo guardando la televisione. A un certo punto vado in bagno a pisciare e decido di ammazzare un guardiano. Mi sono messo il casco. Ho preso la vespa e sono andato in giro a cercarlo.”

Giangiorgio Canu, metronotte, ucciso nel vano dell’ascensore di un palazzo di via Armellini, a Genova. Un colpo alla testa il 25 gennaio 1998.

Il modus operandi del killer comincia a divenire chiaro: privo di una vittimologia ricorrente, pare uccidere a caso seguendo le metodiche tipiche dell’esecuzione. Freddo, non infierisce sulla vittima e tende a prelevare soldi e valori. La carriera di questo complesso individuo gli è valsa una improbabile sequela di nomignoli: se normalmente al serial killer viene affibbiato un soprannome, in Bilancia ne possiamo trovare sicuramente almeno un paio. Uno dei quali fu “killer delle prostitute”.

Il vano dell'ascensore presso il quale è stato rinvenuto il cadavere del metronotte
Il vano dell’ascensore presso il quale è stato rinvenuto il cadavere del metronotte

Io dedico questa canzone
Ad ogni donna pensata come amore
In un attimo di libertà
A quella conosciuta appena
Non c’era tempo e valeva la pena
Di perderci un secolo in più.

A quella quasi da immaginare
Tanto di fretta l’hai vista passare
Dal balcone a un segreto più in là
E ti piace ricordarne il sorriso
Che non ti ha fatto e che tu le hai deciso
In un vuoto di felicità

Le passanti- F. De Andrè

foto di Stela Tuya
Stela Tuya

due uccisioni da arma da fuoco per donato Bilancia, serial killer: Ludmyla Zubskova e STELA TRUYa

Stela Truya è una meretrice albanese di 24 anni. Il 9 marzo 1998 “lavorò” a Varazze: arrivando dall’Aurelia s’incontrarono donne dai facili costumi ubicate un po’ qua, un po’ là in zone strategiche. La bella cittadina turistica del ponente ligure offrì tali servigi nei pressi del porto, proprio sotto la statale che prosegue verso Celle Ligure.

Una salita, alcune curve e il mare spunta blu tanto da creare un lieve stupore anche ai più avvezzi al panorama. Proprio giunti al punto più alto, prima di scendere, una ripida scarpata di aloe e rosmarini porta ad una scogliera sul mare: Stela è ritrovata a ridosso di essa completamente nuda, uccisa tramite arma da fuoco.

Luogo del ritrovamento del cadavere
Luogo del ritrovamento del cadavere

Ludmyla Zubskova è uccisa il 17 marzo 1998 a Pietra Ligure: seguì un rituale che più volte la sicurezza pubblica vedrà reiterato.  L’ucraina di 22 anni è fatta inginocchiare e freddata con un colpo alla nuca sparato alle spalle. Una esecuzione.   

Ludmyla Zubskova
Ludmyla Zubskova

Bilancia non uccise “a blocchi”: non passò dai biscazzieri, alle prostitute, ai treni. Uccise in singole sequenze temporali intervallando vittime in base a piacere e necessità estemporanee.

Enzo Gorni

Non colpì mosso da necessità. Gli obiettivi furono totalmente scelti a caso: a tali interpretazioni porto alcune riflessioni. L’insight manifesta il ripresentarsi di diverse tematiche concatenate su piani plurivalenti connesse tra di essi dall’inconscio dell’autore. Allo stato dell’esposizione, infatti posso raggruppare due categorie vittimologiche: una connessa al denaro l’altra al piacere sessuale. Ad esse si accosterà un’ulteriore categoria, connessa all’ambito ferroviario. Ritengo vi sia una ulteriore tematica “collante”: il movimento. Le prostitute “ricevono” i clienti lungo strade a rapida percorrenza, i treni sono in movimento, il metronotte si sposta per controllare edifici e attività commerciali, i cambiavalute sono situati in città di transito e frontiera.

L’ultima vittima sarà un benzinaio che serve lungo la Genova- Ventimiglia. Fanno eccezione solo gli orefici. Ciò sottolinea caratteristiche basilari, quali dinamicità ed adattività, che renderanno Bilancia un serial killer imprendile e di difficilissima identificazione: un caso più unico che raro.

Che Bilancia uccise non mosso dal primario bisogno di accaparrare denaro è certamente evidente. Par più corretto definirla una compulsione profonda che una reale necessità. Forse una abitudine. Che non disdegni arrivare anche ad esso appare evidente dalle tante rapine avvenute in costanza degli omicidi.

Nasce come ladro e il primo amore non si scorda mai.

Colpirà infatti nuovamente un cambiavalute ventimigliese, Enzo Gorni. Cinque colpi.

“Apro la porta dell’ufficio e vidi mio cognato che era in piedi, con le braccia giù. Mentre io entravo, lui mi fece un cenno, con gli occhi, che io adesso reputo di non entrare….dopo circa un  minuto ho sentito un primo colpo e ho visto una fiammata, mio cognato andare leggermente indietro e poi chinarsi sulle ginocchia e cadere giù. Nel frattempo che cadeva altri due colpi. Vidi il Bilancia aprire la porta…tranquillo, come se non avesse fatto niente.”

Questa la descrizione dell’omicidio vista dagli occhi del cognato del Gorni. Sarebbe omicidio a scopo di rapina se a compierlo non fosse un serial killer: Bilancia rubò infatti 15 milioni di lire.

John Zambrano, in arte Lorena, durante l'interrogatorio
John Zambrano, in arte Lorena, durante l’interrogatorio

LORENA, LA SOPRAVVISSUTA CHE FECE IL PRIMO IDENTIKIT

Qualcuno imperversa per quelle terre di sale e oleandri. Splendida la fragile Liguria, così come raramente dipinta da Monet: a tratti rapidi privi di contorni a contenerla.  Terra d’arenaria, ulivi e secolari pini marittimi, ancora non sa che tutto quell’orrore è modellato dalla stessa mano. Non esiste infatti alcuna connessione apparente che quel pennellato sole tiepido riesca a illuminare: la legge non può collegare quella astrusa follia a una sola mente criminale; lascia che una realtà ben più prevedibile assegni i delitti a più fatti isolati. Un assolo di morte colpisce immotivatamente vittime senza alcun legame l’una con l’altra e nessuno sa chi sia.

Fino ad ora.

John Zambrano, in arte Lorena, è un transessuale venezuelano che batte le strade in zona Barbellotta, fuori Novi Ligure. Precedentemente zona residenziale per benestanti, ora è rifugio per sbandati, tossici e mignotte. Lorena ha amici nottambuli, gente di bassa lega dei quali par meglio fidarsi del lampione antiquato che benevolo la sovrasta. Stanco anch’esso delle solite tiritere tra clienti e prostitute, spinge esausto la luce spenta e un’ombra succinta fin sugli edifici cadenti.

Un momento della testimonianza di Lorena con le Forze dell'ordine
Un momento della testimonianza di Lorena con le Forze dell’ordine

Lo sguardo da matto

Il 24 marzo 1998 è un martedì, giorno di magra. Stride il freno coprendo il sibilo del deflettore che scende: nel freddo penetrante delle 02,30 del mattino, dalla Mercedes blu esce una voce roca da forte fumatore. L’offerta del tizio è irrinunciabile, un milione per le vetuste doti. Lorena accetta. L’auto punta in direzione di Villa Minerva un bel complesso in ristrutturazione che l’uomo sostiene appartenergli. L’auto frena, inchioda bruscamente di fianco a una grossa quercia, così vicina alla portiera dà bloccarla. Lorena è in trappola.

Il viale alberato per Villa Minerva
Il viale alberato per Villa Minerva

Questa la dichiarazione che descrisse quel momento: “Ogni volta che mi spogliavo cominciava a diventargli la faccia, cioè lo sguardo da matto. Cioè cominciava ad agitarsi, no.”

Avvezza a clienti poco raccomandabili, avverte un pericolo incombente e tergiversa, tiene a bada Walter soddisfacendo ogni sua perversa richiesta. Al rilascio della testimonianza, molti furono i particolari con cui descrisse quegli attimi; la rabbia crescente, la prestazione eseguita e il terrore provato fino all’avvicinarsi di una Panda.

Le auto al momento del ritrovamento

“Taci, sono salva”, pensò.

Massimiliano Gualillo e Candido Randò

Sono due metronotte, Massimiliano Gualillo sulla prima vettura e Candido Randò sulla seconda, sopraggiunta subito dopo. Messi in allarme dagli schiamazzi della donna, impongono l’esibizione dei documenti: Bilancia punta l’arma e fa fuoco sui due colpendoli morte. Stesi agonizzanti a lato delle due panda, l’episodio concede a Lorena una via di fuga. Bilancia è lì, alle sue spalle.

I due metronotte al momento del ritrovamento

L’afferra, i due parapigliano fino alla sottomissione della donna. In ginocchio, Lorena sente la canna poggiata alla tempia: spara una, due volte ma non accade nulla. L’arma è scarica. Lorena l’attacca nuovamente, l’aggredisce fino a sentire il tonfo e lo stomaco dolere; Bilancia è riuscito a ricaricare e a colpirla ma svelto fugge. Se la dà a gambe. Lorena è ferita ma salva, pronta a stilare l’identikit che porterà alla sua cattura.

Tessy Adodo

Tessy Adodo è la decima vittima, nata a Lagos, in Nigeria. Il magistrato Enrico Zucca giunse al Bilancia proprio grazie alle prove repertate in questa vicenda: l’assassino, posto sotto interrogatorio e accusato solo dell’episodio di cui sto esponendo, racconterà immediatamente tutti e 17 i delitti commessi.

“La sera ho preso questa qua e le ho detto che le davo un milione mi pare, che ne so, e se veniva a casa mia. Poi invece l’ho portata là, ho avuto un rapporto sessuale di tipo penetrazione e poi la ho uccisa. Non le ho fatto capire che le avrei fatto quello che le ho fatto”.   

Tessy Adodo

Dalle perizie emerse che ogni omicidio di Bilancia fu premeditato ma come accadde con Lorena, non tutti andarono a segno.

Il cadavere di Tessy
Il cadavere di Tessy

LUISA, SALVATA DA UNA FOTO

“Tramite il giornale avevo visto che c’era questo annuncio di questa qua…e ci sono andato in casa e ci sono andato per ucciderla. Però questa persona qua ha avuto un attimo che mi ha bloccato la vita. Quando mi ha detto che era la mamma di un bambino, c’aveva un bambino piccolo, ecco, lì si è bloccata tutta la situazione. Me ne sono andato e non ho preso niente, non ho toccato niente, non le ho fatto niente punto e basta.”

Il 16 aprile 1998 Donato sfoglia il Secolo XIX con attenzione. Le dita curate sfiorano il quotidiano fino a fermarsi alla sezione annunci. Cerchia, segna e sottolinea alcune inserzioni di massaggi, tutte prostitute. Un tondo netto e calcato contorna il nome di Luisa, entraineuse di Sanremo, la cui compagnia costa 300,000 lire: chiama e fissa un appuntamento per le 16,00.

La sezione annunci utilizzata da Bilancia per selezionare Luisa
La sezione annunci utilizzata da Bilancia per selezionare Luisa

Gli ho detto che era mio figlio

Questo l’interminabile attimo raccontato dalla stessa Luisa durante la testimonianza rilasciata a processo:

“…mi sono girata e mi sono trovata quest’uomo con la pistola puntata in faccia e mi ha detto non urlare o ti ammazzo subito. Io ho fatto un cenno per poter aprire il mio balcone che ho un rottweiler addestrato. Mi dice non farlo perché t’ammazzo subito, ho dei bellissimi proiettili che ti spappolano la testa”.

Luisa al processo

Luisa temporeggia, dialoga con l’uomo cercando una via di fuga fino ad avvicinarsi al letto dove trova una fotografia:

“Sul mio comodino c’ho la fotografia di un mio nipotino piccolo di due anni e gli ho detto che era mio figlio, gli ho detto guarda non mi uccidere quello è mio figlio, già è senza padre, non farlo che rimanga pure senza madre. Fammi una cortesia, non ammazzarmi. Ho capito che voleva uccidermi, era determinato.”

Poco dopo suonano alla porta, Bilancia prende 300,000 lire e fugge. Incredibilmente, richiama scusandosi e promettendo alla donna la restituzione del denaro.

PASSIAMO AI TRENI…

“Passiamo ai treni?…si allora ho preso un treno a Genova, il pendolino che andava a Venezia credo. In uno scompartimento c’era una donna che io chiaramente non ho mai visto nè conosciuto e ho aspettato che questa qui si recasse in bagno. Prima classe e aveva la borsa insieme a lei quando si è recata in bagno. Io ho aperto la porta con una chiave falsa, una femmina a 4 ecco…questa qua si è messa a urlare e gli ho messo la giacca sulla testa e gli ho sparato….non l’ho neanche toccata dal punto di vista sessuale, niente.”

Il cadavere di Elisabetta Zoppetti

Donato rubò il biglietto del treno, ne era sprovvisto.

Fumo e olio. Ogni stazione ferroviaria ebbe e avrà sempre un odore inconfondibile; un misto tra sporcizia e frizione di macchinari meccanici.  A me ha sempre ricordato il grasso che mio nonno spalmava sugli attrezzi da lavoro, sembravano giocattoli tra quelle mani immense.

Come l’odore, anche il rumore che le scarpe producono toccando gli scalini d’ingresso al vagone rimane incredibilmente impresso: sempre identico. Quello di un amore che si allontana, di un amico che torna a casa, di una madre che saluta dalla banchina.

Elisabetta Zoppetti

Elisabetta Zoppetti salì sull’intercity 331 il giorno di Pasqua del 1998. Partì da Lavagna per Milano alle 14,20: la chiamata della collega la spinse a tornare al lavoro proprio il giorno di Pasqua. Una sostituzione, Elisabetta era infermiera. Desolata ma generosa, salì su quel treno dove solitamente viaggiò in seconda classe. Il marito, triste per l’inconveniente acquistò un biglietto di prima classe. Un dono perché stesse più comoda. Aveva 30 anni, un marito devoto e una figlia.

Elisabetta Zoppetti
Elisabetta Zoppetti

La porta della toilette è chiusa da troppo tempo. Il controllore chiama, bussa ma il silenzio non si placa. Apre timidamente. Del corpo della Zoppetti vede una gamba, una macchia di sangue: ha un foro di pistola dietro l’orecchio. Giacca e maglione sono a terra, forati. Il killer li usò per attutire il colpo.

Era bella, giovane.

“L’altro episodio? L’altro episodio è uguale”.

Si riferisce a Maria Angela Rubino. Ma prima Kristina Valla, un’altra giovane prostituta dell’est, uccisa in stile esecuzione.

Siamo agli sgoccioli.

Maria Angela Rubino
Maria Angela Rubino

Maria Angela Rubino fu la seconda vittima procacciata sui treni: come lui stesso dichiarò, la dinamica non subì variazioni. Aggredita immediatamente, salì sul treno a Sanremo e scese a Bordighera. Il medico legale trovò la vescica piena di urina: l’agguato fu infatti velocissimo. Aprì la porta, zittì la donna e sparò. Tornò quindi a Sanremo con un taxi, diretto al casinò. Tutto simile, se non per un osceno particolare.

Ho fatto una operazione un po’ particolare

“Ecco perché qua ho fatto una operazione un po’ particolare, mi sono masturbato. Poi quando ho eiaculato nella mia mano mi sono ripulito nella spalla di questa qui”.

 Di questa qui. Non un essere umano ma un indefinito, un trastullo per perder tempo. Bilancia non provò alcun rimorso per quanto fatto, mai. Chiese scusa per il dolore provocato ma non introiettò mai il dolore causato.  

Il cadavere di Maria Angela Rubino
Il cadavere di Maria Angela Rubino

Non apparì mai in alcuna udienza in tribunale. Tale comportamento trovò una somiglianza in altre dinamiche, ad esempio qualcosa che avvenne proprio con la Rubino ed emerso dalle tante dichiarazioni.

Alla domanda del magistrato: “Quindi lei usa un indumento, una giacca, per sparare?”

Bilancia rispose: “Per non vedere quello che succede.”

Bilancia provò vergogna, ribrezzo da ciò che commise.

Giuseppe Mileto, numero 17.

Dormi sepolto in un campo di grano
Non è la rosa, non è il tulipano
Che ti fan veglia dall’ombra dei fossi
Ma son mille papaveri rossi

Lungo le sponde del mio torrente
Voglio che scendano i lucci argentati
Non più i cadaveri dei soldati
Portati in braccio dalla corrente

Così dicevi ed era d’inverno
E come gli altri verso l’inferno
Te ne vai triste come chi deve
Il vento ti sputa in faccia la neve

Fermati Piero, fermati adesso
Lascia che il vento ti passi un po’ addosso

La guerra di Piero- F. De Andrè

Ultima vittima del serial killer Donato Bilancia fu Giuseppe Mileto, ucciso il 20 aprile 1998.

Proprietaria dell’osteria di Sanremo è una donna dai modi affabili con un grembiule rosso dai bordi blu che ricorda un tifoso del Genoa. L’uomo dalla voce roca contratta con la titolare: non ha denaro e chiede credito. Nessun problema, salderà in seguito: terminata la cena va a fare carburante in autostrada.

Giuseppe Mileto esce velocemente dalla stazione di benzina ed è pronto a fargli il pieno. Walter chiede nuovamente gli venga posticipato il pagamento; pagherà poi, dopo aver incassato qualche soldo al casinò. Questa volta la risposta è no.

Giuseppe Mileto

“Mi ha fatto incazzare come una belva, è questo che ha scatenato l’impulso.”

Estrae furibondo l’arma e si fa consegnare l’incasso. Quindi scarica l’intero caricatore contro l’uomo. Bilancia si cambia d’abito, torna all’osteria e salda il debito. Fresco e satollo, alle 23,00 entra al casinò di Sanremo e giocare a dadi.

Mileto aveva 50 anni.

Donato Bilancia serial killer: Il pedinamento e l’arresto

La carriera criminale del Bilancia giunse al termine quando Pino Monello si vide recapitare una serie di multe riguardanti la sua vecchia Mercedes blu: venduta a Bilancia, i due non conclusero il passaggio di proprietà.

Foto del pedinamento

Leggendo con attenzione, Monello notò che le violazioni furono contestate negli stessi giorni e in luoghi incredibilmente prossimi ad alcune scene del crimine. L’identikit che circola, inoltre, ricalca proprio la faccia dell’acquirente.

Fumava come al solito Donato, prima e dopo essere entrato dal salumiere o in ferramenta: conduceva la stessa vita di sempre senza sapere di essere pedinato, fotografato, intercettato. Gli agenti raccolsero una delle tante cicche buttate a terra. Estrassero il DNA che combaciava con quello rinvenuto sul cadavere di Tessy.

Uscì da una clinica, il 6 maggio 1998, dopo una visita di controllo all’asma. Tempo di poggiare il piede sulla manovella della vespa e gli furono addosso.

Era accusato dell’omicidio di Tessy Adodo e sospettato di altri otto omicidi. Il 14 maggio 1998 cominciò l’interrogatorio davanti al magistrato Enrico Zucca.

“LA PROSTITUTA? BISOGNEREBBE COMINCIARE DALL’INIZIO”. LA CONFESSIONE

“La prostituta? Bisognerebbe cominciare dall’inizio. Sono responsabile di tutto, è inutile che cominciamo da qua, quando la consecutio temporum prevede una cosa che è successa prima. Se vuole prender nota le dico i nomi di tutti.”

Walter termina di esistere. Ora c’è solo Donato, quell’uomo cui non piaceva il suo nome che racconta, compassato e consapevole, ogni delitto senza omettere nulla. Ai microfoni di RadioOrrore quella voce roca farà rivivere tutto il suo lucido e ludico oblio. Molti intermezzi pubblicitari di: “non so perché l’ho fatto”.

“Mi aspettavo la confessione per otto delitti, nessuno immaginava e tanto meno io, la lunghissima scia di sangue che Bilancia si è lasciato dietro” commentò il magistrato.

Come prevedibile, il processo iniziò con l’attenzione di un autentico evento mediatico: nascosto in carcere, mai apparve in aula perché non volle vedere i volti dei famigliari delle vittime.

Si vergognava. Chiese scusa ma non provò alcuna empatia. Nessun rimorso.

Termina qui la seconda sezione dedicata alle vittime del serial killer. Il finale vedrà susseguirsi processo, vita e morte in carcere e una succosa analisi criminologica.

A presto.

Dott. Mattia Curti, criminologo

Suggerimenti di lettura in merito all’articolo su Donato Bilancia, serial killer

Vuoi rileggerti il primo articolo su Donato Bilancia? Clicca qui.

Vuoi proseguire la lettura? Ecco la terza parte di questa monografia seriale: Donato Bilancia, l’edonista dominatore

Se invece vuoi scoprire altre storie criminali ti invito calorosamente a esplorare la mia rubrica “Monografie Seriali“, dedicata alle storie dei serial killer italiani, tenuta per la rivista de “i divulgatori seriali di conoscenza“.

Questa serie di articoli offre una profonda analisi delle loro vite, dei loro crimini e delle loro motivazioni, con l’obiettivo di fornire al pubblico una comprensione più approfondita di questi casi di crimine.

Ecco alcuni degli articoli che potresti trovare interessanti oltre a quello che hai già letto:

Simone Cassandra – Il serial killer di Norma (che non sapeva di esserlo)
Elvino Gargiulo – I misteri del mostro del Quadraro
Leonarda Cianciulli – 13 piccole bare bianche in un viaggio esoterico tra maledizioni e riti magici
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Roberto Succo, il killer della luna piena
Sonya Caleffi, l’infermiera serial killer – morire d’aria
Ferdinand Gamper, sei spari nel silenzio

Oltre alla trilogia su Donato Bilancia:

Donato Bilancia, ho voglia di uccidere – Donato il timido, Walter il ladro
Donato Bilancia, da assassino a serial killer
Donato Bilancia – L’edonista dominatore

Se sei interessato a saperne di più sulla mente dei serial killer italiani e sui loro terribili crimini, ti invito a leggere uno di questi articoli. Le mie Monografie Seriali offrono una prospettiva approfondita sulla criminologia e sulla psicologia di questi casi, fornendo un’opportunità unica di apprendimento e riflessione.